martedì 29 novembre 2022

LA CLAVICOLA DEL RE SALOMONE

                                                     


         

Cari amiche/ci, bloggers e semplici curiose/i,

la clavicola del Re Salomone, conosciuto anche come antico grimorio o il segreto dei segreti o chiave di Salomone, è il titolo di un testo del tardo Medioevo, scritto in greco e poi tradotto in lingua latina. Si tratta di un compendio di formule magiche per evocare, controllare e sottomettere i 72 dèmoni dell’esercito del cielo i quali, secondo una leggenda del tempo, furono utilizzati dal terzo re d’Israele per la costruzione del suo celebre palazzo in Gerusalemme, sulle cui rovine, al termine delle crociate, presero dimora i cavalieri del Tempio di Salomone, meglio conosciuti come i Templari.

                                                           


Il termine clavicola non fa riferimento all’osso della spalla del Re d’Israele ma significa semplicemente chiave il cui potere è in grado di aprire le porte dell’occulto a coloro che praticano la magia. Questo manuale prende forza dalla tradizione della qabbalah ebraica per poi insegnare agli aspiranti maghi come comprendere la divinazione, l’astrologia, il moto dei pianeti e degli astri, e come preparare pozioni magiche o costruire talismani portentosi che sono “oggetti magici caricati con la forza che intende rappresentare”.

                                                              
                                              La chiave di Re Salomone

Il libro è ornato di disegni con celebri simboli esoterici tra cui il sigillo o esagramma di Salomone, formato da due triangoli equilateri intrecciati, a basi opposte, che il re di Sion portava incastonato nel suo anello con cui sottomise i 72 dèmoni principi della coorte infernale. Tra gli incatenati, costretti poi a lavorare nel cantiere del suo palazzo, troviamo Asmodeo, figlio dell’angelo decaduto Semadon e di Naamah, sorella di Tubal-Cain. La statua di Asmodeo campeggia all’entrata della celebre chiesa di Maria Maddalena di Rennes-Le-Chateau, paesino della regione dell’Aude, appartenuto alla potente e nobile famiglia degli Hautpoul-Felines-Blanchefort presso il cui castello troviamo anche il blasone di questa famiglia, con l’esagramma magico o sigillo di Salomone.  Un loro esponente, Bertrand, divenne Maestro Supremo dei Templari tra il 1156 e il 1169, data della sua morte.

                                                         
                             blasone della famiglia Hautpoul-Felines-Blanchfort


È la Sacra Bibbia, in particolare il Primo Libro dei Re, a mettere in luce la figura e la magnificenza di Salomone, figlio di re David il quale era intenzionato a costruire un Tempio in onore di YHWH (io sono colui che è) che lo amava come suo figlio prediletto e lo proteggeva. Nonostante avesse apprezzato il nobile gesto di David, YHWH non voleva che fosse lui a portare avanti quest’opera perché, durante le innumerevoli battaglie per la difesa del suo regno, aveva sparso molto sangue dei suoi nemici. YHWH, quindi, ordinò a David che fosse suo figlio Salomone a succedergli come sovrano e ad occuparsi della progettazione e della costruzione del Tempio in suo onore. A seguito di ciò, Salomone venne unto dai sacerdoti israeliti nella città di Ghion, alla presenza del padre. Divenuto il nuovo re di Sion, durante una notte, YHWH gli apparve in sogno e gli chiese di esprimere un desiderio per sé. Salomone non volle né ricchezze né potere ma pregò YHWH di dargli la saggezza e l’intelligenza. YHWH, compiaciuto per la richiesta, gliela concesse. Così Salomone divenne il più saggio dei saggi di tutta la terra e la sua onniscienza non conobbe confini. Da ogni dove affluirono nel suo regno quintali di pietre e metalli preziosi come doni per la sua persona e la sua sapienza.

                                                                 

                                                                  YHWH, il Signore

Salomone si sposò con la figlia del re d’Egitto e, dopo aver fatto un’alleanza politico-militare con il re di Tiro, fece accorrere in Gerusalemme le più importanti maestranze dell’epoca, muratori, scalpellini e scultori, col compito di costruire sia il Tempio di YHWH che il suo Palazzo regale. Per l’edificazione di quest’ultimo scelse l’architetto di Tiro, Hiram Abif il quale, nel medioevo, divenne la figura di riferimento del compagnonnage francese, la corporazione che, ancora oggi, riunisce i muratori operativi, divisi in due classi, apprendisti e compagni. In seguito, nel 1717, Hiram, discendente di Caino ed esponente della cosiddetta “razza del fuoco della conoscenza”, divenne anche personaggio mitico della Massoneria speculativa, londinese e francese, tanto da essere figura centrale dei rituali del terzo grado, quelli di Maestro Libero Muratore.

                                                                     

                                                                           Hiram


Sin dalla costruzione delle fondamenta del Tempio, YHWH si compiacque con Salomone per la bellezza e la perfezione dell’Opera, confidandogli che avrebbe sempre abitato in quella dimora, se lui e il suo popolo avessero rigato dritto, continuando a rispettare le leggi e i comandamenti che aveva stabilito per loro. Terminata la costruzione, Salomone vi fece porre al suo interno un santuario dentro il quale mise l’arca dell’Alleanza che conteneva le due tavole delle leggi che YHWH dette a Mosè sul Monte Oreb. Poi, Salomone ordinò che l’altare fosse ricoperto d’oro e che si facessero sacrifici di animali in onore del Signore. Infine, il re fece mettere accanto all’arca due cherubini di legno d’olivo le cui ali vennero anch’esse coperte di oro massiccio. Come scrive la Bibbia, la nuvola divina penetrò nel Tempio che divenne la casa di YHWH.

                                                       

                         Salomone e Hiram nella volta del Tempio massonico londinese


Salomone, quindi, si dedicò ad edificare il suo Palazzo reale, con l’aiuto dell’architetto tirese Hiram, maestro bronzaio, il quale fece erigere le due colonne del portico, quella di destra che chiamò Jakin e quella di sinistra che chiamò Boaz.

A questo punto, YHWH apparve una seconda volta in sogno a Salomone, questa volta ammonendolo di seguire sempre i suoi comandamenti e soprattutto di non inchinarsi mai davanti ad altre divinità straniere, poiché, in questo modo, il suo regno sarebbe stato per sempre benedetto e il suo popolo non avrebbe avuto mai nulla da temere.  Salomone però scelse un’altra strada. Oltre alla moglie egiziana, amò molte altre donne straniere, settecento principesse e trecento concubine le quali, in vecchiaia, gli fecero volgere il cuore verso altre divinità: Astarte, dea dei Sidoni, Milcon, dio degli Ammoniti, Chemos, dio dei moabiti e Moloch, dio di Amon. 

                                                           

                                                           Dea Astarte
                                                                    

                                                                       

                                                          Dio Moloch


                                                                       

                                                         Dio Chemos

Per onorarli, Salomone fece costruire altari sui quali, le sue amanti, offrivano sacrifici e profumi.  YHWH si adirò con Salomone per il suo voltafaccia. Gli profetizzò che suo figlio Roboamo avrebbe perso il regno di Sion ma non il controllo di una tribù. Così dicendo, Dio inviò contro Salomone due nemici. Poco tempo dopo, Salomone morì, dopo aver governato per 40 anni.

Nel Medioevo cristiano, le divinità pagane a cui Salomone rivolse le sue attenzioni e   le sue preghiere presero la forma e la denominazione di dèmoni degli Inferi.  Jean Wier, demonologo del 1500, nel suo libro intitolato “pseudomonarchia dei dèmoni”, classificò i 72 principi infernali che Salomone comandava con il suo anello magico. Tra questi, citò Moloch, principe del paese delle lacrime, Astarte, principessa dei succubi, Chemos, gran ciambellano e il già citato Asmodeo, sovraintendente delle case da gioco.

                                                          
                                                Il diavolo Asmodeo

venerdì 4 novembre 2022

LA SIGNORA DEL GIOCO NELLA STREGHERIA

                                                                                 

Care amiche, amici, bloggers e semplici curiose/i,

la presenza in Emilia e nella Romagna della figura della Domina ludi ossia la Signora del Gioco detta anche “Signora del Corso” è attestata fin dall’epoca Rinascimentale da due tipi di fonti: i processi della Santa Inquisizione e i trattati sulla stregoneria.


                                                 


I processi inquisitoriali di Modena indicano il monte Valestro, nel Reggiano, come il luogo deputato ad ospitare i sabba locali (qui chiamati con l’appellativo di Striazo), cioè i raduni in cerchio, con feste notturne gioiose nelle quali danzano e amoreggiano insieme cavalieri, dame, contadine e artigiani. Durante questi incontri ci sono banchetti golosi dove consumare prodotti della terra, frutti, burro, formaggi, vino, acqua e pane rigorosamente non salato. Spesso si assiste a un rovesciamento e a un ribaltamento simbolico che si traduce come un momento per poter trasgredire agli interdetti fino a quel momento rispettati, lanciando cosi la sfida alla nuova religione monoteista e maschilista. E così, talvolta, durante i sabba emiliano-romagnoli, i maschi si vestono da donna e le donne da maschi.

                                                                     

Il termine Sabba o per usare un suo sinonimo, Sinagoga, molto usato in alcuni documenti francesi, proviene senza ogni dubbio dallo Shabbat ebraico durante il quale veniva svolti alcuni rituali magici. I Sabba emiliano-romagnoli si svolgono otto volte al mese, la notte tra domenica e lunedì e la notte tra giovedì e venerdì. La più antica menzione di un Sabba rimonta al Medioevo, precisamente al 1330 data che segna il primo processo a Carcassonne contro un’anziana donna dedita a pratiche magiche. Questa festa rappresenta una sopravvivenza di antiche feste pagane che inutilmente la dottrina cristiana e il suo braccio inquisitoriale hanno vanamente cercato di cancellare o di sopprimere. La Signora che è al centro del corso o del sabba rappresenta l’archetipo della femmina in rivolta contro l’oppressione della chiesa cattolica che vede in lei la causa del peccato originale. Essa, invece, durante i Sabba è venerata come madre delle scienze moderne attraverso la sua specifica conoscenza della natura, dei corpi e della medicina guaritrice.

Alla Signora del Gioco, figura femminile per antonomasia, si attribuiscono svariati nomi, da Diana ad Erodiade o Erodiana oppure nella tradizione della stregheria emiliano-romagnola essa viene spesso chiamata la “Sapiente Sibilla” o la “Signora d’Oriente” o ancora con l’appellativo di “donna del Corso”, come scriverà il frate domenicano Leonardo Alberti nel 1524.

Essa ha la capacità di indottrinare i presenti al raduno festante sulle arti magiche delle erbe e sul trattamento degli animali. Spesso chi rappresenta la Grande dama è “assisa su un alto trono e tutti i festanti l’adorano come la Regina. Essa prende la parola per insegnare a medicare e a recare sollievo alle sofferenze di cui si ignora la causa” dirà il domenicano Isidoro Isolani durante un processo a Milano.

                                                                      

Di questa figura imponente e importante in Emilia e Romagna se ne farà accenno anche in un processo mantovano del 1498 che si può leggere nel Fondo Inquisizione dell’Archivio di Stato di Modena: essa viene descritta come figura femminile che possiede forte autorità sulle erbe e sulle fiere. La credenza nei poteri occulti delle erbe si manifesta già sul finire del 1400 proprio quando le erbe diventano il principio attivo della prima forma di farmacologia. Si usano decotti, infusi, linimenti, suffimigazioni assieme a parole magiche, scongiuri e monili da appendere al collo. Presso molte famiglie nobiliari dell’Emilia si pratica la medicina astrologica che ha punto di riferimento la Nostra Signora del Gioco o delle Erbe.

Questo tipo di medicina attribuisce al potere dei pianeti e al loro influsso sul corpo umano la natura di una malattia. Per esempio Saturno, da sempre rappresentato come divinità con il falcetto semilunare impugnato nella mano sinistra, è considerato malinconico e freddo. Esso domina l’orecchio destro, la vescica e la milza, secondo il medico Tolomeo. La medicina magico-astrologica rappresenta nell’Emilia Romagna un’antica tradizione che dal Medioevo giunge al Seicento praticamente senza interruzioni. Medici astrologi lavorano presso le coorti delle nobiltà locale, dai Montefeltro ai Malatesta e presso le Università. Ci sono i forlivesi Bonetti e Allegretti, i ferraresi Mainardi e Fanti, il reggiano Augustoni e il modenese Rocca, per citare solo alcuni nomi. Essi vengono chiamati anche “i compilatori lunari” in quanto prescrivono che la somministrazione di erbe medicinali non debbano essere prese quando la luna è piuttosto calante né quando sia troppo vicino al novilunio ma solo quando la luna attraversa i segni umidi.

                                                                                

Proprio in questo periodo, politica e pratiche esoteriche diventano ottimi alleati nella zona dell’appennino tosco-emiliano. E’il caso per esempio dello stretto rapporto tra l’etrusca Caterina de Medici e l’astrologo-medico Cosimo Ruggieri. Egli è un mago, stregone, medico, astrologo, esperto in arte divinatorie, filtri e oroscopi. Caterina che diverrà poi regina di Francia, non prenderà alcuna decisione di potere senza prima consultarlo. La regina stabilisce che il palazzo del Louvre sia il luogo più importante per i sabba di alto rango. Essa porterà al collo numerosi talismani con incisi chiari simboli magici ebraici, arrivando nel 1560 a portare sempre con sé uno specchio magico in grado di farle vedere il futuro.

Alcuni autori come Silvano Prieriate, Bartolomeo Spina e il filosofo neoplatonico e rosacrociano G.F. Pico della Mirandola ci documentano il diffondersi del mito della Signora del Gioco o del Corso attorno agli anni ’20 del 1500.  Pico della Mirandola si addentrerà nel campo del pensiero magico-esoterico attraverso la lettura di antichi testi della tradizione egizia e della cabala magica ebraica.

Spina ci indica nei territori emiliani, come luoghi dei Sabba, che vengono chiamati “corsi” o “giochi”: il parco di Ferrara, il monte Paterno nel bolognese, la zona pianureggiante intorno a Mirandola. In essa si può ammirare la “Signora del Gioco”, detta anche la Maestra, “vestita in panni neri, che inchina la testa fino a toccare col mento il petto di un’adepta, vestita di bianco con la stola al braccio, la quale riceva l’omaggio”.

Le popolazioni locali credono, senza alcuna esitazione, al potere che certe donne hanno nel campo della guarigione e della divinazione. Nasce quindi un atteggiamento di ambiguità, di attrazione e repulsione nel tentativo di molti di apprendere i segreti delle arti magiche di queste vecchie donne, le discepole della Nostra Signora del Gioco. In un’incisione di Hans Weiditz del 1532 si nota al centro una vecchia Signora, una striazza (strega in dialetto romagnolo), in una radura della foresta. Sopra il globo stellato che richiama la concezione tra tempo astrale e tempo della raccolta delle erbe.

                                                                      

La Signora del Gioco o del Corso, infatti, con la sua maestria, compie  un’iniziazione di tipo lunare, insegnando oralmente alle altre donne le virtù delle erbe e delle parole magiche che sconfiggono malanni e malefici. Le donne così, esse stesse, costituiscono una catena di trasmissione, da bocca a orecchio, di questa conoscenza, di generazione in generazione. Nel Phytognomica del 1650 si troverà scritto che alcune donne posseggono la conoscenza per raccogliere “antiche erbe che hanno le foglie a forma di falce di luna che sono in possesso di virtù lunari e che guariscono dai grandi mali”.

Come prescritto poi nel culto della Signora del Gioco, le erbe vanno raccolte la notte tra il 23 e il 24 Giugno, la festa di San Giovanni Battista, in particolar modo la felce o il suo seme.

In un processo bolognese del 1488 contro Fra’ Jacopo da Viterbo si parlerà di come il frate si sia convertito alla stregheria emiliano- romagnola, come abbia insegnato a molti uomini a fare sortilegi amorosi bruciando legno di cipresso e di ginepro davanti ad un’immagine della donna desiderata. Si fa riferimento a divinità pagane, in particolar modo a Cupido, figlio di Venere.

In un altro processo, in questo caso contro don Guglielmo Camapana di Modena, del 1517, il sacerdote dichiara ai suoi giudici di aver raccolto semi di felce nelle notti di San Giovanni e di aver inciso su di essi simboli magici per poi appenderli ai colli di coloro che soffrivano di “mal di caduco”.

In altri casi si parlerà delle 15 stelle e delle 15 erbe che combinate insieme danno poteri di guarigione eccezionale. L’operazione proposta è fare un anello magico che abbia una pietra e un’erba. L’anello catturerà la forza della stella di riferimento e chi porterà l’anello diventerà ricco. Le erbe da porre sotto la pietra sono: anabola, finocchio, elleboro nero, marrubio, savina, chelidonia, salvia, cicoria…”. Questa pratica viene considerata dal filosofo rinascimentale Marsilio Ficino una forma di alta magia, con l’invito a procurarsi delle pietre particolari come il magnete. Si vocifera anche infatti della possibilità di praticare l’arte della mummificazione tramite questo amuleto, con la forza sprigionata dal magnetismo.

                                                                                      

La donna del gioco, signora della magia, delle erbe e delle fiere del territorio emiliano-romagnola si colloca ovviamente in uno spazio di memoria europea che ci riconduce alla divinità pagane pre-cristiane fino ad arrivare, in un percorso a ritroso, alla figura ancestrale della Dea Madre che sovraintende il ciclo della Natura e della vita secondo il trittico vita-morte e resurrezione.

Essa è infatti la dea dai “mille nomi”, come scrive Apuleio: la Potnia, Iside, Lilith, Ecate, Arduina, Venere, Minerva, Cibele, Demetra, Persefone, Bèllisena e Diana, la dea pagana romana. Legata al culto lunare, all’acqua e ai luoghi umidi, essa rappresenta la dea madre con la sua conoscenza occulta e diviene protettrice della magia. Il potere magico della Signora del gioco deriva infatti dal possesso di un Verbo magico, di un alfabeto sacro in grado di dominare il mondo della Luna e della Terra.

Tra il 1484 e il 1660, a causa della Riforma protestante e la fine dell’unità cristiana, in Europa si assiste alla rinascita della magia e della stregoneria, dalla Germania alla Francia, dall’Italia alla Spagna. Papa Innocenzo VIII, per reprimere l’eco del risveglio della magia nei territori tedeschi, sente il dovere di emanare una bolla, la prima sull’argomento, che fa iniziare il periodo detto di “caccia alla streghe”. La Signora del Gioco o del Corso, “la dea del passaggio verso l’oltre, la Dama della Nebbia”, come la chiama lo scrittore esoterista Michel Lamy, è al centro di questa caccia. Ciò nonostante il culto devoluto a questa entità femminile soprannaturale si perpetuerà sotto forme ed organizzazioni diverse nei secoli dei secoli.

                                                                  


Restando in tema, per chi è interessato, vi consiglio la visita della mostra Stregherie (fatti, scandali e Verità sulle sovversive della Storia), magistralmente organizzata da Vertigo Syndrome, presso il Belvedere della Villa Reale di Monza, aperta fino al 26 febbraio del 2023. www.stregherie.it

Un caro saluto,

Michele Allegri