domenica 14 marzo 2021

L’OMICIDIO RITUALE DEL SACERDOTE ANTOINE GELIS


 Care amiche/i, bloggers e semplici curiose/i,

nel piccolo e malandato cimitero di Coustaussa, un minuscolo villaggio francese della Regione dell’Aude in prossimità dei Pirenei, si trova una tomba particolare, quella del sacerdote Antoine Gèlis, parroco della città dal 1857 al 1897. Sulla sua lapide, ormai erosa dal tempo e dalle intemperie, vi è una scritta che dice “Assassinato in questa parrocchia, vittima dell’odio di persone malvagie nella notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre del 1897”.

Sulla lapide, al posto della consueta croce latina con o senza la figura di Gesù, c’è   invece una croce greca con al centro una rosa marmorea che ci rimanda alla Fratellanza segreta dei Rosacroce, della quale han fatto parte scienziati, medici, scrittori, filosofi, ecclesiastici di rango dalla fine del 1400 in tutta Europa.

Diversamente da tutte le altre tombe all’interno dello stesso cimitero, che sono rivolte a Sud, la tomba di questo parroco è rivolta a Ovest, precisamente in direzione della chiesa di Santa Maria Maddalena, conosciuta ai più come la chiesa di Bérengere Saunière, il parroco che ha reso celebre in tutto il mondo la città di Rennes-le-Château, nella Regione dell’Aude (che corrisponde al greco Ade o regno dei morti), in Linguadoca.

Proprio in Linguadoca o Occitania, l’Ordine dei Templari aveva avuto nel Medioevo più di un terzo dei suoi possedimenti immobiliari ed aveva espresso nel 1156 un Maestro Supremo o Gran Maestro nella persona del nobile Bertrand De Blanchfort, esponente di una potente famiglia locale che aveva fama di praticare l’alchimia e la magia e che aveva dato un aiuto militare in difesa degli eretici catari contro le forze papaline.

L’omicidio rituale di don Gèlis fu compiuto ritualmente nella notte magica di Halloween, un’antica festa pagano-celtica in onore dei defunti che tornano in vita. Non è un caso che le leggende locali della Linguadoca indicano questi territori come i luoghi di deposito del Graal, il mitico oggetto pagano-cristiano in grado di donare immortalità o di far resuscitare i morti.

Il parroco aveva 70 anni, avrebbe dovuto andare in pensione proprio il 1° novembre. Due o tre persone gli fecero visita quella notte. Si fecero aprire il portone di casa da lui e dopo averlo torturato, lo uccisero nel presbiterio tra mezzanotte e l’una del mattino, spaccandogli la testa con un attizzatoio. Secondo la nipote ed i vicini di casa, il parroco conosceva bene chi lo aveva ucciso. Di sera, infatti, non era uso aprire la porta se non ad amici, cioè a parroci e a parenti. La porta era sempre sbarrata e preceduta da un campanello che segnalava con il suo forte rumore il passaggio di chiunque. Poco tempo prima, sempre nel presbiterio, erano penetrati alcuni ignoti individui mascherati col fine di trovare qualcosa di nascosto.

La polizia e il magistrato che accorsero l’indomani sul luogo del delitto, la casa del curato che si trova ad una decina di metri dalla sua chiesa, definì il delitto “crudele e di natura rituale, scaturito all’interno di un gruppo legato da saldi vincoli di omertà”. Il verbale riporta per ben tre volte la frase in occitano mare de sang, cioè mare di sangue. Il decesso risulta che sia avvenuto dopo un’aspra lotta nella quale “il sacerdote dalla corporatura minuta ed esile” fu sopraffatto dalla furia degli omicidi.



Si ipotizzò che gli assassini fossero esecutori di ordini altrui, di persone molto benestanti, acculturati e conoscenti della vittima e delle sue abitudini. Gèlis lottò con tutte le sue forze per raggiungere la finestra che dava sulla strada forse nel tentativo di chiedere aiuto. Uno dei killer, invece, impugnò un attizzatoio del camino e colpì con ferocia e ripetutamente la vittima alla nuca e alla schiena, badando bene a che non morisse subito ma agonizzasse lentamente, quasi nel tentativo di farlo parlare.Il corpo poi fu composto dai killers a terra, sulla pozza di sangue, con le braccia conserte sul tronco. Su di esso fu trovato un biglietto, scritto su una cartina di marca Le Tsar, sigarette non esistenti in commercio in Francia perché vendute solo in Russia, Romania, Ungheria, proprio dove il vicino ed amico parroco Saunière aveva aperto dei conti correnti bancari anomali.

Su quella cartina di sigaretta gli assassini scrissero le seguenti parole, dal basso verso l’alto e l’una sopra l’altra, Viva Angelina dove la a piccola di Viva è sulla stessa linea verticale della A grande di Angelina, come a formare la sigla aA, un’organizzazione segreta della Linguadoca definita come un “circolo esterno” della Compagnia del Santissimo Sacramento e dedita a pratiche di magia egiziana.

La Compagnia o “Cabala dei devoti” era molto forte in Linguadoca, nonostante avesse la sua sede principale a Parigi. Nacque e si mosse in concomitanza al proliferare sui muri della Capitale francese di misteriosi manifesti che annunciavano la presenza del Collegio Invisibile dei Fratelli della Rosa-Croce in città. La Compagnia era governata da un “cenacolo invisibile” e ad essa erano affiliati nobili, giudici, ecclesiastici ed avvocati, molti dei quali erano legati al re di Aragona.

Per tornare al delitto in questione, gli assassini, dopo l’omicidio, aprirono la borsa del prete e la frugarono “non per rubare ma solo per cercare qualcosa”, come scrisse il magistrato. Forzarono anche la serratura di una cassetta. La lasciarono aperta. In essa la polizia trovò 1.500 franchi dell’epoca, monete d’oro e molti titoli al portatore e non solo. C’era un quadernetto con annotazioni commerciali: prestiti al curato di Trebes, denaro investito in obbligazioni ferroviarie, note scritte di pugno dal curato, circa 13.000 franchi (di allora), nascosti in sagrestia, sotto il tabernacolo, sotto una roccia ed in altri nascondigli particolari. Denaro che poi puntualmente fu trovato dalla polizia.


Come Saunière, anche Gèlis, non era quel “povero curato di campagna” che appariva.

A cosa doveva servire tutto quel denaro nelle disposizioni dei due sacerdoti? Quale Mission dovevano portare a termine? Per conto di chi? E perché fu ucciso Gèlis?

Per incamminarvi verso la soluzione del caso, non vi resta che leggere il mio libro “Enigma Esoterico”, un e-book che trovate su Amazon.


… continua…

Michele Allegri


venerdì 5 marzo 2021

IL SOGNO DI POLIFILO: UN VIAGGIO INIZIATICO ROSACROCIANO

 

                                                      edizione inglese del Sogno di Polifilo


Care amiche/i, bloggers e semplici curiose/i,

il Sogno di Polifilo, o Combattimento amoroso di Polifilo in sogno, è un romanzo dell’epoca umanista-rinascimentale scritto nel 1467 dal monaco domenicano Francesco Colonna, signore di Palestrina e stretto collaboratore di papa Borgia. Esso si configura come un’Opera letteraria allegorica e alchemica rosacrociana. La sua prima pubblicazione avvenne nel 1499 per opera del veneziano Aldo Manunzio. Poco dopo il romanzo si diffuse presso le corti europee.

Come asserisce il grande psicanalista C.G. Jung, “Il linguaggio simbolico dell’Alchimia mostra l’affiorare delle strutture profonde e permanenti, archetipe, della psiche umana collettiva”. I testi allegorici e alchemici sono nella visione di Jung una sorta di sogno in cui si manifestano gli archetipi, proprio come il testo che andiamo ad analizzare.

I protagonisti del romanzo sono una coppia antinomica e due amanti, Polifilo e Polia.

Polifilo fa un sogno: per ritrovare Polia scomparsa, giunge in una foresta selvaggia, una sorta di selva oscura popolata da pipistrelli e qui incontra il Dragone che lo inizia e lo porta a compiere un viaggio all’interno delle viscere Terra secondo lo schema dell’acronimo latino rosacrociano V.I.T.R.I.O.L. (visita le viscere della terra e troverai la pietra nascosta). Poi, come nella Commedia dantesca, l’iniziato passa dalla discesa all’ascesa, in questo caso verso una sorta di paradiso terrestre, nel quale Polifilo abiura il cristianesimo considerato una falsa dottrina religiosa e, al cospetto della dea pagana Venere, che rappresenta il veicolo per arrivare alle conoscenze superiori ma anche le forze lunari e terrestri, riceve una sorta di secondo battesimo.

                                                    Polifilo iniziato dal drago
 

La Venere del racconto del sogno di Polifilo ha appunto connotazioni lunari, una potenza ctonica che la rende simile ad Iside, la dea egizia dell’Oltretomba, Signora della vita e della morte.

Il viaggio di Polifilo ricorda infatti quello di Ulisse nell’Odissea nella quale il pelagio invoca il potere di Iside, “insieme a divinità e demoni del popolo dei morti”.

Dopo che i culti isiaci furono proibiti nella Roma imperiale, proprio a Firenze, in epoca umanistico-rinascimentale, sotto lo sguardo vigile di Cosimo De’ Medici, Marsilio Ficino riscopre il potere alchemico e magico della dea egizia, traducendo le opere di Ermete Trimegisto, in particolare l’Asclepio e Il Pimandro. Negli ambienti rosacrociani del 1400 simboli e temi riferibili all’Antico Egitto, a Iside e all’alchimia verranno ripresi frequentemente, tanto che Campanella, Ficino, Pico della Mirandola, Agrippa, Botticelli, Guercino si ispireranno ad essi nelle loro opere letterarie e artistiche. In particolare Guercino entrerà a far parte del “mondo rosacrociano” dopo aver avuto contatti con il patrizio veneziano Francesco Zorzi, abate francescano, architetto e cabalista, che ebbe un ruolo chiave nello sviluppo dell’alchimia e dell’ermetismo rinascimentale e influenzò la corte inglese.

                                                     immagine alchemica-rinascimentale

Proprio nel Regno Unito, come ha ben studiato la prof.ssa Yates, il pensiero rosacrociano fu fautore dell’incontro tra esoterismo e scienza, tra occultismo e razionalismo, così come lo era nell’Antico Egitto. Questo pensiero, alchemico e rosacrociano, infatti, ha influenzato molte branche del sapere, dalla psicologia junghiana all’arte simbolica, passando per il mondo scientifico, in particolare la fisica quantistica. E lo ha fatto dando una grande importanza alla segretezza, cioè alla trasmissione esoterica della dottrina e delle tecniche alchemiche. I testi, come il Sogno di Polifilo, risultano infatti ostici e incomprensibili agli occhi dei profani della dottrina.

In un testo rosacrociano del XV secolo, il Rosarium Philosoficum sta scritto che “soltanto colui che sa come ottenere la pietra filosofale capisce le parole che lo riguardano… là dove abbiamo parlato apertamente, in realtà non abbiamo detto nulla, là invece dove abbiamo scritto o detto in modo cifrato o figurato, abbiamo celato la Verità”.

Questo per dire che il linguaggio rosacrociano è segreto: solo chi intraprende una lunga e tortuosa via iniziatica verso la Conoscenza, potrà magicamente, arrivare all’Illuminazione e alla comprensione.

                                                         albero della conoscenza rosacrociana

Essere introdotti nei segreti di un’Arte come quella alchemico-rosacrociana, significa sottoporsi ad un’iniziazione, così come fa Polifilo, uno dei due protagonisti del romanzo. I filosofi e scrittori ermetici del 1400 e 1500, come Francesco Colonna, con i loro messaggi e le immagini simboliche oniriche, intendevano giungere alla Conoscenza attraverso le esperienze sensitive ma non solo. Il padre del pensiero illuminista, il filosofo Emmanuel Kant arriva addirittura a fare una sintesi della ricerca tra sensismo ed approccio metafisico: l’uomo può conoscere l’Assoluto e quindi la Verità, attraverso l’intuizione, in particolare quella artistica. L’intuizione non è affatto un processo logico-razionale, induttivo o deduttivo, in quanto salta questi passaggi logici essendo un’illuminazione immediata, espressione della genialità umana che afferra la Verità con l’intuizione.

Per questo motivo possiamo dire che la ricerca esoterica precede e la scienza segue.

Gli ambiti del pensiero rosacrociano si dirigono quindi verso una triplice direzione: la dimensione pratico-scientifica, quella psicologico-magico-onirica, quella filosofico-spirituale. In tutti e tre i casi, si opera una trasmutazione: della materia, del pensiero e della spiritualità.

                                      La Cabala ebraica, la scienza rosacrociana

Chi è amante dei viaggi, potrà sicuramente visitare la chiesa belga di Liegi, quella della Santa Croce. Lì dentro potrà trovare un piccolo mausoleo la cui iscrizione è stata decifrata da Paul Saint-Hilaire in base al Sogno di Polifilo del Colonna.  A suo avviso, il marmo nero sarebbe stato tagliato secondo le indicazioni fornite dal Colonna nell’edizione del 1535. Utilizzando questo procedimento l’iscrizione darebbe la parola ROSA collocata proprio sotto la CROCE…

 …continua…

Michele Allegri