martedì 29 dicembre 2009

LEO TAXIL, IL DOCUMENTO DI CHINON E IL TARLO DELLA PAZZIA



Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

passato il Santo Natale, ci accingiamo ad entrare nel nuovo Anno. Mi auguro che lo vivremo con più felicità ed allegria di quelle che abbiamo dimostrato fino ad ora. Negli ultimi tempi, infatti, l’atmosfera in Italia si è un po’ surriscaldata. Non è superfluo ricordare le sciocche aggressioni al capo del governo e al pontefice regnante da parte di persone squilibrate che sono il termometro di una situazione che, secondo me, è a dir poco inquietante.
Lo squilibrio mentale è particolarmente invasivo anche quando si tratta e si parla di Templari.
C’è chi a 75 anni si definisce, anzi si ritiene legittimo Gran Priore dell’Ordine del Tempio, c’è chi aspetta l’adunata cavallerizza per riconquistare Gerusalemme (ma non gli hanno detto se la riunione si terrà in quella terrestre o in quella celeste). C’è chi, messa in soffitta la divisa di generalissimo ed indossando il meno decorato mantello di Super-Neotemplare che è in vendita in via Lanza, con la stessa sicumera con la quale ha scritto in un sito che un funzionario dello Stato, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, è vittima dei giudici di Palermo (lui lo conosce bene, lui ci ha lavorato insieme gomito a gomito), afferma in internet che il popolo ebraico sarebbe in cerca della propria identità (!). Trovo scandalosa e offensiva questa affermazione. Ho chiesto autorevole parere ad un importante esponente della Comunità Ebraica che mi ha confermato la sconcezza di tale frase. Ma buttiamola sul ridere, sta arrivando l’anno nuovo, sarebbe inutile dare troppo peso ai mestatori di professione e agli ignoranti.
Come ho recentemente ribadito in una conferenza, i Gran Cancellieri rimangono Gran Cancellieri, i Gran Cancellari, non so spiegarmi il perché, ma nove su dieci sono esponenti di quelle associazioni neotemplari che si spacciano per Priorati o Ordini!
Ma non ci sono solo coloro che compiono azioni o fanno roboanti proclami. Dietro e sopra di loro ci sono anche i cattivi maestri. Nel nostro caso sono quasi sempre ben integratati all’interno di gruppi che vivono in osmosi con la cattiva politica ma non voglio tediarvi troppo con questi discorsi.
Sono tantissimi coloro che mi chiedono novità sul mio prossimo libro dedicato all’eresia dei Templari e alcuni mi domandano perché, quando tratto della pergamena di Chinon, scrivo che è stata “scoperta”, usando le virgolette.
Ai primi dico che ci saranno molti argomenti interessanti e che saranno affrontati con dovizia di particolari, a partire del fatto che vi dimostrerò che il presunto ritrovamento della pergamena non ha come scopo la riabilitazione dei Templari bensì quella di Clemente V, una vera mistificazione della storia. Poi tratterò dell’eresia dei capi dell’Ordine (argomento che ho già esposto in varie trasmissioni televisive e radiofoniche), che è stata propria di quelle famiglie nobiliari europee che, imparentate tra di loro, costituirono la dinastia del Sang Real. Infine svelerò l’ubicazione di una piramide, in Europa, che è stata custodita dai nostri cavalieri dopo la Settima Crociata e di cui nessuno ha finora mai parlato.
E vengo al secondo argomento, lasciando a voi tutti questo spunto di riflessione e anticipando alcuni estratti del mio prossimo libro.
Come tutti ben sapete, il 13 settembre del 2001, la dott.ssa Barbara Frale dice di aver trovato nei fondi dell’Archivio Segreto Vaticano un documento che, secondo lei, “rivoluziona la storia dell’Ordine”. Il documento è detto “Pergamena di Chinon” e, in “Dossier: i nuovi Templari”, l’ho catalogato come prova innocentista.
Il preambolo è semplice: si tratta di un’inchiesta svolta da tre cardinali alla cui testa si trovava l’eminenza Frèdol, nipote di papa Clemente V. I tre avevano avuto mandato di Clemente V per interrogare il Gran Maestro De Molay e gli altri dignitari del Tempio nelle carceri di Chinon, per verificare se le accuse mosse da Filippo ai Templari fossero più o meno vere.
E’ risultato che erano vere, in special modo il rito dello sputo sulla croce, fatto all’atto dell’iniziazione. Avendo chiesto umilmente il perdono della Chiesa ed avendo invocato l’assoluzione papale per aver praticato quegli atti blasfemi, che erano stati “compiuti con la bocca e non con il cuore” e secondo antiche tradizioni che vigevano nell’Ordine, Clemente V, come era uso per gli eretici che chiedevano il perdono delle colpe, concesse a De Molay e fratelli l’agognata assoluzione. Per questo motivo, non sarebbero stati bruciati sul rogo ma avrebbero trascorso in carcere il resto delle loro vita. In sostanza, quindi, Clemente V, nel 1308, concede loro la grazia perché si sono pentiti.
State bene attenti: non si dice da nessuna parte, in quel documento o in documenti successivi, che le accuse di eresia sono false o sono una montatura del re francese per impossessarsi dei beni dei Templari (che poi andarono agli Ospitalieri). Anzi è vero il contrario. Nella Bolla di scioglimento dell’Ordine che è datata 1312, Clemente V dice chiaramente ciò che pensa. Decide di affermare, anzi, di riaffermare che Filippo IV il Bello si era mosso contro i Templari perché seguiva scrupolosamente la sua indole di re cristiano. Ma vediamo cosa scrive papa Clemente V nel preambolo della bolla di scioglimento dell’Ordine Templare:
Ma poi il nostro carissimo figlio in Cristo, Filippo, illustre re dei francese, cui erano stati rivelati gli stessi delitti, non per febbre di avarizia,- non aveva infatti alcuna intenzione di rivendicare o di appropriarsi dei beni dei Templari; nel suo regno li trascurò, tenendosi lontano da questo affare -ma acceso dallo zelo della vera fede…
Nonostante Clemente V abbia scritto di suo pugno questo documento storico, la dott.ssa Frale, insiste nel dire, a momenti alterni, che i Templari furono giudicati innocenti da papa Clemente e che il processo fu montato da re Filippo per una questione di crapula. A parte il fatto che, come avete potuto leggere, è il papa in persona che “scagiona” Filippo da questa accusa. E poi, come ho detto, il documento di Chinon parla dell’assoluzione papale dopo che i dignitari del Tempio si erano pentiti, cioè avevano ammesso la loro colpa.
Ma come mai, mi chiedo e vi chiedo, si da tanto spazio ad una lettura distorta dei fatti storici?
C’è qualcosa di altro che vorrei portare alla vostra attenzione e che riguarda proprio la “scoperta” del documento di Chinon.
Io ho scoperto che nel 1888 lo scrittore Leo Taxil, al secolo Gabriel Jogand Pagès, propose il contenuto di quel documento nella sua monumentale opera “La storia segreta della Massoneria”. Quindi Taxil non solo ne era a conoscenza ma lo aveva persino letto, era infatti un protetto di Papa Leone XIII.
Taxil scrive alle pagine 787-788, sul finire del secolo XIX:
[…] la missione di Clemente non istando nel fatto di castigare uomini colpevoli ma di distruggere un Ordine corrotto, vuol conoscere l’Ordine stesso ed interroga il Gran Maestro e i principali graduati, come i Gran Priori di diverse province di Francia […] e dei paesi trasmarini. E quelli, cui dall’età e dalle infermità non è permesso di venire da lui, li fa interrogare dai prelati da lui stessi designati. Si leggono a ciascuno di questi accusati le confessioni fatti dai suoi coaccusati perché ne riconosca la Verità o perché dica qual passione detestabile ha potuto menare tanti cavalieri del Tempio a proferire contro il loro Ordine tali calunnie. Ma invece di contraddirsi tutti confermano. Gran Maestro e Gran Priori e semplici cavalieri ripetono dappertutto le stesse confessioni […] hanno confessato segretamente i loro delitti e ne hanno domandato l’assoluzione. E supplicavano il Sovrano Pontefice di riconciliarli con la Chiesa”.
In questo passo, come potete vedere, Taxil sta illustrando il documento di Chinon e la ricognizione operata dal Cardinal Frèdol dietro impulso di papa Clemente V che vuol vederci chiaro sull’affaire Templari.
De Molay e Gran Priori confessano, anzi “confermano” di aver praticato riti blasfemi, chiedono il solenne perdono a Clemente V che, puntualmente, arriva nel 1308, anche se nel 1312, come nel suo pieno diritto, ci ripensa e decide di abolire l’Ordine, lasciando che i suoi capi siano bruciati sul rogo due anni dopo come eretici che non si sono ravveduti.
Posso chiedere alla dott.ssa Frale se sia al corrente che la sua rivoluzionaria “scoperta” non è una scoperta?
E posso chiederle anche perché, se è così convinta che i Templari non fossero eretici, abbia scritto il 21 agosto del 2008, sulle pagine dell’Osservatore Romano, questa frase di chiaro significato “[…] ma i templari non erano affatto diventati eretici in massa”. Allora, secondo la dottoressa Frale, una parte di loro lo era?
Non è la prima volta che l’archivista, che lavora presso l’Archivio Segreto Vaticano, espone due pensieri contrastanti. Non me ne voglia la dottoressa, non ho intenzione di fare polemica con siffatta personalità ma debbo constatare che ha esposto due pensieri contrastanti anche domenica 19 luglio del 2009, questa volta sulla pagine di Repubblica, a proposito dei Catari.
La dottoressa Frale scrive: “I catari si raccoglievano intorno ad un gruppo di asceti (detti perfetti) i quali avevano indubbiamente virtù eroiche; vivevano secondo l’ideale della povertà evangelica, praticavano la castità assoluta e lunghi digiuni per mortificare la carne, si dedicavano completamente alla predicazione…”.
Fin qui tutto bene, tutto giusto, è tutto vero quello che narra la dott.ssa Frale ma poi alcune righe più in là, la stessa scrive: “I vescovi che erano passati al catarismo avevano cambiato dottrina ma senza rinunciare alle terre, ai cavalli e alle tantissime ricche prebende del loro status di vescovi cattolici, il nuovo credo li sollevava delle lunghe liturgie previste dal cattolicesimo, dall’onere di visitare le diocesi, di fare digiuni, di praticare le cure delle anime…
Come vedete, nello stesso articolo, ci sono due affermazioni della dott.ssa Frale riguardanti il “digiuno” che si contraddicono a vicenda ma non solo.
La dott.ssa Frale forse dimentica che i catari definivano la Chiesa di Roma “la Sinagoga di Satana”. A questo punto, mi piacerebbe chiederle se, secondo il suo autorevole parere, i catari avessero ragione o meno a definire in questo modo la Chiesa di Roma, visto che, come Ella scrive, vivevano secondo l’ideale di povertà evangelica e visto che, aggiungo io, furono sterminati da una Crociata voluta da papa Innocenzo III…
Che dite, amici, bloggers e semplici curiosi: la dottoressa Frale mi darà del pazzo o si lancerà contro di me durante le mie affollate conferenze?


Michele Allegri