mercoledì 13 ottobre 2021

13 OTTOBRE 1307-13 OTTOBRE 2021. IL DOPPIO PROCESSO AL TEMPLARE PIACENTINO JACOPO FONTANA

 


Care amiche, amici, bloggers e semplici curiose/i,

sono passati 714 anni dall’arresto dei cavalieri Templari sul suolo francese avvenuto il 13 ottobre del 1307. 10 mesi dopo, precisamente, l’8 Agosto del 1308, il pontefice Clemente V scrisse a Poitiers una Bolla papale, la Faciens Misericordiam, poi pubblicata 4 giorni dopo, nella quale ordinava a tutta la cristianità di raccogliere le deposizioni dei Templari e di inviarle ad Avignone. In quella sede il papa si riservava di decidere sul destino dell’Ordine.

Le indicazioni del papa contenute nella Bolla erano chiare: “tutto quanto l’Ordine dei Templari ed ogni singolo cavaliere ha commesso nefandi e scellerati orrendi crimini di eresia e in più rinnegano la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo e tra le grandi perversioni sessuali, senza timore e con cattivo orgoglio, sputano sul crocifisso”. Ordinava quindi agli inquisitori, sotto pena di scomunica, di confiscare i beni mobili ed immobili dei ripugnanti templari che dovevano servire per sostenere le spese di guerra in Terrasanta.

Il Pontefice, infine, dava disposizione affinché si creassero commissioni papali incaricate d’istruire i processi sui singoli casi. Quella italiana era composta dall’arcivescovo Rinaldo da Concorezzo, dall’arcivescovo Giovanni di Polo, dai vescovi Lottieri della Tosa e Rainerio del Porrina.

7 furono i cavalieri templari arrestati a Piacenza. Ecco i loro nomi

-Fra’ Jacopo Fontana, precettore dell’Ordine a Milano fin dal 1304.

-Fra’ Raimondo Fontana

-Fra’Giacomo Fontana

- Fra’ Mauro

-Fra’Guglielmo Da Pigazzaro

-Fra’Pietro Caccia

-Fra Jacopo

Processati tra il 17 e il 21 Giugno del 1311, furono tutti assolti per ordine del vescovo di Ravenna Rainaldo da Concorrezzo, la città che era l’epicentro dell’eresia catara. Papa Clemente V, infuriato per l’assoluzione, scrisse al vescovo qualche giorno dopo, ritenendo illegittimo il suo verdetto.

Quasi un anno dopo l’assoluzione, per ordine dell’Arcivescovo, del vescovo e dell’inquisitore di Lucca, l’ex templare piacentino Jacopo Da Pigazzaro fu di nuovo arrestato, imprigionato e posto a processo come eretico il 24 ottobre del 1312.

In quell’occasione il cavaliere ammise di essere un eretico, un sodomita, di aver sputato sul crocifisso e di aver negato la divinità di Gesù Cristo.

Papa Clemente V ottenne quindi soddisfazione per il nuovo esito del processo.

 


giovedì 22 luglio 2021

IL PENTACOLO MAGICO E STREGONESCO NELLA CHIESA TEMPLARE DI SANTA MARIA DO OLIVAL

 

           PARTICOLARE DEL PENATACOLO MAGICO E STREGONESCO SU UN MURO ESTERNO DELLA CHIESA




Car* amic*, bloggers e semplic* curios*,

come sapete, l’Ordine del Tempio ricevette molte donazioni e finanziamenti da parte dei sovrani e principi europei e dal re di Gerusalemme. Con questi soldi i fratelli templari pagarono le corporazioni muratorie, in Europa e nella Terra Santa, per edificare tutta una serie di costruzioni: castelli, fortezze, case, magioni, chiese.

In territorio iberico, dove i Templari ricevettero fiumi di denaro per operare contro i Mori nella cosiddetta Reconquista nonostante i risultati assai scarsi a causa dell’indolenza militare della Milizia cristiana, un posto rilevante nella storia dell’Ordine lo occupa sicuramente il Regno del Portogallo.

Nel 1128 Teresa, contessa del Portogallo, protettrice e “sorella dell’Ordine dei Templari” aveva donato alcune proprietà a favore dell’Ordine. Tra queste il castello di Soure. Raimondo Berengario III, conte di Barcellona, nel 1130, invece donò all’Ordine alcuni suoi castelli, precisamente 6 in Portogallo.

29 anni dopo, Alfonso I il battagliero, re d’Aragona, di Navarra e del Portogallo, mise a disposizione dei Templari (ma anche degli Ospitalieri e dei cavalieri del Santo Sepolcro) molti dei suoi possedimenti, tra cui la regione di Cera, fino a quel momento disabitata.

Il documento della donazione non recava il sigillo in ceralacca ma una sorta di marchio in cui era impresso un monogramma con le iniziali greche X (chi) e P (rho). Attorno il titolo e il nome del re “Alfonsus Rex” e internamente erano indicati i figli del re come testimoni della donazione: “Cum Filiis Suis”. Dalla disposizione delle lettere intorno al monogramma di Cristo si componeva poi la parola “Port o Graal”.

Il nome del Regno sarebbe quindi collegato con il celebre oggetto magico  di retaggio pagano, chiamato Graal, la cui letteratura è coeva alla storia dell’Ordine del Tempio.

Tra i possedimenti templari in Portogallo, degna di nota è la chiesa di Santa Maria do Olival in Tomar, all’interno della quale si possono ancora ammirare diverse sepolture di cavalieri come quella del Maestro Lourenço Martins e Maestro Gil Martins. Essa fu costruita per volontà di Gualdin Pais, la cui sepoltura all’interno della chiesa è visibile per la presenza di una pietra di 50 cm posta a lato di una delle pareti interne della chiesa. Un tunnel sotterraneo la collega con la fortezza templare di Tomar.

                                           CHIESA TEMPLARE SANTA MARIA DE OLIVAL

Gualdin Pais, la cui statua campeggia proprio in questo luogo, fu un cavaliere templare. Nel 1157 venne nominato Maestro provinciale del Tempio del Portogallo e sepolto in questa chiesa dal 1195

                                           STATUA DEL MAESTRO TEMPLARE GUALDIN PAIS

Questa chiesa presenta l’ossessione per il numero 8, simbolo dell’infinito e numero cabalistico caro ai Templari: 8 colonne, 8 gradini, rosone di 8 metri…


Risalta poi la pluri-presenza del pentacolo magico: la stella a cinque punte racchiusa in un cerchio. Uno in particolare è inscritto in una rosa pentalobata, simbolo che sarà usato nel 1600 anche dalla Confraternita Invisibile dei Fratelli Rosacroce.


La stella a cinque punte, o fiammeggiante, è l’antico simbolo rappresentativo della dea Babilonese Isthar e di Venere. Fu usato anche dalla scuola dei  Pitagorici, in quanto la stella contiene la sezione aurea, la stessa simboleggiata dall’Uomo di Vitruvio di Leonardo da Vinci.

PENTACOLO E UOMO DI VITRUVIO DI LEONARDO


 
Essa è la rappresentazione geometrica dell’Umanità. Nei culti misterici essa disegnava anche il Grande Architetto dei mondi o Demiurgo.

I cinque elementi che la stella esprime dalla punta, in alto, facendo un giro sinistroso, sono: 1 spirito/etere; 2 aria; 3 Fuoco; 4 terra; 5 acqua.

Nel medioevo, cioè in epoca templare, il pentacolo assume una valenza stregonesca. Nell’antica religione o stregheria emiliano-toscano medievale, è infatti il simbolo della Signora del Gioco (o del Sabba), chiamata anche Erodiade, la cui festa celebrativa, nella quale nobili e popolani si accomunavano in danze e banchetti sfrenati, avveniva la notte tra il 23 e il 24 Giugno (la notte di San Giovanni o delle streghe).

PENTACOLO MEDIEVALE, SIMBOLO DEL POTERE DELLA SIGNORA DEL SABBA O ERODIADE

Il pentacolo templare, presente in questa chiesa, ha quindi una pluri -valenza: mistica, esoterica, magico-stregonesca, alchemica e matematica, tutte insieme.

Per gli amanti della storia dell’Ordine, vale la pena di visitare questa chiesa!

Un caro saluto a voi tutti,

Michele Allegri





domenica 2 maggio 2021

ELVIS PRESLEY E IL PRIORATO DI SION: TUTTA LA VERITA'

 Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

nel numero di Maggio della rivista Mistero del gruppo Mediaset, troverete il mio articolo dal titolo

"Elvis Presley e il Priorato di Sion: tutta la Verità!"

Correte in edicola a comprarla!

Un saluto dal vostro,

Michele Allegri



mercoledì 28 aprile 2021

IO TESTIMONIAL DELLA GIORNATA MONDIALE DEL LIBRO

 Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

qui sotto il link con il mio video per la giornata mondiale del libro, detta anche delle Rose. Ho letto due brani del saggio "L'illuminismo dei Rosacroce" della prof.ssa Yates.


https://primamonza.it/cultura/lo-scrittore-michele-allegri-e-lilluminismo-dei-rosacroce/







martedì 6 aprile 2021

GRAAL: L'OGGETTO SACRO E MAGICO DEI CELTI, DEI TEMPLARI E DEI CATARI.

 

                                                           


domenica 14 marzo 2021

L’OMICIDIO RITUALE DEL SACERDOTE ANTOINE GELIS


 Care amiche/i, bloggers e semplici curiose/i,

nel piccolo e malandato cimitero di Coustaussa, un minuscolo villaggio francese della Regione dell’Aude in prossimità dei Pirenei, si trova una tomba particolare, quella del sacerdote Antoine Gèlis, parroco della città dal 1857 al 1897. Sulla sua lapide, ormai erosa dal tempo e dalle intemperie, vi è una scritta che dice “Assassinato in questa parrocchia, vittima dell’odio di persone malvagie nella notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre del 1897”.

Sulla lapide, al posto della consueta croce latina con o senza la figura di Gesù, c’è   invece una croce greca con al centro una rosa marmorea che ci rimanda alla Fratellanza segreta dei Rosacroce, della quale han fatto parte scienziati, medici, scrittori, filosofi, ecclesiastici di rango dalla fine del 1400 in tutta Europa.

Diversamente da tutte le altre tombe all’interno dello stesso cimitero, che sono rivolte a Sud, la tomba di questo parroco è rivolta a Ovest, precisamente in direzione della chiesa di Santa Maria Maddalena, conosciuta ai più come la chiesa di Bérengere Saunière, il parroco che ha reso celebre in tutto il mondo la città di Rennes-le-Château, nella Regione dell’Aude (che corrisponde al greco Ade o regno dei morti), in Linguadoca.

Proprio in Linguadoca o Occitania, l’Ordine dei Templari aveva avuto nel Medioevo più di un terzo dei suoi possedimenti immobiliari ed aveva espresso nel 1156 un Maestro Supremo o Gran Maestro nella persona del nobile Bertrand De Blanchfort, esponente di una potente famiglia locale che aveva fama di praticare l’alchimia e la magia e che aveva dato un aiuto militare in difesa degli eretici catari contro le forze papaline.

L’omicidio rituale di don Gèlis fu compiuto ritualmente nella notte magica di Halloween, un’antica festa pagano-celtica in onore dei defunti che tornano in vita. Non è un caso che le leggende locali della Linguadoca indicano questi territori come i luoghi di deposito del Graal, il mitico oggetto pagano-cristiano in grado di donare immortalità o di far resuscitare i morti.

Il parroco aveva 70 anni, avrebbe dovuto andare in pensione proprio il 1° novembre. Due o tre persone gli fecero visita quella notte. Si fecero aprire il portone di casa da lui e dopo averlo torturato, lo uccisero nel presbiterio tra mezzanotte e l’una del mattino, spaccandogli la testa con un attizzatoio. Secondo la nipote ed i vicini di casa, il parroco conosceva bene chi lo aveva ucciso. Di sera, infatti, non era uso aprire la porta se non ad amici, cioè a parroci e a parenti. La porta era sempre sbarrata e preceduta da un campanello che segnalava con il suo forte rumore il passaggio di chiunque. Poco tempo prima, sempre nel presbiterio, erano penetrati alcuni ignoti individui mascherati col fine di trovare qualcosa di nascosto.

La polizia e il magistrato che accorsero l’indomani sul luogo del delitto, la casa del curato che si trova ad una decina di metri dalla sua chiesa, definì il delitto “crudele e di natura rituale, scaturito all’interno di un gruppo legato da saldi vincoli di omertà”. Il verbale riporta per ben tre volte la frase in occitano mare de sang, cioè mare di sangue. Il decesso risulta che sia avvenuto dopo un’aspra lotta nella quale “il sacerdote dalla corporatura minuta ed esile” fu sopraffatto dalla furia degli omicidi.



Si ipotizzò che gli assassini fossero esecutori di ordini altrui, di persone molto benestanti, acculturati e conoscenti della vittima e delle sue abitudini. Gèlis lottò con tutte le sue forze per raggiungere la finestra che dava sulla strada forse nel tentativo di chiedere aiuto. Uno dei killer, invece, impugnò un attizzatoio del camino e colpì con ferocia e ripetutamente la vittima alla nuca e alla schiena, badando bene a che non morisse subito ma agonizzasse lentamente, quasi nel tentativo di farlo parlare.Il corpo poi fu composto dai killers a terra, sulla pozza di sangue, con le braccia conserte sul tronco. Su di esso fu trovato un biglietto, scritto su una cartina di marca Le Tsar, sigarette non esistenti in commercio in Francia perché vendute solo in Russia, Romania, Ungheria, proprio dove il vicino ed amico parroco Saunière aveva aperto dei conti correnti bancari anomali.

Su quella cartina di sigaretta gli assassini scrissero le seguenti parole, dal basso verso l’alto e l’una sopra l’altra, Viva Angelina dove la a piccola di Viva è sulla stessa linea verticale della A grande di Angelina, come a formare la sigla aA, un’organizzazione segreta della Linguadoca definita come un “circolo esterno” della Compagnia del Santissimo Sacramento e dedita a pratiche di magia egiziana.

La Compagnia o “Cabala dei devoti” era molto forte in Linguadoca, nonostante avesse la sua sede principale a Parigi. Nacque e si mosse in concomitanza al proliferare sui muri della Capitale francese di misteriosi manifesti che annunciavano la presenza del Collegio Invisibile dei Fratelli della Rosa-Croce in città. La Compagnia era governata da un “cenacolo invisibile” e ad essa erano affiliati nobili, giudici, ecclesiastici ed avvocati, molti dei quali erano legati al re di Aragona.

Per tornare al delitto in questione, gli assassini, dopo l’omicidio, aprirono la borsa del prete e la frugarono “non per rubare ma solo per cercare qualcosa”, come scrisse il magistrato. Forzarono anche la serratura di una cassetta. La lasciarono aperta. In essa la polizia trovò 1.500 franchi dell’epoca, monete d’oro e molti titoli al portatore e non solo. C’era un quadernetto con annotazioni commerciali: prestiti al curato di Trebes, denaro investito in obbligazioni ferroviarie, note scritte di pugno dal curato, circa 13.000 franchi (di allora), nascosti in sagrestia, sotto il tabernacolo, sotto una roccia ed in altri nascondigli particolari. Denaro che poi puntualmente fu trovato dalla polizia.


Come Saunière, anche Gèlis, non era quel “povero curato di campagna” che appariva.

A cosa doveva servire tutto quel denaro nelle disposizioni dei due sacerdoti? Quale Mission dovevano portare a termine? Per conto di chi? E perché fu ucciso Gèlis?

Per incamminarvi verso la soluzione del caso, non vi resta che leggere il mio libro “Enigma Esoterico”, un e-book che trovate su Amazon.


… continua…

Michele Allegri


venerdì 5 marzo 2021

IL SOGNO DI POLIFILO: UN VIAGGIO INIZIATICO ROSACROCIANO

 

                                                      edizione inglese del Sogno di Polifilo


Care amiche/i, bloggers e semplici curiose/i,

il Sogno di Polifilo, o Combattimento amoroso di Polifilo in sogno, è un romanzo dell’epoca umanista-rinascimentale scritto nel 1467 dal monaco domenicano Francesco Colonna, signore di Palestrina e stretto collaboratore di papa Borgia. Esso si configura come un’Opera letteraria allegorica e alchemica rosacrociana. La sua prima pubblicazione avvenne nel 1499 per opera del veneziano Aldo Manunzio. Poco dopo il romanzo si diffuse presso le corti europee.

Come asserisce il grande psicanalista C.G. Jung, “Il linguaggio simbolico dell’Alchimia mostra l’affiorare delle strutture profonde e permanenti, archetipe, della psiche umana collettiva”. I testi allegorici e alchemici sono nella visione di Jung una sorta di sogno in cui si manifestano gli archetipi, proprio come il testo che andiamo ad analizzare.

I protagonisti del romanzo sono una coppia antinomica e due amanti, Polifilo e Polia.

Polifilo fa un sogno: per ritrovare Polia scomparsa, giunge in una foresta selvaggia, una sorta di selva oscura popolata da pipistrelli e qui incontra il Dragone che lo inizia e lo porta a compiere un viaggio all’interno delle viscere Terra secondo lo schema dell’acronimo latino rosacrociano V.I.T.R.I.O.L. (visita le viscere della terra e troverai la pietra nascosta). Poi, come nella Commedia dantesca, l’iniziato passa dalla discesa all’ascesa, in questo caso verso una sorta di paradiso terrestre, nel quale Polifilo abiura il cristianesimo considerato una falsa dottrina religiosa e, al cospetto della dea pagana Venere, che rappresenta il veicolo per arrivare alle conoscenze superiori ma anche le forze lunari e terrestri, riceve una sorta di secondo battesimo.

                                                    Polifilo iniziato dal drago
 

La Venere del racconto del sogno di Polifilo ha appunto connotazioni lunari, una potenza ctonica che la rende simile ad Iside, la dea egizia dell’Oltretomba, Signora della vita e della morte.

Il viaggio di Polifilo ricorda infatti quello di Ulisse nell’Odissea nella quale il pelagio invoca il potere di Iside, “insieme a divinità e demoni del popolo dei morti”.

Dopo che i culti isiaci furono proibiti nella Roma imperiale, proprio a Firenze, in epoca umanistico-rinascimentale, sotto lo sguardo vigile di Cosimo De’ Medici, Marsilio Ficino riscopre il potere alchemico e magico della dea egizia, traducendo le opere di Ermete Trimegisto, in particolare l’Asclepio e Il Pimandro. Negli ambienti rosacrociani del 1400 simboli e temi riferibili all’Antico Egitto, a Iside e all’alchimia verranno ripresi frequentemente, tanto che Campanella, Ficino, Pico della Mirandola, Agrippa, Botticelli, Guercino si ispireranno ad essi nelle loro opere letterarie e artistiche. In particolare Guercino entrerà a far parte del “mondo rosacrociano” dopo aver avuto contatti con il patrizio veneziano Francesco Zorzi, abate francescano, architetto e cabalista, che ebbe un ruolo chiave nello sviluppo dell’alchimia e dell’ermetismo rinascimentale e influenzò la corte inglese.

                                                     immagine alchemica-rinascimentale

Proprio nel Regno Unito, come ha ben studiato la prof.ssa Yates, il pensiero rosacrociano fu fautore dell’incontro tra esoterismo e scienza, tra occultismo e razionalismo, così come lo era nell’Antico Egitto. Questo pensiero, alchemico e rosacrociano, infatti, ha influenzato molte branche del sapere, dalla psicologia junghiana all’arte simbolica, passando per il mondo scientifico, in particolare la fisica quantistica. E lo ha fatto dando una grande importanza alla segretezza, cioè alla trasmissione esoterica della dottrina e delle tecniche alchemiche. I testi, come il Sogno di Polifilo, risultano infatti ostici e incomprensibili agli occhi dei profani della dottrina.

In un testo rosacrociano del XV secolo, il Rosarium Philosoficum sta scritto che “soltanto colui che sa come ottenere la pietra filosofale capisce le parole che lo riguardano… là dove abbiamo parlato apertamente, in realtà non abbiamo detto nulla, là invece dove abbiamo scritto o detto in modo cifrato o figurato, abbiamo celato la Verità”.

Questo per dire che il linguaggio rosacrociano è segreto: solo chi intraprende una lunga e tortuosa via iniziatica verso la Conoscenza, potrà magicamente, arrivare all’Illuminazione e alla comprensione.

                                                         albero della conoscenza rosacrociana

Essere introdotti nei segreti di un’Arte come quella alchemico-rosacrociana, significa sottoporsi ad un’iniziazione, così come fa Polifilo, uno dei due protagonisti del romanzo. I filosofi e scrittori ermetici del 1400 e 1500, come Francesco Colonna, con i loro messaggi e le immagini simboliche oniriche, intendevano giungere alla Conoscenza attraverso le esperienze sensitive ma non solo. Il padre del pensiero illuminista, il filosofo Emmanuel Kant arriva addirittura a fare una sintesi della ricerca tra sensismo ed approccio metafisico: l’uomo può conoscere l’Assoluto e quindi la Verità, attraverso l’intuizione, in particolare quella artistica. L’intuizione non è affatto un processo logico-razionale, induttivo o deduttivo, in quanto salta questi passaggi logici essendo un’illuminazione immediata, espressione della genialità umana che afferra la Verità con l’intuizione.

Per questo motivo possiamo dire che la ricerca esoterica precede e la scienza segue.

Gli ambiti del pensiero rosacrociano si dirigono quindi verso una triplice direzione: la dimensione pratico-scientifica, quella psicologico-magico-onirica, quella filosofico-spirituale. In tutti e tre i casi, si opera una trasmutazione: della materia, del pensiero e della spiritualità.

                                      La Cabala ebraica, la scienza rosacrociana

Chi è amante dei viaggi, potrà sicuramente visitare la chiesa belga di Liegi, quella della Santa Croce. Lì dentro potrà trovare un piccolo mausoleo la cui iscrizione è stata decifrata da Paul Saint-Hilaire in base al Sogno di Polifilo del Colonna.  A suo avviso, il marmo nero sarebbe stato tagliato secondo le indicazioni fornite dal Colonna nell’edizione del 1535. Utilizzando questo procedimento l’iscrizione darebbe la parola ROSA collocata proprio sotto la CROCE…

 …continua…

Michele Allegri


mercoledì 24 febbraio 2021

LA COMPAGNIA DEL S.S. SACRAMENTO: I ROSACROCE ENTRANO IN CHIESA, IN SILENZIO…

                                                   

                        sopra simbolo ufficiale della Compagnia del SS. Sacramento dell'Altare


Care amiche/i, bloggers e semplici curiose/i

uno degli esempi di maggior penetrazione della fratellanza dei Rosacroce all’interno della chiesa cattolica fu senz’altro la Compagnia del Santissimo Sacramento dell’Altare, detta anche dei “Devoti della Cabala”, proprio per l’interessamento devozionale che i membri avevano per questa dottrina esoterica ebraica.

La parola “Sacramento” ha un doppio significato: deriva dal greco e significa “ciò che è segreto” oppure, nella declinazione del suo infinito, sacramentare, significa bestemmiare.

“Segretezza ed empietà” furono infatti le accuse rivolte agli appartenenti di questo sodalizio da parte della Compagnia dei Gesuiti che spinsero poi il re di Francia, Luigi XIV, a scioglierla, nel 1666, dopo sei lunghi anni di ordinanze.

La Compagnia era potente, aveva affiliati dappertutto, nel parlamento, nella magistratura e nella polizia.

Lo stesso arcivescovo di Tolosa, nel 1651, parlò della Compagnia come un’organizzazione alla ricerca del potere ed “empia, con riti d’iniziazione irregolari”.

Tutto questo non ci può che far ricordare la nota vicenda dei Templari…

                                                                      Cabala ebraica

La Compagnia nacque nel 1627 per impulso della nobiltà eretica e saturnina della Linguadoca, in particolar modo dal duca Henry De Levis, appartenente alla Società Rosacroce d’oro fondata da Frederic Rose nel 1622. I De Levis furono una potente famiglia della Linguadoca, originaria del villaggio di Levis, un antico insediamento ebraico nel sud della Francia.

 

Anche se il quartier generale della Compagnia aveva sede nella chiesa di San Sulpicio a Parigi, la sua forza era certamente nel mezzogiorno della Francia, precisamente in Linguadoca, e più precisamente nel dipartimento dell’Aude (per citare alcune città di questa zona: Carcassonne, Tolosa, Levis, Alet-les-Bains, Rennes-le-Château, Le Serpent).

 

                                        Chiesa di San Sulpicio a Parigi


La chiesa parigina di San Sulpicio fu appositamente costruita là dove in epoca romana, vi era un grande tempio dedicato alla dea egizia Iside. Non è poi un caso che questa chiesa sia stata dedicata a Sulpicio, che fu vescovo di Bourges, “la città dell’alchimia” del periodo medievale che si trova al centro della Francia e ne rappresenta l’ombelico magico-energetico.

Come ho già ricordato in precedenti post, l’Alchimia è l’arte della pietra filosofale il cui studio e relativa pratica viene fatta risalire all’antico Egitto.

                                              Cattedrale alchemica di Saint Etienne a Bourges


La festa di San Sulpicio si celebre il 17 gennaio che è, come ho già ricordato, la data principe per maghi, occultisti ed alchimisti.

Nella chiesa di San Sulpicio sono ancora visibili simboli esoterici di marca pagana, gnostica e rosacrociana: un pentacolo alchemico o stella fiammeggiante è posto sopra la porta d’ingresso, il polpo degli abissi, con otto tentacoli, si trova sotto l’acquasantiera, una doppia SS speculare a forma di serpente è presente nelle panche di legno, immagini sacre del vecchio e nuovo testamento volutamente capovolte, allo specchio, dipinti ottocenteschi che rimandano ad un tesoro rubato e nascosto, che dimostrano che questa chiesa rimarrà per altri duecento anni almeno un punto di ritrovo per nobili e sacerdoti in odor di occultismo e per i loro alleati, tra cui i cattolici modernisti, scomunicati e condannati da san Pio X nel 1907.

                                                  il polpo degli abissi sotto all' acquasantiera

Molto particolare è la presenza dello gnomone da cui parte il meridiano zero, detto anche la linea della Rosa (la rosa mistica dei Rosacroce) che attraversa la Francia, passando proprio per questo luogo sacro.

La Compagnia si muoveva con disinvoltura e discrezione nelle stanze del potere francese ed era composta da nobili, studiosi laici e da ecclesiastici di rango che si mostravano ostili tanto al sovrano quanto al cardinal Mazzarino. La sua struttura era formata da cerchi concentrici, con una catena di comando che andava dal centro alla periferia.

Gli ordini erano impartiti dal “Cenacolo fraterno degli invisibili”, la sigla che indica la presenza della “Confraternita invisibile dei fratelli Rosacroce”.

Il cenacolo era formato da tre ecclesiastici. Il primo è il nobile Jean Jacques Olier, confessore della Regina d’Austria, arredatore della chiesa e celebre per le sue visioni soprannaturali. Il secondo è il nobile Vincent de Paul, di origini occitane, fondatore della Congregazione dei Lazzaristi. Il terzo è Nicolas Pavillon, il vescovo considerato dalla curia romana come il “protettore degli eretici”.

Oltre a loro, altri nomi noti erano quelli del conte Gastone d’Orleans, Il conte di Brassan, Francesco Luigi di Borbone, il Magistrato Guillaume de Lamoignon, Charles Fouquet, fratello del ministro delle finanze, il generale Henry de Pichery, la baronessa d’Arques di Linguadoca, Padre Charles de Codren, il Principe di Polignac, per citarne alcuni.

                     simbolo rosacrociano nella Chiesa di Santa Maria Maddalena a Rennes-Le-Chateau

 Per quanta riguarda Pavillon, ordinato sacerdote nel 1627, dieci anni dopo divenne stranamente vescovo della diocesi di Alet-les-Bains, in Linguadoca, un piccolo comune a 7 km di distanza dalla più celebre città di Rennes-Le-Château. Aderì al giansenismo e fu il capofila della lotta di gran parte del clero contro la monarchia francese e le direttive della curia romana.

Alet-les-Bains è un centro alchemico di primaria importanza. Vi abitò il noto medico, mago e veggente Nostradamus. La sua casa o meglio quella dei suoi nonni, entrambi di origine ebraica, era conosciuta appunto come la “casa dell’ebreo”. Nella fascia esterna della casa sono visibili alcuni simboli magici. Sulla trave più esterna c’è il sigillo di Salomone o stella di David inscritta in un cerchio. A fianco altri simboli: La S di Salomone a forma di serpente, una rosa, una corona con otto raggi, una croce templare.

                                                Il veggente e medico Nostradamus
                                   l'Esagramma o Sigillo di Salomone nella casa di Nostradamus

Ad Alet è ancora visibile anche la chiesa di Sant’Andrea con le sue vetrate che riproducono il sigillo di Salomone, i due triangoli sovrapposti che, nella dottrina rosacrociana, rappresentano le due divinità ed ancora il maschio e la femmina e/o il microcosmo ed il macrocosmo, fusi insieme.

                                   

                                      L'esagramma o Sigillo di Salomone nella chiesa di Alet-Les Bains

Gli Statuti della Compagnia accennano al “Segreto come anima della Compagnia”, il quale non doveva essere divulgato ad alcuno. “Divulgare il segreto, significa distruggere la Compagnia”.

Ed ancora “è assolutamente necessario custodire il Segreto, non rivelarlo a chicchessia, né agli amici più intimi, né ai parenti e nemmeno al confessore più affidabile. Nessun segno, nessuna parola di troppo”.

Le riunioni dovevano essere sempre segrete, gli Statuti e le liste degli iscritti non disponibili ad alcuno e, in caso di controlli, dovevano essere bruciati. La Compagnia che era di fatto una società segreta, praticava lo studio della cabala ebraica ed aveva un forte interesse per la magia egiziana e l’alchimia. Si diceva che vi fosse in Linguadoca, nella regione dell’Aude, un tempio sotterraneo dedicato ad Iside dove i membri della Compagnia si recavano per operare dei riti.

Infatti, in quella zona, molte saranno le organizzazioni neorosacrociane che dal 1700 tenteranno la restaurazione del culto di Iside sotto il patronato dell’occultista e rosacroce Jules Bois. Ci saranno l’Ordine della Rosa Croce di Tolosa con protagonista Papus poi trasformatosi nell’Ordine Cabalistico della Rosacroce di Stanislao de Guaita ed ancora, la Societas Rosacrociana e l’Ordine della Rosa Croce del Tempio e del Graal di Joséph Péladan. Quest’ultimo discendeva da una famiglia catara ed organizzò nel 1893 la celebre esposizione del Salone della Rosa+Croce con immagini riferibili al TAU, alla Croce greca, al Graal, al beaucent templare, alla rosa intrecciata con la croce”. Tra gli espositori il pittore Eugenio Delacroix che dipinse per la chiesa di San Sulpicio, già sede della Compagnia della Santissimo Sacramento.

L’ Iside dei Rosacroce è sicuramente estremamente lunare, dea dell’oscurità e delle pulsioni sessuali. Essa assorbe le caratteristiche di Demetra e Persefone, le dee dell’immortalità e del regno dei morti. Essa rappresenta anche il “messia femminile” o la “Grande conoscenza” che accompagna il fratello R+C verso il suo viaggio iniziatico che inizia sempre allegoricamente nelle viscere della Terra.

Una croce ansata, simbolo della dea Iside, è raffigurata su un bassorilievo proprio nella chiesa di San Sulpicio, sede della Compagnia del Santissimo.

                                          croce ansata di Iside nella Chiesa di San Sulpicio
 

Nel 1976 fu pubblicato in Italia un libro dal titolo “Le profezie di papa Giovanni”, oscure poesie in prosa attribuite senza alcuna prova ad Angelo Roncalli, papa Giovanni XXIII. In esso si sostiene che il “papa Buono” fosse un rosacroce, affiliato nel 1935 quando era nunzio apostolico in Turchia, paese nel quale visse per un po’ di tempo anche Saint Vincent De Paul, membro di alto grado della Compagnia del SS. Sacramento.

Come racconta Vincent de Paul stesso in una lettera indirizzata all’amico M. De Comet, egli fu fatto prigioniero dai turchi e poi venduto come schiavo ad un vecchio medico che lo iniziò alla pratica alchemica, promettendogli ricchezze e immensi saperi. 

Forse non tutti sanno che Papa Giovanni XXIII riprese il nome di un antipapa che aveva abdicato nel 1415 ed era stato vescovo proprio della cittadina alchemica di Alet-les-Bains, nei pressi dei Pirenei…

                                                        stola da sacerdote con croci e rose

Nemico giurato dei Rosacroce fu senz’altro il padre gesuita Gaultier che ebbe a dire “Non è privo d’interesse che il Sabbath generale degli Invisibili Rosacroce si tenga proprio nel labirinto che si trova nei pressi dei Pirenei”.

 …continua…

 Un caro saluto da Michele Allegri

Sacramento.

giovedì 18 febbraio 2021

LA PORTA MAGICA DEI ROSACROCE A ROMA

 




Care amiche/i, bloggers e semplici curiose/i,

in Piazza Vittorio, a Roma, è ancora oggi visibile la celebre porta magica o alchemica di Villa Palombara, costruita nel 1680. La porta rappresenta ed è espressione della misteriosofia della Confraternita dei Rosacroce che stavano nella Capitale. Viene giustamente collegata al potere della pietra filosofale e alla trasmutazione della materia, per via del fatto che il proprietario della Villa, il marchese Massimiliano Savelli Palombara, era un alchimista, un mago, un esoterista appartenente alla Fratellanza della Rosacroce d’oro.

Il nobile romano era stato iniziato alla Fratellanza Rosacrociana grazie all’intermediazione di Cristina, regina di Svezia, nota cultrice e praticante di magia, alchimia e scienza, molto interessata al tema dell’Arcadia, la regione greca agreste nella quale agricoltori e pastori vivevano in pace, in sintonia con la natura nell’età dell’oro, sotto il regno di re Lycaone.

Il marchese Palombara era entrato anche a far parte dell’Accademia dell’Arcadia in Roma, fondata dalla regina di Svezia proprio a Roma nel 1690.  Il filone del tema arcadico era così fortunato presso le corti europee che coinvolse personalità in ogni campo del sapere. I membri si definivano Pastori.

La sede dell’Accademia dell’Arcadia fu donata da re Giovanni V del Portogallo ed ebbe Papa Leone XIII come membro attivo delle sedute arcadiche. Ad essa sarà collegata, in Roma, la Biblioteca Angelica.

Il Marchese, probabilmente innamorato di Cristina di Svezia, nel 1656, le dedicò un poema ermetico, carico di simboli e allegorie rosacrociane dal titolo La bugia: rime ermetiche e altri scritti, ancora conservato in Vaticano, e nel quale si fa riferimento palese all’Ordine della Rosacroce Aurea. Ospite della sua villa romana, la regina praticava col marchese esperimenti chimici nel laboratorio appositamente costruito, proferendo antiche formule magiche egiziane. Secondo i racconti dell’epoca barocca, l’alchimista Francesco Giuseppe Borni venne ospitato dal marchese, una notte, nella villa. L’uomo cercava all’interno del vivaio una pianta in grado di trasformare i vili metalli in oro. Poi, si racconta, attraversò per caso la porta “magica” e scomparve senza che di lui si seppe più niente. Scomparendo, lasciò a terra un manoscritto contenente simboli magici e alchemici riconducibili all’utilizzo della pietra filosofale o Graal. Il contenuto di questa pergamena fu appositamente fatto incidere dal marchese sulla porta in questione.




La porta ha quindi un significato innanzitutto simbolico: è un varco che permette all’iniziato ai misteri rosacrociani di raggiungere una dimensione superiore della conoscenza. Essa quindi è Ianua Inferi, cioè un passaggio verso gli inferi, nelle viscere della terra, nelle sue profondità là dove è ancora vivo il fuoco da cui nascono e muoiono gli elementi chimici della materia prima.


Sulla porta sono incisi chiari simboli rosacrociani, in particolare sul fregio, due triangoli sovrapposti, l’esagramma che rappresenta il macro ed il microcosmo, il maschile e il femminile, la coppia degli opposti, con simboli alchemici dell’oro e del sale, con una croce ed una scritta latina centrum in trigono centri, il centro è nel triangolo del centro.  Nel mezzo della croce c’è un punto. Questo diagramma ci riporta alla geometria. Dei due cerchi più piccoli che contengono la frase latina, quello esterno ha il diametro pari al raggio del cerchio interno della coppia più grande, quella che circoscrive l’esagramma. Esso, nel catechismo rosacrociano, viene chiamato anche “il gran sigillo di Salomone” o “doppio triangolo del re saggissimo” e rappresenta i due principi opposti della divinità, il dio della luce ed il suo riflesso argenteo, il Jehovah bianco e quello nero.

Questa è la rappresentazione del celebre sigillo riportato sul frontespizio dell’opera Aureum Seculum Redivivium scritta nel 1621 dal fratello rosacroce Madathanus, testo nel quale l’autore, anch’egli appartenente all’Accademia dell’Arcadia, si professa appunto iniziato alla fede rosacrociana che opera per la restaurazione della vera “età dell’oro”.

Data la comune appartenenza al circuito rosacrociano di molti scrittori del tempo, questo sigillo sarà appunto adottato dai nobili membri dell’Accademia dell’Arcadia e comparirà in libri come il Museaum Hermeticum di Lucas Jennis o in quello scritto da Wienner Von Sonnensfels nel 1747 dal titolo Splendor Lucis o ancora nell’opera Geheime Figurem des Rosenkreutzer dedicata al cavaliere e fondatore dell’Ordine Christian Rosenkreutz.

Il marchese, come ho scritto, apparteneva alla Fratellanza della Rosacroce aurea che aveva in Frederic Rose il suo Imperator, cioè la massima carica dell’Ordine. Questo ramo franco-tedesco, dal 1757, si sviluppò molto anche In Boemia, Ungheria e Russia raggiungendo il suo apogeo nel 1777.


Per tornare alla descrizione della porta, in essa compare un’altra scritta latina che dice Si sedes non is che ambiguamente vuol dire “se siedi, non vai” e nel suo contrario “se non siedi, vai”.

E poi ancora la scritta Aureum Seculum Redivivum che fa riferimento al ritorno dell’età arcadica dell’oro e Novus Ordo Saeclorum, il nuovo ordine dei secoli, una celebre frase esoterica riportato anche sul dollaro americano, sotto la piramide tronca con l’occhio del dio egiziano Horus, inscritto in un triangolo.

Sugli stipiti della porta magica possiamo osservare una successione di pianeti in associazione ai metalli: Saturno-piombo, Giove-stagno, Marte-ferro, Venere-rame, Luna-argento, Mercurio-mercurio.

Ad ogni pianeta corrisponde un motto di natura ermetica, dal basso verso l’alto a destra per poi andare dall’alto in basso, a sinistra, secondo la direzione del motto ebraico e cabalistico Ruach Elohim.

A fianco alla porta ci sono due statue che rappresentano i Bes che fungono da guardiani. Sono due nani mitologici dell’antico Egitto, due numi tutelari della casa, associati anche alla sessualità e al suo potere magico. Ancora oggi, queste stesse statue sono presenti nei giardini del Quirinale.

 

…continua…

Un caro saluto dal vostro Michele Allegri

 


venerdì 12 febbraio 2021

IL REBUS DEL QUADRATO MAGICO DEL SATOR, UNA MATEMATICA ESOTERICA

                                                                          

INTERMEZZO ENIGMISTICO


Care amiche/i, bloggers e semplici curiose/i,

Il quadrato magico è conosciuto già ai tempi dell’antico Egitto del IV e del V sec. a.C. e in Mesopotamia, è l’espressione della cultura ermetica. Lo si ritrova anche in Palestina, dove gli vengono attribuiti significati cabalistici e matematici. Molto diffuso anche in Europa in varie epoche, in quella romana per esempio, nella quale è in rapporto con la divinità di Saturno. È facile fare il collegamento per esempio tra le prime tre lettere di Sat-or e di Sat-urno.

Nel medioevo il quadrato magico SATOR si ritrova per esempio in Linguadoca, inciso su una pietra di una chiesa di Albi dall’eretico cataro Qiroi. Questo rompicapo o rebus è assai presente nei castelli, nelle magioni, nelle commende dell’Ordine del Tempio costruiti in prossimità di luoghi sacri ai celti, conosciuti come “zone di energia tellurica”. Secondo la prof.ssa Bianca Capone, il quadrato magico sarebbe stato utilizzato dai frati-templari durante le iniziazioni segrete.

Ancora oggi, i fra-massoni, in ricordo dell’usanza templare, utilizzano il “quadrato di loggia” durante le tornate, cioè le riunioni rituali.



Il quadrato magico si compone di una frase in forma palindroma che cioè può essere letta in qualsiasi direzione.

SATOR

AREPO

TENET

OPERA

ROTAS

Alcune parole sono loro stesse palindrome, leggibili da destra a sinistra e viceversa.

ROTAS-SATOR

TENET-TENET

OPERA-AREPO

Il significato è ancora oggi un mistero. Potrebbe voler dire: Il seminatore o contadino, sul suo carro, guida, con il suo lavoro o con cura, le ruote.

Tutte le parole sono in latino, tranne Arepo che è un vocabolo gallo, forse il nome del contadino o seminatore.


Molto interessante è il SATOR che si trova nel duomo di Siena. La Toscana umanista e rinascimentale che diede grande impulso, sotto la signoria dei Medici, alla riscoperta del mondo magico ed ermetico dell’antico Egitto, aveva costituito un’alleanza culturale tra esoterismo e scienza. Nicolò Cusano, Marsilio Ficino e Pico della Mirandola si erano anche immersi nella cultura esoterica greca, con la riscoperta di Platone e delle sue opere più oscure. Ed è qui, in Toscana, che trova impulso il movimento rosacrociano italiano che si esprime con allegorie, simboli, rebus di parole, come il SATOR, una tradizione che mescola lo studio della matematica, della geometria, dell’astronomia con l’astrologia, l’alchimia, la magia e la cabala ebraica.

 ...continua...

Un caro saluto dal vostro Michele Allegri