mercoledì 24 febbraio 2021

LA COMPAGNIA DEL S.S. SACRAMENTO: I ROSACROCE ENTRANO IN CHIESA, IN SILENZIO…

                                                   

                        sopra simbolo ufficiale della Compagnia del SS. Sacramento dell'Altare


Care amiche/i, bloggers e semplici curiose/i

uno degli esempi di maggior penetrazione della fratellanza dei Rosacroce all’interno della chiesa cattolica fu senz’altro la Compagnia del Santissimo Sacramento dell’Altare, detta anche dei “Devoti della Cabala”, proprio per l’interessamento devozionale che i membri avevano per questa dottrina esoterica ebraica.

La parola “Sacramento” ha un doppio significato: deriva dal greco e significa “ciò che è segreto” oppure, nella declinazione del suo infinito, sacramentare, significa bestemmiare.

“Segretezza ed empietà” furono infatti le accuse rivolte agli appartenenti di questo sodalizio da parte della Compagnia dei Gesuiti che spinsero poi il re di Francia, Luigi XIV, a scioglierla, nel 1666, dopo sei lunghi anni di ordinanze.

La Compagnia era potente, aveva affiliati dappertutto, nel parlamento, nella magistratura e nella polizia.

Lo stesso arcivescovo di Tolosa, nel 1651, parlò della Compagnia come un’organizzazione alla ricerca del potere ed “empia, con riti d’iniziazione irregolari”.

Tutto questo non ci può che far ricordare la nota vicenda dei Templari…

                                                                      Cabala ebraica

La Compagnia nacque nel 1627 per impulso della nobiltà eretica e saturnina della Linguadoca, in particolar modo dal duca Henry De Levis, appartenente alla Società Rosacroce d’oro fondata da Frederic Rose nel 1622. I De Levis furono una potente famiglia della Linguadoca, originaria del villaggio di Levis, un antico insediamento ebraico nel sud della Francia.

 

Anche se il quartier generale della Compagnia aveva sede nella chiesa di San Sulpicio a Parigi, la sua forza era certamente nel mezzogiorno della Francia, precisamente in Linguadoca, e più precisamente nel dipartimento dell’Aude (per citare alcune città di questa zona: Carcassonne, Tolosa, Levis, Alet-les-Bains, Rennes-le-Château, Le Serpent).

 

                                        Chiesa di San Sulpicio a Parigi


La chiesa parigina di San Sulpicio fu appositamente costruita là dove in epoca romana, vi era un grande tempio dedicato alla dea egizia Iside. Non è poi un caso che questa chiesa sia stata dedicata a Sulpicio, che fu vescovo di Bourges, “la città dell’alchimia” del periodo medievale che si trova al centro della Francia e ne rappresenta l’ombelico magico-energetico.

Come ho già ricordato in precedenti post, l’Alchimia è l’arte della pietra filosofale il cui studio e relativa pratica viene fatta risalire all’antico Egitto.

                                              Cattedrale alchemica di Saint Etienne a Bourges


La festa di San Sulpicio si celebre il 17 gennaio che è, come ho già ricordato, la data principe per maghi, occultisti ed alchimisti.

Nella chiesa di San Sulpicio sono ancora visibili simboli esoterici di marca pagana, gnostica e rosacrociana: un pentacolo alchemico o stella fiammeggiante è posto sopra la porta d’ingresso, il polpo degli abissi, con otto tentacoli, si trova sotto l’acquasantiera, una doppia SS speculare a forma di serpente è presente nelle panche di legno, immagini sacre del vecchio e nuovo testamento volutamente capovolte, allo specchio, dipinti ottocenteschi che rimandano ad un tesoro rubato e nascosto, che dimostrano che questa chiesa rimarrà per altri duecento anni almeno un punto di ritrovo per nobili e sacerdoti in odor di occultismo e per i loro alleati, tra cui i cattolici modernisti, scomunicati e condannati da san Pio X nel 1907.

                                                  il polpo degli abissi sotto all' acquasantiera

Molto particolare è la presenza dello gnomone da cui parte il meridiano zero, detto anche la linea della Rosa (la rosa mistica dei Rosacroce) che attraversa la Francia, passando proprio per questo luogo sacro.

La Compagnia si muoveva con disinvoltura e discrezione nelle stanze del potere francese ed era composta da nobili, studiosi laici e da ecclesiastici di rango che si mostravano ostili tanto al sovrano quanto al cardinal Mazzarino. La sua struttura era formata da cerchi concentrici, con una catena di comando che andava dal centro alla periferia.

Gli ordini erano impartiti dal “Cenacolo fraterno degli invisibili”, la sigla che indica la presenza della “Confraternita invisibile dei fratelli Rosacroce”.

Il cenacolo era formato da tre ecclesiastici. Il primo è il nobile Jean Jacques Olier, confessore della Regina d’Austria, arredatore della chiesa e celebre per le sue visioni soprannaturali. Il secondo è il nobile Vincent de Paul, di origini occitane, fondatore della Congregazione dei Lazzaristi. Il terzo è Nicolas Pavillon, il vescovo considerato dalla curia romana come il “protettore degli eretici”.

Oltre a loro, altri nomi noti erano quelli del conte Gastone d’Orleans, Il conte di Brassan, Francesco Luigi di Borbone, il Magistrato Guillaume de Lamoignon, Charles Fouquet, fratello del ministro delle finanze, il generale Henry de Pichery, la baronessa d’Arques di Linguadoca, Padre Charles de Codren, il Principe di Polignac, per citarne alcuni.

                     simbolo rosacrociano nella Chiesa di Santa Maria Maddalena a Rennes-Le-Chateau

 Per quanta riguarda Pavillon, ordinato sacerdote nel 1627, dieci anni dopo divenne stranamente vescovo della diocesi di Alet-les-Bains, in Linguadoca, un piccolo comune a 7 km di distanza dalla più celebre città di Rennes-Le-Château. Aderì al giansenismo e fu il capofila della lotta di gran parte del clero contro la monarchia francese e le direttive della curia romana.

Alet-les-Bains è un centro alchemico di primaria importanza. Vi abitò il noto medico, mago e veggente Nostradamus. La sua casa o meglio quella dei suoi nonni, entrambi di origine ebraica, era conosciuta appunto come la “casa dell’ebreo”. Nella fascia esterna della casa sono visibili alcuni simboli magici. Sulla trave più esterna c’è il sigillo di Salomone o stella di David inscritta in un cerchio. A fianco altri simboli: La S di Salomone a forma di serpente, una rosa, una corona con otto raggi, una croce templare.

                                                Il veggente e medico Nostradamus
                                   l'Esagramma o Sigillo di Salomone nella casa di Nostradamus

Ad Alet è ancora visibile anche la chiesa di Sant’Andrea con le sue vetrate che riproducono il sigillo di Salomone, i due triangoli sovrapposti che, nella dottrina rosacrociana, rappresentano le due divinità ed ancora il maschio e la femmina e/o il microcosmo ed il macrocosmo, fusi insieme.

                                   

                                      L'esagramma o Sigillo di Salomone nella chiesa di Alet-Les Bains

Gli Statuti della Compagnia accennano al “Segreto come anima della Compagnia”, il quale non doveva essere divulgato ad alcuno. “Divulgare il segreto, significa distruggere la Compagnia”.

Ed ancora “è assolutamente necessario custodire il Segreto, non rivelarlo a chicchessia, né agli amici più intimi, né ai parenti e nemmeno al confessore più affidabile. Nessun segno, nessuna parola di troppo”.

Le riunioni dovevano essere sempre segrete, gli Statuti e le liste degli iscritti non disponibili ad alcuno e, in caso di controlli, dovevano essere bruciati. La Compagnia che era di fatto una società segreta, praticava lo studio della cabala ebraica ed aveva un forte interesse per la magia egiziana e l’alchimia. Si diceva che vi fosse in Linguadoca, nella regione dell’Aude, un tempio sotterraneo dedicato ad Iside dove i membri della Compagnia si recavano per operare dei riti.

Infatti, in quella zona, molte saranno le organizzazioni neorosacrociane che dal 1700 tenteranno la restaurazione del culto di Iside sotto il patronato dell’occultista e rosacroce Jules Bois. Ci saranno l’Ordine della Rosa Croce di Tolosa con protagonista Papus poi trasformatosi nell’Ordine Cabalistico della Rosacroce di Stanislao de Guaita ed ancora, la Societas Rosacrociana e l’Ordine della Rosa Croce del Tempio e del Graal di Joséph Péladan. Quest’ultimo discendeva da una famiglia catara ed organizzò nel 1893 la celebre esposizione del Salone della Rosa+Croce con immagini riferibili al TAU, alla Croce greca, al Graal, al beaucent templare, alla rosa intrecciata con la croce”. Tra gli espositori il pittore Eugenio Delacroix che dipinse per la chiesa di San Sulpicio, già sede della Compagnia della Santissimo Sacramento.

L’ Iside dei Rosacroce è sicuramente estremamente lunare, dea dell’oscurità e delle pulsioni sessuali. Essa assorbe le caratteristiche di Demetra e Persefone, le dee dell’immortalità e del regno dei morti. Essa rappresenta anche il “messia femminile” o la “Grande conoscenza” che accompagna il fratello R+C verso il suo viaggio iniziatico che inizia sempre allegoricamente nelle viscere della Terra.

Una croce ansata, simbolo della dea Iside, è raffigurata su un bassorilievo proprio nella chiesa di San Sulpicio, sede della Compagnia del Santissimo.

                                          croce ansata di Iside nella Chiesa di San Sulpicio
 

Nel 1976 fu pubblicato in Italia un libro dal titolo “Le profezie di papa Giovanni”, oscure poesie in prosa attribuite senza alcuna prova ad Angelo Roncalli, papa Giovanni XXIII. In esso si sostiene che il “papa Buono” fosse un rosacroce, affiliato nel 1935 quando era nunzio apostolico in Turchia, paese nel quale visse per un po’ di tempo anche Saint Vincent De Paul, membro di alto grado della Compagnia del SS. Sacramento.

Come racconta Vincent de Paul stesso in una lettera indirizzata all’amico M. De Comet, egli fu fatto prigioniero dai turchi e poi venduto come schiavo ad un vecchio medico che lo iniziò alla pratica alchemica, promettendogli ricchezze e immensi saperi. 

Forse non tutti sanno che Papa Giovanni XXIII riprese il nome di un antipapa che aveva abdicato nel 1415 ed era stato vescovo proprio della cittadina alchemica di Alet-les-Bains, nei pressi dei Pirenei…

                                                        stola da sacerdote con croci e rose

Nemico giurato dei Rosacroce fu senz’altro il padre gesuita Gaultier che ebbe a dire “Non è privo d’interesse che il Sabbath generale degli Invisibili Rosacroce si tenga proprio nel labirinto che si trova nei pressi dei Pirenei”.

 …continua…

 Un caro saluto da Michele Allegri

Sacramento.

giovedì 18 febbraio 2021

LA PORTA MAGICA DEI ROSACROCE A ROMA

 




Care amiche/i, bloggers e semplici curiose/i,

in Piazza Vittorio, a Roma, è ancora oggi visibile la celebre porta magica o alchemica di Villa Palombara, costruita nel 1680. La porta rappresenta ed è espressione della misteriosofia della Confraternita dei Rosacroce che stavano nella Capitale. Viene giustamente collegata al potere della pietra filosofale e alla trasmutazione della materia, per via del fatto che il proprietario della Villa, il marchese Massimiliano Savelli Palombara, era un alchimista, un mago, un esoterista appartenente alla Fratellanza della Rosacroce d’oro.

Il nobile romano era stato iniziato alla Fratellanza Rosacrociana grazie all’intermediazione di Cristina, regina di Svezia, nota cultrice e praticante di magia, alchimia e scienza, molto interessata al tema dell’Arcadia, la regione greca agreste nella quale agricoltori e pastori vivevano in pace, in sintonia con la natura nell’età dell’oro, sotto il regno di re Lycaone.

Il marchese Palombara era entrato anche a far parte dell’Accademia dell’Arcadia in Roma, fondata dalla regina di Svezia proprio a Roma nel 1690.  Il filone del tema arcadico era così fortunato presso le corti europee che coinvolse personalità in ogni campo del sapere. I membri si definivano Pastori.

La sede dell’Accademia dell’Arcadia fu donata da re Giovanni V del Portogallo ed ebbe Papa Leone XIII come membro attivo delle sedute arcadiche. Ad essa sarà collegata, in Roma, la Biblioteca Angelica.

Il Marchese, probabilmente innamorato di Cristina di Svezia, nel 1656, le dedicò un poema ermetico, carico di simboli e allegorie rosacrociane dal titolo La bugia: rime ermetiche e altri scritti, ancora conservato in Vaticano, e nel quale si fa riferimento palese all’Ordine della Rosacroce Aurea. Ospite della sua villa romana, la regina praticava col marchese esperimenti chimici nel laboratorio appositamente costruito, proferendo antiche formule magiche egiziane. Secondo i racconti dell’epoca barocca, l’alchimista Francesco Giuseppe Borni venne ospitato dal marchese, una notte, nella villa. L’uomo cercava all’interno del vivaio una pianta in grado di trasformare i vili metalli in oro. Poi, si racconta, attraversò per caso la porta “magica” e scomparve senza che di lui si seppe più niente. Scomparendo, lasciò a terra un manoscritto contenente simboli magici e alchemici riconducibili all’utilizzo della pietra filosofale o Graal. Il contenuto di questa pergamena fu appositamente fatto incidere dal marchese sulla porta in questione.




La porta ha quindi un significato innanzitutto simbolico: è un varco che permette all’iniziato ai misteri rosacrociani di raggiungere una dimensione superiore della conoscenza. Essa quindi è Ianua Inferi, cioè un passaggio verso gli inferi, nelle viscere della terra, nelle sue profondità là dove è ancora vivo il fuoco da cui nascono e muoiono gli elementi chimici della materia prima.


Sulla porta sono incisi chiari simboli rosacrociani, in particolare sul fregio, due triangoli sovrapposti, l’esagramma che rappresenta il macro ed il microcosmo, il maschile e il femminile, la coppia degli opposti, con simboli alchemici dell’oro e del sale, con una croce ed una scritta latina centrum in trigono centri, il centro è nel triangolo del centro.  Nel mezzo della croce c’è un punto. Questo diagramma ci riporta alla geometria. Dei due cerchi più piccoli che contengono la frase latina, quello esterno ha il diametro pari al raggio del cerchio interno della coppia più grande, quella che circoscrive l’esagramma. Esso, nel catechismo rosacrociano, viene chiamato anche “il gran sigillo di Salomone” o “doppio triangolo del re saggissimo” e rappresenta i due principi opposti della divinità, il dio della luce ed il suo riflesso argenteo, il Jehovah bianco e quello nero.

Questa è la rappresentazione del celebre sigillo riportato sul frontespizio dell’opera Aureum Seculum Redivivium scritta nel 1621 dal fratello rosacroce Madathanus, testo nel quale l’autore, anch’egli appartenente all’Accademia dell’Arcadia, si professa appunto iniziato alla fede rosacrociana che opera per la restaurazione della vera “età dell’oro”.

Data la comune appartenenza al circuito rosacrociano di molti scrittori del tempo, questo sigillo sarà appunto adottato dai nobili membri dell’Accademia dell’Arcadia e comparirà in libri come il Museaum Hermeticum di Lucas Jennis o in quello scritto da Wienner Von Sonnensfels nel 1747 dal titolo Splendor Lucis o ancora nell’opera Geheime Figurem des Rosenkreutzer dedicata al cavaliere e fondatore dell’Ordine Christian Rosenkreutz.

Il marchese, come ho scritto, apparteneva alla Fratellanza della Rosacroce aurea che aveva in Frederic Rose il suo Imperator, cioè la massima carica dell’Ordine. Questo ramo franco-tedesco, dal 1757, si sviluppò molto anche In Boemia, Ungheria e Russia raggiungendo il suo apogeo nel 1777.


Per tornare alla descrizione della porta, in essa compare un’altra scritta latina che dice Si sedes non is che ambiguamente vuol dire “se siedi, non vai” e nel suo contrario “se non siedi, vai”.

E poi ancora la scritta Aureum Seculum Redivivum che fa riferimento al ritorno dell’età arcadica dell’oro e Novus Ordo Saeclorum, il nuovo ordine dei secoli, una celebre frase esoterica riportato anche sul dollaro americano, sotto la piramide tronca con l’occhio del dio egiziano Horus, inscritto in un triangolo.

Sugli stipiti della porta magica possiamo osservare una successione di pianeti in associazione ai metalli: Saturno-piombo, Giove-stagno, Marte-ferro, Venere-rame, Luna-argento, Mercurio-mercurio.

Ad ogni pianeta corrisponde un motto di natura ermetica, dal basso verso l’alto a destra per poi andare dall’alto in basso, a sinistra, secondo la direzione del motto ebraico e cabalistico Ruach Elohim.

A fianco alla porta ci sono due statue che rappresentano i Bes che fungono da guardiani. Sono due nani mitologici dell’antico Egitto, due numi tutelari della casa, associati anche alla sessualità e al suo potere magico. Ancora oggi, queste stesse statue sono presenti nei giardini del Quirinale.

 

…continua…

Un caro saluto dal vostro Michele Allegri

 


venerdì 12 febbraio 2021

IL REBUS DEL QUADRATO MAGICO DEL SATOR, UNA MATEMATICA ESOTERICA

                                                                          

INTERMEZZO ENIGMISTICO


Care amiche/i, bloggers e semplici curiose/i,

Il quadrato magico è conosciuto già ai tempi dell’antico Egitto del IV e del V sec. a.C. e in Mesopotamia, è l’espressione della cultura ermetica. Lo si ritrova anche in Palestina, dove gli vengono attribuiti significati cabalistici e matematici. Molto diffuso anche in Europa in varie epoche, in quella romana per esempio, nella quale è in rapporto con la divinità di Saturno. È facile fare il collegamento per esempio tra le prime tre lettere di Sat-or e di Sat-urno.

Nel medioevo il quadrato magico SATOR si ritrova per esempio in Linguadoca, inciso su una pietra di una chiesa di Albi dall’eretico cataro Qiroi. Questo rompicapo o rebus è assai presente nei castelli, nelle magioni, nelle commende dell’Ordine del Tempio costruiti in prossimità di luoghi sacri ai celti, conosciuti come “zone di energia tellurica”. Secondo la prof.ssa Bianca Capone, il quadrato magico sarebbe stato utilizzato dai frati-templari durante le iniziazioni segrete.

Ancora oggi, i fra-massoni, in ricordo dell’usanza templare, utilizzano il “quadrato di loggia” durante le tornate, cioè le riunioni rituali.



Il quadrato magico si compone di una frase in forma palindroma che cioè può essere letta in qualsiasi direzione.

SATOR

AREPO

TENET

OPERA

ROTAS

Alcune parole sono loro stesse palindrome, leggibili da destra a sinistra e viceversa.

ROTAS-SATOR

TENET-TENET

OPERA-AREPO

Il significato è ancora oggi un mistero. Potrebbe voler dire: Il seminatore o contadino, sul suo carro, guida, con il suo lavoro o con cura, le ruote.

Tutte le parole sono in latino, tranne Arepo che è un vocabolo gallo, forse il nome del contadino o seminatore.


Molto interessante è il SATOR che si trova nel duomo di Siena. La Toscana umanista e rinascimentale che diede grande impulso, sotto la signoria dei Medici, alla riscoperta del mondo magico ed ermetico dell’antico Egitto, aveva costituito un’alleanza culturale tra esoterismo e scienza. Nicolò Cusano, Marsilio Ficino e Pico della Mirandola si erano anche immersi nella cultura esoterica greca, con la riscoperta di Platone e delle sue opere più oscure. Ed è qui, in Toscana, che trova impulso il movimento rosacrociano italiano che si esprime con allegorie, simboli, rebus di parole, come il SATOR, una tradizione che mescola lo studio della matematica, della geometria, dell’astronomia con l’astrologia, l’alchimia, la magia e la cabala ebraica.

 ...continua...

Un caro saluto dal vostro Michele Allegri

domenica 7 febbraio 2021

IL COLLEGIO INVISIBILE DEI ROSACROCE: MORALS & DOGMA

 


Care amiche/i, bloggers e semplici curiose/i,

sopra riprodotta vi è una storica immagine rosacrociana, il frontespizio di un’edizione della Tabula Smaragdina Hermetis del 1500, con riferimenti astrologici e alchemici. Alchimia (Al-Kimiya) è una parola medievale latina di origine araba che significa “arte della pietra filosofale”. Quest’arte è nata in Egitto nel I° sec. d.C., precede la nascita della chimica moderna e si occupa innanzitutto della trasmutazione dei vili metalli in oro. Nel campo dei culti misterici e delle società esoteriche riservate però le si attribuisce anche un doppio significato, simbolico e allegorico:

1.    il neofita attraverso un cammino iniziatico di vita-morte-rinascita opera la trasmutazione di sé stesso.

2.    L’iniziato prende coscienza dell’importanza della Conoscenza e diventa un mago in grado di trasmutare la realtà fattuale che lo circonda.

Nella dottrina rosacrociana la materia prima è eterna: “nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma” come avrà modo di dire, in epoca illuminista, lo scienziato Lavoisier, padre della chimica moderna. Anche gli esseri viventi non muoiono veramente ma, attraverso il processo di putrefazione, si rigenerano e si trasformano. Per questo motivo, secondo la dottrina dei rosacroce, l’immortalità dell’uomo è anche immortalità della famiglia umana e del creato.

Il fuoco, poi, è l’elemento principe per effettuare queste trasmutazioni, gli alchimisti del rinascimento infatti dicono: “Esso si cela dappertutto, abbraccia la Natura, produce, rinnova, divide e consuma. Il fuoco, che è principio della vita, è contemporaneamente la causa operante della sua distruzione e della sua trasformazione”. Nel catechismo rosacrociano il tetragramma I.N.R.I. che fu posto dai romani sulla sommità della croce di Gesù significa Igne Natura Renovatur Integra ossia “col Fuoco la natura interamente si rinnova e ringiovanisce”. La dottrina dei Rosacroce fa propria la visione sapienziale della ciclicità e della stagionalità della materia prima, secondo lo schema ternario di vita, morte e rinascita.

Per tornare al frontespizio di questa versione rinascimentale della Tabula Smaragdina Hermetis-Verba Secretorum Hermetis (o Tavola di Smeraldo di Ermete), che è un testo sapienziale egiziano di Ermete Trimegisto per la creazione della Grande Opera alchemica, tradotto in latino nel 1250, possiamo notare alcuni elementi essenziali del simbolismo della Confraternita dei fratelli della Rosacroce:

1. la coppia antinomica degli opposti che si attraggono cioè il sole e la luna, che riversano i loro fluidi energetici, mascolini e femminili, nella coppa del Graal, quella dell’immortalità e della vita eterna.

2. due globi speculari.

3. due mani benedicenti speculari, a destra e a sinistra, che spuntano fuori dalle nuvole, che rappresentano i fumi dell’opera alchemica.

4. una catena d’unione di metallo che lega alcuni blasoni nobiliari.

5. la presenza dei pianeti Venere e Giove, che fanno riferimento all’attività e di Marte e di Saturno che invece sono messi in relazione con la limitazione.

Tutt’attorno campeggia la scritta latina:

    Visita Interiora Terrae Rectificando invenies Occultum Lapidem

   Visita l’interno della Terra, purificando, troverai la Pietra nascosta.

Nella dottrina rosacrociana questa frase spesso si presenta sottoforma dell’acronimo V.I.T.R.I.O.L. che fa riferimento al vetriolo, l’acido che dissolve la materia.

La pietra da trovare, nascosta nelle viscere della Terra, là in basso, nelle profondità più oscure, è la Pietro Filosofale che altro non è che la celebre Lapis Excillis, la pietra caduta dal cielo che il cavaliere Perceval “cerca” nei suoi viaggi interminabili, così come è raccontato nei romanzi medievali della letteratura del Graal.

Per trovare la Pietra della conoscenza o Graal, infatti, il cavaliere deve compiere un percorso astruso, un cammino iniziatico impervio, disseminato di ostacoli che lo portano dall’oscurità della terra alla luce della conoscenza, secondo lo schema delle tre fasi della Grande Opera alchemica: Nigredo, Albedo e Rubedo.

L’autore della tavola smeraldina, l’egiziano Ermete Trismegisto, letteralmente tre volte grandissimo, è figura primaria di riferimento per la Confraternita dei Rosacroce. Egli fu sacerdote, scriba, profeta, filosofo, legislatore, re, mago, alchimista ed esoterista di somma levatura. Ed è proprio seguendo le orme di Ermete, protettore delle arti e delle scienze, che i fratelli della Rosacroce si dedicarono allo studio profondo dell’astronomia, dell’astrologia, dell’aritmetica, della geometria, della chimica, della medicina sviluppando contemporaneamente la pratica della magia e la contemplazione delle filosofie mistiche, ermetiche, soprattutto quelle cabalistico-ebraiche.

Si pensi per esempio all’opera inglese Chymical Collection, una serie di opere sull’alchimia pubblicate nel 1650. Nel frontespizio del primo libro è presente un’immagine che riproduce “l’albero cabalistico della vita”, la Sephirot: nella parte destra ci sono oggetti in rapporto all’attività militare, nella parte sinistra oggetti per le attività intellettuali e nel corpo centrale oggetti dei principi religioso-esoterici. In alto gli immancabili opposti che si attraggono, il sole e la luna con la presenza del dio Mercurio con in mano il caduceo: i due serpenti che si baciano, attorcigliati intorno ad un bastone, simbolo dell’arte medica e farmacologica. Nel pensiero gnostico egiziano, i serpenti erano simboli della conoscenza e non certo della malizia! Sarà un caso ma il caduceo ha la stessa forma del D.N.A. degli esseri viventi!

                                                       Il caduceo del dio Mercurio
                                                                          D.N.A.

I rosacroce, quindi, formarono un’associazione segreta scientifica, dedicandosi alla chimica e alla medicina secondo gli antichi precetti egiziani ma, nel contempo, praticando le scienze occulte, in particolar modo la magia, anch’essa nel pantheon delle antiche concezioni egiziane. Questa società invisibile che fa della conoscenza il suo metro di azione, nel tempo, inevitabilmente, si scontrò con i dogmi della religione rivelata della Chiesa cattolica. A causa di ciò, i rosacroce vissero ed operarono nell’ombra e la Chiesa cattolica li bollò come “maghi, seguaci dell’Arte nera”. Giovanni XXII, papa avignonese, condannò la pratica dell’alchimia, intesa come magia nera, con un decreto, Spondent nonnullus del 1317 ed una bolla Cum inter nonnullus del 1323.

Tra le file della Confraternita rosacrociana ci furono molti alchimisti-scienziati ed alcuni dotti filosofi, noti all’epoca. Adepti inglesi come il filosofo Francesco Bacone, autore del trattato Nuova Atlantide nel quale si occupò del rapporto tra microcosmo e macrocosmo, il medico Robert Fludd, autore della Storia dei due mondi e del Trattato apologetico in difesa dell’integrità della Confraternita dei Rosacroce, l’alchimista Elia Ashmole, fondatore dell’Ashmolean Museum di Oxford, città nella quale visse il chimico Robert Boyle, anch’egli della fratellanza segreta. Fu proprio quest’ultimo a fondare il Collegio Invisibile dei Rosacroce, che fu il nucleo nascosto della Royal Society, la grande accademia delle scienze della quale fecero parte l’alchimista sir Robert Moray e John Byrom, per esempio. Byrom fu tra i fondatori del Cabala Club di Londra e divenne grande esperto di cartografia, diagrammi e disegni geometrici, fra cui la pianta e l’architettura della chiesa dei Templari di Londra.

Sul continente europeo, tra i rosacrociani più in vista, ci fu il tedesco Michael Maier, medico paracelsiano dell’imperatore Rodolfo, e Franz Anton Mesmer, teorico del magnetismo e dell’ipnotismo. Poi Stellatus, autore nel 1618 di Pegaso, ossia introduzione alla sapienza degli antichi, un tempo definita magia degli egizi ma ora chiamata pansofia dei Rosacroce, e Florentinus de Valentia, autore di Rosa in Fiore. In Francia ci fu Guglielmo Naudé, segretario del Cardinale Mazzarino. Il gruppo rosacrociano europeo contava una casa alchemica all’Aia nel 1622 ed un’altra a Parigi, cui fu poi affiliato Giovan Teofilo Desguliers, fisico e matematico che, il 24 giugno del 1717, riunì nella Taverna del Melo, nel mercato Covent Garden, i membri di quattro logge massoniche londinesi, facendo nascere la Fra-Massoneria moderna.

Proprio in Francia nel 1623, cominciò a circolare il libello Istruzione alla Francia sulla vera storia dei fratelli della Rosacroce, in cui si denunciava il potere magico e stregonesco della Confraternita, capace di infiltrarsi nei gangli del potere del regno. Ed è in questo periodo che accanto alla rosa e alla croce compare il simbolo rosacrociano del pellicano che colpisce col becco il suo petto tanto da far zampillare un rivolo di sangue col quale nutre i suoi figli. Nell’alchimia, il pellicano significa che la materia prima basta a sé stessa e che ha in sé ogni forma di sostentamento e di capacità di trasformazione.

                                                            Pelicano dei Rosa + Croce

L’interessamento per l’ermetismo, lo gnosticismo, l’alchimia e le scienze del 1500-1600, periodo nel quale vissero i personaggi già citati, era iniziato già nel medioevo ma aveva avuto un grande impulso nell’epoca umanista sotto la signoria dei Medici di Firenze. Grazie a loro si cominciarono a raccogliere saperi esoterici diversi. Nel 1460, Cosimo il Vecchio fece tradurre da Marsilio Ficino il leggendario Corpus ermetico del saggio sacerdote egizio Ermete Trimegisto: una raccolta di trattati sulla magia ermetica. Nel Corpus si faceva riferimento alla sacralità del corpo e della sessualità, un’inversione di rotta rispetto alle concezioni cristiano-medievali, espressa nella frase “se odi il tuo corpo, figlio mio, non ami te stesso”. Furono fatti arrivare in Firenze, da Bisanzio, anche molti manoscritti del filosofo greco Platone, che furono tradotti dal greco al latino. Nel periodo dell’umanesimo e poi del rinascimento, infatti, il pensiero platonico fu rivalutato proprio in funzione della portata del suo pensiero iniziatico ed esoterico. Sempre a Firenze, Pico della Mirandola diede il più importante contributo del tempo per lo studio della scienza cabalistica ebraica. I suoi libri, soprattutto La strega, dove si parla di un culto femminile fondato su orge sessuali, attirarono però l’attenzione della Chiesa, ragion per cui vennero messi all’Indice da papa Innocenzo VII. Papa Borgia divenne invece suo protettore. Quel pontefice spagnolo s’interessava degli antichi culti egiziani, tanto da far decorare il suo appartamento in Vaticano con raffreschi raffiguranti temi mitologici relativi alla dea Iside. Per i dotti umanisti e rinascimentali erano gli egiziani ad avere la chiave per aprire lo scrigno della sublime conoscenza superiore ed in particolare era la divinità femminile Iside ad aprire le porte per accedere alla parte più nascosta del pensiero e della personalità umana. Il rosacrociano Heinrich Cornelius Agrippa nel De occulta philosophia scrisse che è “il furore che vien dalla dea a trasmutare lo spirito dell’uomo in un dio attraverso l’ardore della sessualità”.

                                 Salone della Rosacroce: Dante ha gli abiti di Hugues De Payns, fondatore dell'Ordine templare
 

Già nel medioevo Dante Alighieri, il sommo poeta fiorentino, ispirato dalla letteratura dell’Amor Cortese, era entrato a far parte del circolo dei “Fedeli d’Amore” che era una filiazione del movimento dei trovatori della Linguadoca. I “Fedeli d’Amore” furono una confraternita elitaria di dotti letterati tesa a raggiungere un equilibrio culturale tra mistica, aspirazioni intellettuali ed istanze sessuali. Nel concetto di Dante, le Dame sono simulacri dell’idea del femminino sacro intese come saggezza e sapienza. La celebre “candida rosa” appare al sommo poeta solo alla fine del suo viaggio iniziatico della Divina Commedia. Come dirà Eliphas Levi, “il cielo dantesco si compone di una serie di cerchi cabalistici divisi da una croce come il pentacolo di Ezechiele, nel centro della croce fiorisce una rosa e noi vediamo apparire per la prima volta, pubblicamente, il simbolo della Confraternita dei Rosacroce”.

Il lavoro degli alchimisti rosacrociani tra il 1300 e il 1600 si muoveva su dunque due livelli: una parte riguardava gli esperimenti chimici con i metalli vili per creare l’oro e una parte riguardava la trasmutazione dell’adepto al fine di acquisire la vera Illuminazione attraverso pratiche di magia sessuale. L’alchimista Nicolas Flamel riteneva infatti che la magia sessuale donasse la longevità ai corpi.

                             Immagine alchemica: amore tra Sole e Luna
 

Nelle raffigurazioni rosacrociane dell’epoca rinascimentale, la Grande Opera, cioè l’unione carnale dei principi maschile e femminile, è ben rappresentata dall’Ermafrodito, che è l’unione tra il dio Hermes e la dea Afrodite. Ed è in questo periodo infatti che la raffigurazione del   Bafometto templare assume le caratteristiche di un ermafrodito: divinità maschile con le mammelle e con testa di animale, molto simile alla divinità gnostica Abraxas. 


 

Si noti come il Bafometto templare alzi ed abbassi le braccia in maniera speculare, con l’indice destro verso il cielo e quello sinistro verso la terra, come nel segno di riconoscimento degli iniziati alla Fraternità dei rosacroce, nel senso gnostico di “come in alto, così in basso”.

                                                                   Dio gnostico Abraxas

Nel catechismo rosacrociano, poi, la croce per eccellenza è quella ansata, quella egiziana, portata in processione durante le feste in onore di Iside e Osiride. Anch’essa ha in sé un richiamo sessuale-magico: è formata da un triplice fallo maschile e un’asola che rappresenta l’organo femminile, la vulva.

                                                             La croce egiziana, l'Ank

Nell’allegoria rosacrociana rinascimentale diventa la Rosa. La studiosa Barbara Walker scrive a tal proposito che La Rosa era il Fiore di Venere per i romani. “Le parole dette sub rosa, cioè sotto la rosa, erano parte dei misteri sessuali di Venere che non dovevano essere rivelate ai non iniziati”.


 …continua…

Un caro saluto,

Michele Allegri