Albero di Natale del Solstizio d'Inverno
Care
amiche/i, bloggers e semplici curiose/i,
forse non
tutti sanno che i giorni dei festeggiamenti natalizi hanno origine nel
paganesimo.
Se, infatti,
secondo i precetti della religione rivelata, il 25 dicembre è la data di
nascita di Gesù di Nazareth, figlio di Dio e Dio lui stesso, secondo la
religione pagana, nell’Italia centrale, in quella stessa data, si celebrava il
solstizio d’inverno, giorno di chiusura delle festività in onore di Saturno, la
divinità più amata della Roma antica, il cui giorno sacro era il sabato.
La religione
pagana era quella dei pagi, dei villaggi situati sui colli romani e che ad un
certo punto si unirono, dando impulso alla nascita della città capitolina.
Dalle campagne il culto del dio Saturno si trasferì nella neonata Urbe e
divenne preminente nel periodo monarchico, in quello repubblicano e imperiale
durante i quali quest’antica divinità legata alla terra e all’agricoltura,
veniva omaggiata con complesse cerimonie e riti chiamati Saturnalia, da
cui trae origine il periodo natalizio del cristianesimo.
Dal 17 al 24
dicembre, i romani ma anche i popoli del centro Italia festeggiavano il dio
Saturno, sovvertendo le regole sociali e scambiandosi reciprocamente dei
regali. Persino gli schiavi potevano protestare contro i loro padroni, schernendoli
o atteggiandosi loro stessi a padroni, durante questo periodo. Tutto era
all’insegna del ribaltamento, in quanto il mondo contadino si riappropriava del
potere perso con la urbanizzazione, la civilizzazione dei costumi e la
diffusione delle leggi. Dai Saturnalia trae origine il Carnevale, festa
del ribaltamento e dello scherno.
I sacerdoti
del dio Saturno erano soliti indossare un cappello nero a sfere concentriche,
il cosiddetto saturnino, di forma simile al pianeta che porta il nome di questo
dio. Quello stesso copricapo fu usato di seguito dai sacerdoti della tradizione
cattolica-romana.
Il copricapo sacerdotale cattolico, detto Saturno
Nelle
sculture, il Dio Saturno era spesso raffigurato come barbuto ma di età indefinibile che tiene in mano un falcetto ricurvo,
a forma di luna, strumento usato dai contadini nei campi per tagliare il grano
ma anche simbolo della divinità che può falciare la vita o castrare coloro
avessero voluto detronizzarlo, a partire dai propri figli.
Scrive poi
Claude Mettra nel libro Saturno o l’erba delle anime, saggio sulla
melanconia “molte immagini legate al fumo, alla nebbia, alla foschia, cioè
tutte quelle che conducono ad uno spazio etereo che non si vede e non si tocca,
appartengono alla tradizione del dio Saturno”.
Non è un
caso che i padri della Chiesa, nonostante avessero assorbito gran parte dei
culti saturnini, finirono per accostare la figura del dio Sat-urno a quella del
Sat-ana ebraico. Infatti, la radice SAT delle iniziali di entrambi i nomi li
pone in maniera di forte similitudine tra di loro, per il concetto di
ribellione all’ordine costituito, al ribaltamento delle regole, allo
schernimento dei dogmi, al sovvertimento del potere, alla cacciata dal Paradiso
o dal monte Olimpo. Il fumo o nebbia dell’Inferno, regno di Satana, infatti ricorda
il luogo toscano dove trovò rifugio Saturno, quando venne scacciato dall’Olimpo.
La città di Saturnia che si trova in provincia di Grosseto, è celebre per le sue
terme curative, calde, fumose e sulfuree che provengono dal sottoterra. Secondo
la leggenda, Saturnia è nata dall’ira di Saturno che, cacciato dall’Olimpo, scagliò
il suo fulmine in questo luogo, facendo affiorare acqua bollente dal
sottosuolo. Il regno di Saturno, padrone del mondo capovolto, diventa quindi “quello
delle profondità della Terra, all’interno di una grande caverna di roccia che
brilla come se fosse d’oro fino”, come ebbe a scrivere il sacerdote e
filosofo Plutarco. La nuvola o nebbia è
anche un simbolo che rappresenta il caos, il big bang che i greci
attribuivano al regno di Kronos, il dio che divora i figli per paura di essere
detronizzato, noto appunto presso i Latini col nome di Saturno.
Il culto del
Dio Saturno è infine indissolubilmente legato alla tradizione dell’età dell’oro
o dell’Arcadia, un periodo ed un luogo simile a quello del paradiso terrestre
quando gli uomini e le donne vivevano in ambiente agreste, in pace tra di loro
e in armonia con la Natura, così come ben dipinto da Nicolas Poussin ne “I
Pastori di Arcadia”.
Come viene
riportato nel catechismo dei Rosacroce
“Il tempo
non è giunto per una rivelazione completa ma bisogna trasmettere il messaggio
per aumentare la fratellanza tra gli uomini che prepara l’avvento del ritorno
del Dio-Re, creduto morto, e del suo regno di pace”.
Buone festività a tutti dal vostro Michele Allegri!
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