giovedì 23 giugno 2022

UNA, NESSUNA, CENTOMILA: STORIA DELLA COMUNIONE MASSONICA DI PIAZZA DEL GESÙ, 47. (Seconda Parte)

                                                                             


Carlo De’ Cantellis e Mario Badoglio, nel 1949, portavano in dote le insegne della Comunione di Piazza del Gesù alla neonata Obbedienza di Giulio Cesare Terzani, l’unica massoneria che era stata costituita in termini di legge, cioè davanti ad un notaio. La Questura di Roma, il 4 aprile del 1950, in un appunto al Ministero dell’Interno, segnalava come “Melvin Jhonson, sovrano gran commendatore del rito scozzese di Washington, il 19 marzo, alle ore 16:30, avesse incontrato presso il Grand Hotel di Roma una delegazione del consesso massonico di Piazza del Gesù, con a capo il Gran Maestro Giulio Cesare Terzani” il quale, da potente podestà fascista di Ponza, era stato anche comandante dei fasci giovanili di Roma. Con lui, tra i nuovi massoni di Piazza del Gesù c’erano l’avvocato ed antifascista Sbisà, George Benigan, ufficiale americano, l’industriale Lorenzo Fazio e il capitano in servizio presso l’aeroporto di Bologna, Giovanni Ghinazzi. Proprio quest’ultimo, assieme ai fratelli Riccardo Granata e Tito Ceccherini, posero le basi perché l’Obbedienza del Terzani tornasse ai fasti della storica Comunione massonica di Piazza del Gesù, attivando subito quei canali per il riconoscimento reciproco con il Grande Oriente di Francia che, si diceva, finanziasse quell’Obbedienza massonica. La nuova Comunione di Piazza del Gesù tornò ad avvicinarsi al Vaticano e riprese la direzione di “apoliticità” portata avanti da Saverio Fera.

Intanto era tornato in campo l’espulso Raoul Palermi, che ripropose un Supremo Consiglio del Rito Scozzese di stampo conservatore ed anticomunista e di nuovo la Serenissima Gran Loggia che ebbe come nuova guida Pietro Di Giunta e di seguito molti altri Gran Maestri da Prodam a Gatto e sotto la cui insegna si affiliarono uomini del mondo dello spettacolo come Gino Cervi o il celebre principe Antonio De Curtis, in arte Totò.

                                                                             
                                          Antonio De Curtis, in arte Totò, grado 30 del RSAA 

Nel 1949, Terzani, Di Giunta, Speranza e Gatto fecero un comune patto per unire i loro gruppi e riprendere la storica dimora di Piazza del Gesù, 47. Ci fu una contesa per la gran maestranza tra il medico Tito Ceccherini e l’alto ufficiale dell’aeronautica Giovanni Ghinazzi tanto che quest’ultimo, nel 1955, sbatté la porta e diede i natali alla Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi ed Accettati Muratori, una comunione massonica che si dichiarava la legittima discendente da quella storica di Piazza del Gesù e si presentava alla platea dei non-massoni con la denominazione di Centro Sociologico Italiano. Quella di Ghinazzi fu la prima Obbedienza italiana ad aprire i propri Templi alle donne, come nella migliore tradizione francese. Ghinazzi intraprese poi con Giordano Gamberini, gran maestro del Grande Oriente d’Italia, una serie di lunghe trattative col fine di fondere le due strutture ma le accuse reciproche, tra cui quella dei giustinianei verso i seguaci di Ghinazzi che avevano aperto alle donne, fecero naufragare l’intesa. Ghinazzi rispose ai massoni giustinianei che “per la Gran Loggia d’Italia l’acquisizione della donna è una realtà irreversibile. Se la massoneria deve essere universale, non vedo perché si debbano escludere le donne”. A far da piacere tra i due gruppi scese in campo inutilmente Licio Gelli.

                                                                     
                                         Generale Giovanni Ghinazzi, fondatore della GLDI-ALAM

Precedentemente, il 4 gennaio del 1962, il medico Tito Ceccherini era diventato il Sovrano gran commendatore e gran maestro dell’Obbedienza sita in Piazza del Gesù, 47 che era tornata di proprietà del gruppo ed era stata inaugurata il 20 settembre del 1963.

                                                                              

                            Membri della Serenissima Gran Loggia durante la cerimonia di riapertura della

                            storica sede di Piazza del Gesù, 47 (Fonte: Istituto Luce)

     

                                           


 Forte dell’archivio di Fera-Palermi e del tesoretto, dopo essersi sbarazzato dell’ingombrante Ghinazzi, nel 1971, la Serenissima Gran Loggia Nazionale Italiana degli Antichi Liberi Accettati Massoni-Comunione di Piazza del Gesù trovò nel 57enne Francesco Bellantonio, fiscalista siciliano ma anche studioso di filosofia e di storia, la sua nuova guida. Si diceva che sotto la sua gran maestranza fossero stati iniziati due cardinali e quattro vescovi, oltre a numerosi sacerdoti ma non solo. Secondo Lia Bronzi Donati, gran maestra della Gran Loggia Tradizionale Femminile d’Italia, che riferì di una sua chiacchierata con il massone Salvatore Spinello, anche il più volte Presidente del Consiglio Giulio Andreotti era affilato alla Comunione di Piazza del Gesù. L’orientamento dato dal Bellantonio alla Comunione di Piazza del Gesù ricalcava la vecchia linea di Saverio Fera: molto lavoro esoterico-filosofico nelle logge, nessuna presa di posizione contro la Chiesa.

Nel 1972 il Grande Oriente d’Italia aveva ottenuto l’ambito riconoscimento della Gran Loggia Unita d’Inghilterra. Gli alti dignitari inglesi ed americani aveva precedentemente imposto un percorso al Grande Oriente per tornare nell’alveo della regolarità internazionale. Tra i passi da compiere c’era quello di riassorbire il vecchio scisma di Saverio Fera. Come per la Gran Loggia d’Italia di Ghinazzi, anche con la Serenissima Gran Loggia di Bellantonio iniziarono trattative per la fusione che durarono sei anni.

Il primo gruppo che, richiamatosi alla storica Comunione di Piazza del Gesù, rientrò nei ranghi del Grande Oriente d’Italia fu quello del deputato monarchico e poi socialdemocratico Giovanni Alliata di Montereale il quale, fin dal 1960, si fregiava del titolo di Gran Maestro e Sovrano Gran Commendatore ad vitam concessogli dal Supremo Consiglio del Rito Scozzese di Washington, “madre del mondo”. L’unificazione del rito scozzese del Grande Oriente d’Italia con quello di Alliata era una delle condizioni imposte dalla massoneria americana ai massoni giustinianei per ottenere il loro riconoscimento.

                                                                     

                                 Principe Giovanni Alliata di Montereale, 33 RSAA ad vitam
                                                     

Il Principe siciliano aveva una lunga tradizione massonica alle spalle. Provenendo dalla storica Massoneria di Piazza del Gesù, ne era uscito fondando la sua Serenissima Gran Loggia Nazionale degli Alam (detta di via Lombardia), poi aveva creato una loggia autonoma in via Germanico 172 ed infine aveva costituito un’altra Comunione di piazza del Gesù, al civico 57 però, retta dal Gran Maestro Antonio Spinelli.  Negli anni settanta, Elvio Sciubba, eminenza grigia della loggia romana riservata Colosseum che radunava personale americano in Italia, su incarico dei vertici del Grande Oriente d’Italia e in accordo con Licio Gelli, fece entrare il principe Alliata di Montereale nella loggia Propaganda 2 che era presieduta dal Gran Maestro Lino Salvini.

Il 24 Giugno del 1973, Salvini, Gamberini, Sciubba e Bellantonio annunciarono la tentata agognata fusione tra la massoneria di Palazzo Giustiniani e quella di Piazza del Gesù, firmando un trattato vincolante, nonostante le vivaci proteste del generale Giovanni Ghinazzi, gran maestro della Gran Loggia d’Italia che fu tacciato di irregolarità massonica e messo quindi a tacere. Il 18 settembre del 1973, il trattato divenne operativo e così Bellantonio portò in dote al Grande Oriente quaranta templi, tremilacinquecento fratelli, circa duecento logge tra le quali cinque importanti presiedute da lui come Maestro Venerabile: la Lemmi, la Carducci, la Mozart, la Aldebaran ma soprattutto la Giustizia e Libertà. Quest’ultima, come la P2, era una loggia coperta, riservata e potente. Stando a ciò che hanno scritto il giornalista Roberto Fabiani e lo storico Aldo Mola, essa comprendeva nomi importantissimi, una parte dei quali finì sotto le grinfie di Licio Gelli dopo la fusione. Tra gli affiliati di spessore, Giorgio Ciarrocca, funzionario della RAI, Ettore Bernabei, direttore generale della RAI, Carmelo Spagnuolo, procuratore generale di Roma, i banchieri Enrico Cuccia e Guido Carli, il finanziere Michele Sindona, il costruttore Minciaroni, gli ex capi dei servizi segreti Aloja e De Lorenzo, i deputati missini Caradonna e Saccucci, l’onorevole socialdemocratico Preti e quello comunista Cervetti, l’ex presidente del Senato Cesare Merzagora, il cardinale viennese Koenig e molti altri. Bellantonio divenne vice-gran maestro del Grande Oriente d’Italia e la storica dimora di Piazza del Gesù, 47 passò interamente nel patrimonio del Rito Scozzese del GOI.

Qualche mese dopo la fusione, cominciarono i primi dissapori, Bellantonio e Luigi Nunzio Savona, con l’appoggio del principe Alliata di Monreale, accusarono Salvini di non aver rispettato i patti e di aver operato un’annessione più che una fusione. Quindi l’ultimo Gran Maestro di Piazza del Gesù abbandonò il GOI con altri fratelli per ricostituire la Serenissima Gran Loggia di Piazza del Gesù la quale, però, aveva ormai perso la sua storica dimora al civico 47, al di fuori della quale si poteva leggere una targa con l’iscrizione

                            

                          GRANDE ORIENTE D’ITALIA DI PIAZZA DEL GESÙ

                                                                             


Nell’ottobre del 1977, all’Hotel Midas di Roma, si svolse la Gran Loggia della Serenissima Comunione di Piazza del Gesù che ormai aveva sede a Roma in via Principe Eugenio 51 (2°piano, interno 3). Il Gran Maestro Bellantonio, forte del sostegno del fratello Philip Guarino, un ex prete italo-americano ai vertici del partito repubblicano statunitense, dichiarò al Gran Maestro spagnolo Antonio Del Villar che:

La vostra presenza ci incoraggerà e ci sarà di sprone per il futuro; vi ricordiamo fraternamente che se il comunismo dovesse impadronirsi della nostra Italia, tutto il mondo sarebbe perduto e anche la vostra nobile nazione ne riceverà un grave danno”.

                                                                          

                                                     ex prete italo-americano Philip Guarino

Un mese dopo, il Gran Maestro Bellantonio passò all’Oriente Eterno (morì) e nell’Obbedienza di Piazza del Gesù ci fu un quadrumvirato che gestì l’interregno, composto da Giuseppe Mandalari, Luigi Savona, Titta Loiacono e Romano Spica, fino alle elezioni del 24 aprile dell’anno seguente del nuovo Gran Maestro Casimiro Dolza.

La storia finisce qui. Purtroppo ci vorrebbero fiumi d’inchiostro per descrivere i mille rivoli massonici da cui sono discese le tante obbedienze che, orgogliosamente, si dichiarano discendenti da quella di Piazza del Gesù di Saverio Fera.

Com’è nel migliore costume italico, anche in ambito massonico non esiste mai la sintesi e l’unità ma campeggiano lo scisma, il particolarismo, le differenze in nome ovviamente di qualche piccola poltrona… alla faccia dell’universalismo e della fratellanza, tanto sbandierate fuori e dentro le logge!

                                                      MICHELE ALLEGRI 

mercoledì 22 giugno 2022

UNA, NESSUNA, CENTOMILA: STORIA DELLA COMUNIONE MASSONICA DI PIAZZA DEL GESÙ, 47. (Prima Parte)


 

Cari amici/che, bloggers e semplici curiosi/e,

la prima vera luce massonica fu portata in Italia dai libero-muratori scozzesisti, legati al clan napoleonico che, a Milano nel 1805, fondarono il Rito Scozzese Antico ed Accettato, nonostante da nord a sud della penisola esistessero già centinaia di logge massoniche che si muovevano in ordine sparso, non coordinate tra di loro, molte delle quali erano in contatto con la fiorente gran loggia inglese dei Moderns.

La massoneria italiana non aveva ancora emesso il primo vagito che già pendeva sul suo capo una pesante scomunica da parte dei papi della Chiesa Cattolica i quali, fin dal 1738, vedevano nei massoni una riedizione degli eretici templari e li consideravano eredi della tradizione gnostica-ofitica che aveva come culto principale l’adorazione del Serpente primordiale, il dio della conoscenza.

Durante il periodo risorgimentale, le logge (o officine) crebbero a dismisura. Quasi tutti i patrioti italiani, monarchici e repubblicani, di sentimenti anticattolici, entrarono a farne parte. Si creò così una rete massonica che, tra Torino e Palermo, nel 1860, gettò le basi per la costituzione di un Supremo Consiglio del Grande Oriente Italiano. La scelta del nome, Grande Oriente Italiano, si legava palesemente alla tradizione francese del Grand Orient de France, manifestando sin da subito quell’attaccamento filiale dei massoni italiani alla visione laica ed anticlericale dei fratelli d’oltralpe.

                                               


 Il titolo di primo massone d’Italia venne conferito a Giuseppe Garibaldi, eroe dei due mondi ed artefice dell’unità nazionale. Il generale nizzardo che si vantava apertamente di essere un “mangiapreti”, nelle sue “balaustre” (lettere massoniche), definì papa Pio IX “un metro cubo di letame” e la Chiesa e il clero “disgrazia e cancro dell’Italia”. Quindi, invitava i sacerdoti a dedicarsi all’agricoltura, scrivendo apertamente che “il grido di ogni italiano, dalle fasce alla vecchiezza, deve essere: guerra al prete!”.

Così, in questo clima di ostilità verso il clero cattolico, i massoni italiani, divisi in settantadue logge e corpi massonici, il 21 maggio del 1864, a Firenze, acclamarono Garibaldi loro primo Gran Maestro. Nella denominazione del Grande Oriente, l’aggettivo italiano fu sostituito da quello d’Italia. Tra i presenti alla cerimonia Michele Coppino che, di modeste origini, diventò ben presto rettore dell’Università di Torino, ministro dell’Istruzione ed anche presidente della Camera.   

                                                 


     

Nel 1885, la massoneria ebbe la sua massima espansione grazie alla forte personalità del Gran Maestro Lemmi, un livornese che riuscì ad affiliare al Grande Oriente d’Italia i più importanti nomi che brillavano nei ministeri, nelle accademie, nelle banche, nell’esercito, nell’industria, anticipando di quasi un secolo l’attivismo del noto pistoiese Licio Gelli. Lemmi arrivò persino ad avere alla sua obbedienza quasi trecento parlamentari!

Quattro anni più tardi, il Grande Oriente d’Italia, forte del potere accumulato negli anni fiorenti della guida di Lemmi, lanciò un guanto di sfida al Vaticano, facendo erigere a Roma, in Campo de’ Fiori, un’enorme statua di bronzo, in onore del filosofo e monaco Giordano Bruno, che fu bruciato come eretico su quella stessa piazza nel 1600. Bruno era stato torturato dalla Santa Inquisizione e condannato a morte a causa della sua visione panteistica la quale, a dire delle massime autorità ecclesiastiche dell’epoca, sconfessava le sacre scritture. Per i massoni dell’epoca post risorgimentale, Giordano Bruno rappresentava senza dubbio il martire per eccellenza del libero pensiero, colui che non aveva voluto abiurare i suoi scritti, tanto da scegliere la morte in maniera socratica.

                                                                      


La battuta d’arresto di quest’espansionismo massonico la si ebbe nel 1908, quando il deputato socialista e massone Leonida Bissolati, rafforzando la visione laica della scuola già introdotta con la legge Coppino, ripropose una vecchia legge di quel fratello, quella del 15 luglio del 1877, all’epoca bocciata, che si proponeva di abolire definitivamente l’insegnamento della dottrina cattolica nelle scuole elementari.

Una parte dei deputati massoni, quelli di provata fede repubblicana e socialista, appoggiarono quella proposta, altri invece, come alcuni sottosegretari, alcuni ministri e l’ex presidente del Consiglio Sandrino Fortis che facevano parte del rito scozzese e della corrente di Saverio Fera, votarono contro. La mozione Bissolati, quindi, non passò e nel Grande Oriente d’Italia si aprì una spaccatura profonda che si ricompose solo nel 1973.

Saverio Fera era un massone sui generis. Era reverendo della chiesa cristiana evangelica, si dichiarava nazionalista e appoggiava il regime crispino, senza interessarsi direttamente alle vicende politiche del paese. Aveva scalato i gradi del Rito Scozzese arrivando ad ottenere il massimo grado, quello di 33, e in qualità di Luogotenente del Rito Scozzese, aveva partecipato al Convento scozzesista di Bruxelles del 1907, dove aveva manifestato ai fratelli di tutto il mondo un’aperta polemica verso la gran maestranza del Grande Oriente d’Italia, che venne da lui accusata di cercare di contare nella vita politica e sociale del paese e di perseguire uno sbandierato anticlericalismo.

Il casus belli che portò alla fine dell’unità massonica italiana fu dato proprio dalla legge del fratello Bissolati. Il 24 giugno del 1908, Saverio Fera, seguito da ventuno alti dignitari scozzesi, armati di sigilli e cassa del Rito, in aperta polemica con la gran maestranza del Grande Oriente d’Italia che aveva appoggiato la legge Bissolati, crearono una scissione del Rito dall’Ordine, sicuri di portare dalla loro parte tutti quei fratelli che non si riconoscevano nell’orientamento progressista e anticlericale del Grande Oriente d’Italia. Il nuovo Rito scozzese, del quale Fera divenne subito Sovrano Gran Commendatore, ebbe i natali in via Ulpiana, a Roma. Il secondo passo intrapreso da Fera fu quello di costruire, al di sotto del quarto grado del rito, una nuova obbedienza massonica che fosse l’espressione dei primi tre gradi della massoneria azzurra, apprendista-compagno-maestro.  Nacque nel 1910 la Serenissima Gran Loggia (con un chiaro riferimento, nella denominazione, alla tradizione anglo-americana).

Ancora una volta, come nel 1805, la massoneria italiana, prendeva forma e vita dalla dottrina del Rito Scozzese e il Sovrano Gran Commendatore del Rito Fera assunse anche la carica di Gran Maestro, dimostrando quanto il Rito condizionasse l’Ordine. L’Obbedienza massonica di Fera si presentò al Congresso massonico di Washington del 1912 e ottenne gli ambiti riconoscimenti internazionali, inglesi e americani. La sede della Comunione massonica di Fera, tanto per non creare più fraintendimenti di ostilità verso la religione cristiana, si spostò da via Ulpiana ad un appartamento sito in Piazza del Gesù, al civico 47. Inevitabilmente, il Grande Oriente d’Italia, da quel momento in avanti, venne considerato irregolare da tutte le potenze massoniche mondiali.

                                                                   
                                                             Saverio Fera

                                                            

                                           Serenissima Gran Loggia d'Italia

Dopo la parentesi di Leonardo Ricciardi, che succedette al Fera nel 1916, diventò Gran Maestro e Sovrano Gran Commendatore l’onorevole Ruggero Camera, che tentò una riconciliazione con i cugini di Palazzo Giustiniani (dal luogo dove aveva sede il Grande Oriente d’Italia). Nettamente contrario alla fusione era il Gran Segretario Raoul Palermi mentre la maggioranza dei dignitari della Massoneria di piazza del Gesù avvertirono il fratello e pastore inglese Burgess che la riconciliazione era da considerarsi un fatto ormai compiuto. Palermi, che intanto era però diventato Gran Cancelliere del Rito, non si dette per vinto e mise i bastoni tra le ruote della riconciliazione, accusando i giustinianei di fare politica e di essere di sentimenti anti-cristiani. La fusione, quindi, non avvenne perché i fratelli inglesi e americani dettero credito a Palermi, il quale non era affatto un massone qualunque, era il nipote di Saverio Fera e voleva scalare la piramide scozzesista del Rito conquistando sul campo il titolo di Sovrano Gran Commendatore, consapevole che, in questo modo, avrebbe controllato di fatto tutto l’Ordine massonico.

Muovendosi con agilità tra i palazzi del potere, ad imitazione del gran maestro Lemmi, Palermi portò alla Comunione di Piazza del Gesù affiliazioni di spessore. Per esempio, riuscì a consegnare la sciarpa e il brevetto del grado 33 del Rito Scozzese al poeta-vate Gabriele D’Annunzio di Montenevoso, iscrivendolo di fatto alla Comunione di Piazza del Gesù. Per rafforzare, poi, i suoi poteri all’interno della Comunione, Raoul Palermi stabilì l’insindacabilità dell’operato del Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese, una sorta di infallibilità papale.

Con l’avvento del fascismo in Italia, la Comunione di Piazza del Gesù operò un’infiltrazione massiccia nel nascente regime mussoliniano dopo aver foraggiato con circa tre milioni e mezzo di vecchie lire la marcia su Roma del 1922.  Furono iniziati alle logge non solo alti ufficiali dell’esercito e della guardia regia ma molti dirigenti del partito nazionale fascista che furono accolti a braccia aperte proprio da Raoul Palermi il quale concorreva, con la sua Obbedienza massonica, a consolidare un blocco di potere politico-culturale di stampo conservatore, legato sia alla Chiesa cattolica che alla corona. A Palermi, non rimaneva altro che stringere a sé il duce del fascismo, e così fece il 25 ottobre del 1922, quando presso la stazione Termini di Roma, insignì Benito Mussolini della fascia del grado di 33 della sua Comunione massonica, nominandolo sulla spada persino Gran Maestro onorario. Mussolini, per contraccambiare il favore, una volta giunto al governo dell’Italia, nominò Palermi suo capo ufficio stampa alla presidenza del Consiglio dei Ministri.

Mussolini sapeva benissimo che gli uomini che lo avevano aiutato alla scalata politica appartenevano alla massoneria, in particolare a quella di Piazza del Gesù, a cominciare da Italo Balbo per arrivare fino a Cesare Rossi, Giacomo Acerbo e Roberto Farinacci. I primi tre, facenti parte del Gran Consiglio del Fascismo, si astennero dal voto quando, il 15 febbraio del 1923, Mussolini presentò un ordine del giorno per dichiarare l’incompatibilità tra l’iscrizione al partito fascista e l’appartenenza a logge massoniche.  Mussolini voleva conciliarsi con il Vaticano, promuovendo anche un Concordato con la Chiesa. La richiesta di scioglimento della Massoneria venne proprio d’Oltre Tevere dove l’annosa questione romana, con la breccia di Porta Pia, pesava ancora in quegli anni.

I dodici massoni che erano presenti al Gran Consiglio del Fascismo, l’organo esecutivo del regime, ritennero giusto dismettere i panni iniziatici e giurare a Mussolini che non avrebbero più messo piede in un tempio massonico. Così, anche i gerarchi del regime Torre, Giurati, Starace, Teruzzi, Postiglione, Rocca, Bottai, Arpinati, Rossoni, Amidei, Grandi ed altri ventinove esponenti del fascismo, misero in soffitta il loro grembiulino e da quel momento indossarono solo la camicia nera. 

Raoul Palermi, cercò di minimizzare il colpo, dichiarando ai suoi adepti che l’incompatibilità tra massoneria e fascismo riguardava solo i cugini del Grande Oriente d’Italia in quanto essa era un’“Obbedienza atea, sovversiva, irreligiosa” ma era una bugia. Mussolini voleva disfarsi anche dell’Obbedienza di Piazza del Gesù, temendo che si formassero al suo interno cordate politiche che potessero spodestarlo da Palazzo Venezia. In un primo momento, i seguaci di Palermi resistettero, tanto che il Gran Maestro comunicò alle massonerie inglese ed americane che non vi era persecuzione della sua Obbedienza da parte del regime fascista. E per dare dimostrazione di quanto affermava, il 12 novembre del 1923, decise di inaugurare una loggia a Parma, alla presenza di fratelli stranieri e di trenta ufficiali dell’esercito e della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale che sfilarono in divisa.

Benito Mussolini era comunque intenzionato a ridimensionare il potere delle logge, ritenendo che molti dei suoi gerarchi non avesse tagliato quel cordone ombelicale che li legava alla massoneria e ai suoi complotti. Li fece spiare dal capo della polizia e da quello dell’O.V.R.A. (Organizzazione per la Vigilanza e la Repressione Antifascista), la polizia politica del regime. Molti furono i rapporti confidenziali consegnati al capo del Governo Mussolini, uno dei quali riguardava il ras di Cremona, Roberto Farinacci che, in un appunto del capo della polizia del 11 settembre 1925, era definito “massone del Supremo Consiglio del Rito scozzese del Grande Oriente d’Italia, espulso per indegnità, per aver richiesto nel 1916 esonero dal servizio militare” e passato poi all’Obbedienza di Piazza del Gesù: una vera onta per chi proclamava il suo acceso militarismo!

Nel carteggio su Italo Balbo, ras fascista di Ferrara e Ravenna, c’era un verbale massonico che lo includeva tra i partecipanti alla fondazione della loggia Savonarola di Ferrara all’Obbedienza di Piazza del Gesù, come maestro del terzo grado, dopo essere stato individuato dalla polizia come già appartenente alla loggia Fratelli d’Italia del Grande Oriente d’Italia. Un altro esponente del fascismo, onorevole Bernardo Barbiellini, ras di Piacenza, fu indicato dall’O.V.R.A. come affiliato al nono grado del Rito Scozzese di Piazza del Gesù. Interrogato, dichiarò di essere diventato massone con la complicità di Farinacci e del questore Morelli. Tra le carte raccolte dalla direzione generale di Pubblica Sicurezza, c’era un fascicolo di 50 fogli che conteneva l’elenco degli affiliati della Massoneria, provincia per provincia, completo di “una rubrica di 916 indirizzi di cui un alto dignitario di Piazza del Gesù si serviva per i propri spostamenti e viaggi”. Tra di loro, senatori, federali, magistrati, generali, prefetti e persino un console della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.

Mentre Palermi si recava a New York per conto di Mussolini col fine di favorire la stipula di un contratto americano vantaggioso per lo stato italiano, gli squadristi assaltarono le sedi della Comunione di Piazza del Gesù (e anche quelle del Grande Oriente), distruggendole e saccheggiando gli archivi. Si arrivò poco tempo dopo alla nota legge del 26 novembre del 1926 che mise definitivamente fuori legge la massoneria su tutto il territorio nazionale. Le logge furono chiuse così come le sedi principali delle due obbedienze, molti massoni fuggirono all’estero per sfuggire alle persecuzioni.

Intanto Vittorio Raoul Palermi venne accusato dai giustinianei di essere al soldo del regime fascista e i Supremi Consigli del rito scozzese mondiali, per opera dell’americano John H. Cowles, tolsero il riconoscimento sia al Rito che all’Ordine di Piazza del Gesù. Il Palermi fu radiato dalla lista dei membri onorari del Supremo Consiglio del Rito scozzese di Washington (Giurisdizione Sud). Su questa decisione pesò anche una celebre missiva del 1929 Francesco Nitti, già capo della Pubblica Sicurezza e Ministro degli Affari Interni il quale dipinse il Palermi come spia del regime che inviava informative a Mussolini sulle attività massoniche interne e come collaboratore di un giornale condannato per truffa e frode nei confronti dello Stato. La lettera si chiudeva con “Palermi, dopo aver tradito la Patria, ha tradito la Massoneria, mettendola al servizio di Mussolini e facendo credere in America il contrario della Verità”.

Finita la parentesi di Palermi, Ettore Brusan prese le redini di ciò che rimaneva della Comunione di Piazza del Gesù ma un rapporto di polizia del 7 agosto del 1933 lo indicava come promotore di incontri massonici clandestini. Poi venne la volta di Carlo De’ Cantellis il quale, fin dal 1943, denunciò la complicità di Palermi con il fascismo mentre si dichiarava apertamente antifascista nel momento in cui il 4 dicembre divenne Sovrano Gran Commendatore del Rito della ricostituita massoneria di Piazza del Gesù, riattivando quei canali internazionali che si erano interrotti a causa della complicità del Palermi con il regime fascista e a causa della seconda guerra mondiale. Suo braccio destro fu Mario Badoglio, figlio di Pietro, Maresciallo d’Italia e già capo del Governo del Regno, dopo l’arresto di Mussolini effettuato dai carabinieri per ordine del re.

Intanto, mentre la massoneria italiana si stava ricostituendo per opera di emissari prestigiosi della massoneria inglese ma soprattutto statunitense, in collegamento con i rispettivi governi, un rapporto riservatissimo del commissario capo di Pubblica Sicurezza, Giuseppe Dosi, datato   9 febbraio del 1946, veniva inviato presso il comando generale del Counter Intelligence Corps  (il servizio di controspionaggio americano) a Roma. In esso il re Vittorio Emanuele III veniva definito come il primo iscritto nel libro d’oro dei fratelli all’Obbedienza di Piazza del Gesù.

-Fine della prima parte-


MICHELE ALLEGRI

giovedì 9 giugno 2022

IL RISVEGLIO DELLA COSCIENZA

                                                                           


Cari/e amici/che, bloggers e semplici curiosi/e

nell’antica e sempre valida dottrina rosacrociana uno degli assiomi più validi è il collegamento fattuale tra macrocosmo e microcosmo, cioè tra Universo ed Esseri Viventi. La prova provata è che gli umani, gli animali e i vegetali sono composti della stessa materia della quale è composto il resto del creato: ossigeno, idrogeno, azoto, carbonio, calcio, fosforo ed azoto. A sua volta, il pensiero cosciente degli esseri viventi è in sintonia e in armonia con quello dell’Universo da cui dipende strettamente. In entrambi casi, infatti, si riscontra una alternanza di caos e di ordine, di ombra e di luce, in un continuo movimento sussultorio di alti e di bassi.  Quando alle 3.30 del mattino, il vento solare colpisce la Terra, le ghiandole umane si risvegliano e cominciano a produrre ormoni a pieno ritmo. Prendendo a prestito un concetto dalla Fisica moderna, la nostra ghiandola pineale, o epifisi, è una sorta di buco bianco capace di produrre materia ed energia, sottoforma di melatonina, un ormone che regola il ritmo sonno/veglia e che, dato il suo potere antiossidante e anti-aging, è da considerare un autentico Santo Graal, capace di contrastare molte malattie. La melatonina non solo è il nostro orologio biologico che sovraintende molte delle operazioni che si svolgono all’interno del nostro cervello sotto la corteccia celebrale ma controlla anche l’attività del sistema immunitario ed impedisce le alterazioni delle cellule. Gli studi medico-scientifici più moderni confermano che la melatonina protegge non solo dai tumori ma ha anche evidenti benefici sul sistema nervoso e su quello cardiovascolare.

 

Secondo il filosofo rosacrociano Cartesio, l’anima risiede proprio all’interno della ghiandola pineale la quale, nella saggezza orientale, rappresenta il terzo occhio o sesto Chakra, una zona del cervello che interagisce con le forze dell’Universo e che è sede dell’intuizione e della creatività, capace com’è di farci vedere oltre la gretta realtà. La sua capacità di funzionare bene e/o di attivarsi a pieno regime è spesso compromessa da tutta una serie di cause, a cominciare dai molti limiti imposti dall’educazione ricevuta fin dalla giovane età, specialmente se questa si avvale di concetti mutuati dalle religioni tradizionali, fino ad arrivare ai sistemi di apprendimento scolastici, basati troppo spesso sull’apprendimento acritico e sul nozionismo che ancorano l’individuo ad una dimensione di infelicità. La scuola moderna, infatti, non è l’antica schola ateniese. È diventato, nel tempo, un esaminificio statico che non è in grado di valutare e sviluppare i talenti dei giovani né di conoscere i loro limiti. Altri condizionamenti negativi sulla mente vengono da alcuni stati d’animo e dall’uso massivo degli strumenti tecnologici (telefonini, WiFi, radio e tv) che interferiscono con le secrezioni della ghiandola pineale.

 

Il passaggio, quasi inevitabile, verso una società transumana, composta da uomini-cyborg o tecno-uomini, inquadrati, impauriti e dipendenti completamente dalle macchine e dall’Intelligenza Artificiale, deve per forza trovare un punto di compensazione con il risveglio delle coscienze e con il ritorno dell’Uomo cosmico, il cui pensiero cosciente non è gravato dalle restrizioni del tempo e dello spazio ma produce, espandendosi, creatività ed intuizioni, come avveniva nella tradizione ermetica dove il rapporto tra esseri viventi ed Infinito sfuggiva al controllo dell’intelletto ordinario. Solo in questo modo, i nostri ormoni possono lavorare a beneficio della nostra salute.

 

La parola ormone deriva dal greco hormào che dà l’idea di qualcosa che si mette in moto. Infatti, essa è materia, una molecola che scorre nel sangue alla ricerca di recettori situati nelle cellule degli organi per dare loro i giusti messaggi biologici. Quando questo complesso movimento a cascata, che potremmo paragonare ad una sinfonia musicale, subisce delle alterazioni, il nostro corpo terrestre non funziona, si ammala o s’invecchia.

 

La prima forma di consapevolezza e, quindi, di autocoscienza, deve per forza coincidere con la nostra uscita dalla buia caverna per giungere all’illuminazione e il primo passo da compiere sta nel migliorare il nostro stile di vita, all’insegna del risveglio della coscienza e per tornare in sintonia con l’Universo.

 

Nel prossimo post, vedremo come comportarci per percorrere questo piano inclinato che va dal basso verso l’alto.

 

Vi saluto,

 

Michele Allegri

 

Et In Arcadia Ego…