Care amiche,
amici, bloggers e semplici curiose/i,
la presenza
in Emilia e nella Romagna della figura della Domina ludi ossia la
Signora del Gioco detta anche “Signora del Corso” è attestata fin dall’epoca
Rinascimentale da due tipi di fonti: i processi della Santa Inquisizione e i
trattati sulla stregoneria.
I processi inquisitoriali di Modena indicano il monte Valestro, nel Reggiano, come il luogo deputato ad ospitare i sabba locali (qui chiamati con l’appellativo di Striazo), cioè i raduni in cerchio, con feste notturne gioiose nelle quali danzano e amoreggiano insieme cavalieri, dame, contadine e artigiani. Durante questi incontri ci sono banchetti golosi dove consumare prodotti della terra, frutti, burro, formaggi, vino, acqua e pane rigorosamente non salato. Spesso si assiste a un rovesciamento e a un ribaltamento simbolico che si traduce come un momento per poter trasgredire agli interdetti fino a quel momento rispettati, lanciando cosi la sfida alla nuova religione monoteista e maschilista. E così, talvolta, durante i sabba emiliano-romagnoli, i maschi si vestono da donna e le donne da maschi.
Il termine
Sabba o per usare un suo sinonimo, Sinagoga, molto usato in alcuni documenti
francesi, proviene senza ogni dubbio dallo Shabbat ebraico durante il quale
veniva svolti alcuni rituali magici. I Sabba emiliano-romagnoli si svolgono
otto volte al mese, la notte tra domenica e lunedì e la notte tra giovedì e
venerdì. La più antica menzione di un Sabba rimonta al Medioevo, precisamente
al 1330 data che segna il primo processo a Carcassonne contro un’anziana donna
dedita a pratiche magiche. Questa festa rappresenta una sopravvivenza di
antiche feste pagane che inutilmente la dottrina cristiana e il suo braccio
inquisitoriale hanno vanamente cercato di cancellare o di sopprimere. La
Signora che è al centro del corso o del sabba rappresenta l’archetipo della
femmina in rivolta contro l’oppressione della chiesa cattolica che vede in lei
la causa del peccato originale. Essa, invece, durante i Sabba è venerata come
madre delle scienze moderne attraverso la sua specifica conoscenza della
natura, dei corpi e della medicina guaritrice.
Alla Signora
del Gioco, figura femminile per antonomasia, si attribuiscono svariati nomi, da
Diana ad Erodiade o Erodiana oppure nella tradizione della stregheria
emiliano-romagnola essa viene spesso chiamata la “Sapiente Sibilla” o la “Signora
d’Oriente” o ancora con l’appellativo di “donna del Corso”, come
scriverà il frate domenicano Leonardo Alberti nel 1524.
Essa ha la
capacità di indottrinare i presenti al raduno festante sulle arti magiche delle
erbe e sul trattamento degli animali. Spesso chi rappresenta la Grande dama è “assisa
su un alto trono e tutti i festanti l’adorano come la Regina. Essa prende la
parola per insegnare a medicare e a recare sollievo alle sofferenze di cui si
ignora la causa” dirà il domenicano Isidoro Isolani durante un processo a
Milano.
Di questa
figura imponente e importante in Emilia e Romagna se ne farà accenno anche in
un processo mantovano del 1498 che si può leggere nel Fondo Inquisizione
dell’Archivio di Stato di Modena: essa viene descritta come figura femminile
che possiede forte autorità sulle erbe e sulle fiere. La credenza nei poteri
occulti delle erbe si manifesta già sul finire del 1400 proprio quando le erbe
diventano il principio attivo della prima forma di farmacologia. Si usano
decotti, infusi, linimenti, suffimigazioni assieme a parole magiche, scongiuri
e monili da appendere al collo. Presso molte famiglie nobiliari dell’Emilia si
pratica la medicina astrologica che ha punto di riferimento la Nostra Signora
del Gioco o delle Erbe.
Questo tipo
di medicina attribuisce al potere dei pianeti e al loro influsso sul corpo
umano la natura di una malattia. Per esempio Saturno, da sempre rappresentato
come divinità con il falcetto semilunare impugnato nella mano sinistra, è
considerato malinconico e freddo. Esso domina l’orecchio destro, la vescica e
la milza, secondo il medico Tolomeo. La medicina magico-astrologica rappresenta
nell’Emilia Romagna un’antica tradizione che dal Medioevo giunge al Seicento
praticamente senza interruzioni. Medici astrologi lavorano presso le coorti
delle nobiltà locale, dai Montefeltro ai Malatesta e presso le Università. Ci
sono i forlivesi Bonetti e Allegretti, i ferraresi Mainardi e Fanti, il
reggiano Augustoni e il modenese Rocca, per citare solo alcuni nomi. Essi
vengono chiamati anche “i compilatori lunari” in quanto prescrivono che la
somministrazione di erbe medicinali non debbano essere prese quando la luna è
piuttosto calante né quando sia troppo vicino al novilunio ma solo quando la
luna attraversa i segni umidi.
Proprio in
questo periodo, politica e pratiche esoteriche diventano ottimi alleati nella
zona dell’appennino tosco-emiliano. E’il caso per esempio dello stretto
rapporto tra l’etrusca Caterina de Medici e l’astrologo-medico Cosimo Ruggieri.
Egli è un mago, stregone, medico, astrologo, esperto in arte divinatorie,
filtri e oroscopi. Caterina che diverrà poi regina di Francia, non prenderà
alcuna decisione di potere senza prima consultarlo. La regina stabilisce che il
palazzo del Louvre sia il luogo più importante per i sabba di alto rango. Essa
porterà al collo numerosi talismani con incisi chiari simboli magici ebraici,
arrivando nel 1560 a portare sempre con sé uno specchio magico in grado di
farle vedere il futuro.
Alcuni
autori come Silvano Prieriate, Bartolomeo Spina e il filosofo neoplatonico e
rosacrociano G.F. Pico della Mirandola ci documentano il diffondersi del mito
della Signora del Gioco o del Corso attorno agli anni ’20 del 1500. Pico della Mirandola si addentrerà nel campo
del pensiero magico-esoterico attraverso la lettura di antichi testi della
tradizione egizia e della cabala magica ebraica.
Spina ci
indica nei territori emiliani, come luoghi dei Sabba, che vengono chiamati
“corsi” o “giochi”: il parco di Ferrara, il monte Paterno nel bolognese, la
zona pianureggiante intorno a Mirandola. In essa si può ammirare la “Signora
del Gioco”, detta anche la Maestra, “vestita in panni neri, che inchina la
testa fino a toccare col mento il petto di un’adepta, vestita di bianco con la
stola al braccio, la quale riceva l’omaggio”.
Le
popolazioni locali credono, senza alcuna esitazione, al potere che certe donne
hanno nel campo della guarigione e della divinazione. Nasce quindi un
atteggiamento di ambiguità, di attrazione e repulsione nel tentativo di molti
di apprendere i segreti delle arti magiche di queste vecchie donne, le discepole
della Nostra Signora del Gioco. In un’incisione di Hans Weiditz del 1532 si
nota al centro una vecchia Signora, una striazza (strega in dialetto
romagnolo), in una radura della foresta. Sopra il globo stellato che richiama
la concezione tra tempo astrale e tempo della raccolta delle erbe.
La Signora
del Gioco o del Corso, infatti, con la sua maestria, compie un’iniziazione di tipo lunare, insegnando
oralmente alle altre donne le virtù delle erbe e delle parole magiche che
sconfiggono malanni e malefici. Le donne così, esse stesse, costituiscono una
catena di trasmissione, da bocca a orecchio, di questa conoscenza, di
generazione in generazione. Nel Phytognomica del 1650 si troverà scritto
che alcune donne posseggono la conoscenza per raccogliere “antiche erbe che
hanno le foglie a forma di falce di luna che sono in possesso di virtù lunari e
che guariscono dai grandi mali”.
Come
prescritto poi nel culto della Signora del Gioco, le erbe vanno raccolte la
notte tra il 23 e il 24 Giugno, la festa di San Giovanni Battista, in
particolar modo la felce o il suo seme.
In un
processo bolognese del 1488 contro Fra’ Jacopo da Viterbo si parlerà di come il
frate si sia convertito alla stregheria emiliano- romagnola, come abbia
insegnato a molti uomini a fare sortilegi amorosi bruciando legno di cipresso e
di ginepro davanti ad un’immagine della donna desiderata. Si fa riferimento a
divinità pagane, in particolar modo a Cupido, figlio di Venere.
In un altro
processo, in questo caso contro don Guglielmo Camapana di Modena, del 1517, il
sacerdote dichiara ai suoi giudici di aver raccolto semi di felce nelle notti
di San Giovanni e di aver inciso su di essi simboli magici per poi appenderli
ai colli di coloro che soffrivano di “mal di caduco”.
In altri
casi si parlerà delle 15 stelle e delle 15 erbe che combinate insieme danno
poteri di guarigione eccezionale. L’operazione proposta è fare un anello magico
che abbia una pietra e un’erba. L’anello catturerà la forza della stella di
riferimento e chi porterà l’anello diventerà ricco. Le erbe da porre sotto la
pietra sono: anabola, finocchio, elleboro nero, marrubio, savina, chelidonia,
salvia, cicoria…”. Questa pratica viene considerata dal filosofo rinascimentale
Marsilio Ficino una forma di alta magia, con l’invito a procurarsi delle pietre
particolari come il magnete. Si vocifera anche infatti della possibilità di
praticare l’arte della mummificazione tramite questo amuleto, con la forza
sprigionata dal magnetismo.
La donna del
gioco, signora della magia, delle erbe e delle fiere del territorio
emiliano-romagnola si colloca ovviamente in uno spazio di memoria europea che
ci riconduce alla divinità pagane pre-cristiane fino ad arrivare, in un
percorso a ritroso, alla figura ancestrale della Dea Madre che sovraintende il
ciclo della Natura e della vita secondo il trittico vita-morte e resurrezione.
Essa è
infatti la dea dai “mille nomi”, come scrive Apuleio: la Potnia, Iside, Lilith,
Ecate, Arduina, Venere, Minerva, Cibele, Demetra, Persefone, Bèllisena e Diana,
la dea pagana romana. Legata al culto lunare, all’acqua e ai luoghi umidi, essa
rappresenta la dea madre con la sua conoscenza occulta e diviene protettrice della
magia. Il potere magico della Signora del gioco deriva infatti dal possesso di
un Verbo magico, di un alfabeto sacro in grado di dominare il mondo della Luna
e della Terra.
Tra il 1484 e il 1660, a causa della Riforma protestante e la fine dell’unità cristiana, in Europa si assiste alla rinascita della magia e della stregoneria, dalla Germania alla Francia, dall’Italia alla Spagna. Papa Innocenzo VIII, per reprimere l’eco del risveglio della magia nei territori tedeschi, sente il dovere di emanare una bolla, la prima sull’argomento, che fa iniziare il periodo detto di “caccia alla streghe”. La Signora del Gioco o del Corso, “la dea del passaggio verso l’oltre, la Dama della Nebbia”, come la chiama lo scrittore esoterista Michel Lamy, è al centro di questa caccia. Ciò nonostante il culto devoluto a questa entità femminile soprannaturale si perpetuerà sotto forme ed organizzazioni diverse nei secoli dei secoli.
Restando in
tema, per chi è interessato, vi consiglio la visita della mostra Stregherie (fatti,
scandali e Verità sulle sovversive della Storia), magistralmente organizzata da
Vertigo Syndrome, presso il Belvedere della Villa Reale di Monza, aperta fino
al 26 febbraio del 2023. www.stregherie.it
Un caro
saluto,
Michele
Allegri
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