sabato 22 novembre 2008

LA GUERRA GIUSTA E... LA NOBILTA' TEMPLARE



Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

dopo aver avuto le conferme che mi aspettavo, rompo il silenzio e torno a parlarvi di un argomento che è stato oggetto di una tavola rotonda alla quale ho partecipato come relatore, in qualità di esperto di politica internazionale e di storia. La conferenza è stata anche un’occasione particolarmente felice per me perché è stato citato “ Dossier: i nuovi Templari” come uno dei libri più innovativi e più letti sull’argomento. Mi occupo di Templari da quasi diciotto anni e lo faccio senza avere in tasca nessuna tessera di partito e senza appartenere a questa o a quella parte.
Come sapete, io faccio solo gli interessi della gente, che vuole essere informata, e della Verità, davanti la quale gli spiriti eletti si devono inchinare. E’ per questi motivi che ciò che io scrivo disturba i sonni di molti ma non preoccupatevi: ho due spalle cosi!

Il Convegno ha avuto come tema centrale le Crociate e il concetto di guerra nel diritto internazionale medievale. Una discussione che sicuramente vi può interessare, poiché abbiamo parlato molto di Ordini cavallereschi e religiosi del Medioevo e, quindi, anche dei Templari. Vi faccio, quindi, un piccolo resoconto di quello che ho detto.
Il mio intervento sulla geopolitica medievale è partito da alcune considerazioni di carattere generale, che avevo già espresso nel Dossier, in merito all’Europa medievale, che è stata descritta da me come una fortezza laica, un bastione guidato da imperatori franco-tedeschi e come una Respublica Christiana il cui cuore pulsante batteva a Roma. E’ attorno a quest’asse culturale e politico che si è sviluppata la storia europea, ma non solo, dal Medioevo in avanti. E’ quel fenomeno che gli studiosi di politica internazionale e gli storici chiamano col termine tecnico di Eurocentrismo, per cui tutto ciò che avviene nel mondo dipende da ciò che avviene in Europa.
Ho, poi, esposto la differenza concettuale che vi era nel diritto internazionale medievale tra le guerre di missione, le cosiddette Crociate, e le faide, che contrapponevano i nobili cristiani indipendentemente dal fatto che vivessero sotto lo stesso tetto istituzionale, politico e religioso, dell’Impero e del Papato.
Le Crociate, per il diritto internazionale di quel tempo, erano definite col termine latino di Justi belli, cioè guerre giuste, sia che fossero di aggressione o di difesa.
Quando uso il termine di guerra giusta, intendo parlare di guerra giustificata e non già di giustezza della guerra, della Crociata in sé per sé. Il presupposto che permetteva di giudicare una guerra giustificabile, e quindi giusta, era quello di ottenere l’approvazione da parte della massima autorità religiosa del tempo e cioè dalla Chiesa, nella figura del Pontefice romano. Le Crociate, oltre ad essere benedette dalla Chiesa, furono anche un escamotage tattico attraverso il quale alcuni Pontefici, a partire dal 1100, fecero cessare le faide interne tra nobili e feudatari, dando loro le giuste motivazioni e giustificazioni perché scaricassero la loro sete di guerra verso i nemici della fede cattolica esterni ed interni, e cioè verso i musulmani, gli ebrei e gli eretici cristiani.
I prìncipi e le popolazioni che si sottrassero a questi richiami dei Papi diventarono di fatto anche loro, come i sopraccitati infedeli ed eretici, automaticamente, hostes perpetui, cioè secolari nemici dell’autorità della Chiesa e di Dio.
Questa posizione fu portata avanti da Papi come Gregorio VII e come Papa Urbano II i quali intesero trovare una soluzione manu militari contro i nemici della Chiesa di Roma. Contro i saraceni che occupavano i Luoghi Santi della passione di Gesù e contro i cristiani eretici che, aspirando ad una chiesa più povera e più spirituale, acquistavano una sempre maggiore credibilità agli occhi delle popolazioni dell’Occitania e dei loro nobili locali. E’ lo stesso San Bernardo a lamentarsi che in Occitania, in seguito alla diffusione della chiesa catara cristiana, il popolo non andava più a messa e i sacerdoti erano costretti a fuggire. Si capisce benissimo, quindi, quale preoccupazione destassero i movimenti ereticali.
I soldati che, un tempo, combattevano senza regole nelle faide tra i nobili, i briganti, per usare un’espressione di Papa Urbano II, magicamente, con tre colpi di spada sulle spalle, una benedizione all’armatura e agli speroni ed una croce appuntata sulla divisa, furono trasformati dalla Chiesa di Roma in cavalieri. A loro, la gerarchia ecclesiastica cercò di dare un codice di comportamento da usarsi durante le operazioni militari e, senza nessuna remora, concesse loro la licenza di uccidere altri esseri umani, anche i cristiani che non si sottomettessero a Roma.
In cambio del loro sacrificio in battaglia, i Pontefici promettevano ai cavalieri crociati il paradiso celeste e, qualora fossero sopravissuti agli scontri, lauti bottini di guerra e appezzamenti di terreno da coltivare o da gestire.
I cavalieri, i crociati, in verità, non si rivelarono mai né senza macchia né senza paura ma, in molti casi, continuarono a comportarsi da veri briganti, da predoni che, vigliaccamente, se la prendevano con i civili e gli indifesi. Per esempio, alcuni crociati non ebbero alcuna esitazioni ad uccidere la sorella del Saladino mentre altri, guidati da Simon De Monfort, non si fermarono neanche davanti alle donne e ai bambini di fede catara cristiana, che furono squartati e bruciati vivi.
Il diritto internazionale del tempo, proprio in seguito a questi comportamenti, ad un certo punto, si autoriformò, facendo venire meno il concetto di guerra giusta tra pari e sostituendolo con quello di repressione nei confronti dei non-allineati, registrando ciò che era avvenuto per i musulmani, gli ebrei, gli eretici cristiani e i pagani, cioè gli abitanti delle campagne, che restavano dediti ad antichi culti locali. Come si sa, il diritto internazionale, a differenza di quello interno, sta al passo con i tempi e registra, cioè codicizza, usi e costumi, elevandoli al rango di leggi.
Le Crociate, inoltre, non furono un successo né dal punto di vista politico né da quello prettamente militare, tanto che i luoghi santi della cristianità furono tutti riconquistati dai musulmani.
I Templari, la cui decadenza morale era, sul finire del tempo delle Crociate, sotto gli occhi di tutti, come ha dovuto riconoscere anche la dott.ssa Frale in un suo intervento sull’Osservatore Romano, furono sconfitti in molte battaglie, tra le quali quella pesantissima a San Giovanni d’Acri. In seguito a questa tragica disfatta militare, il poeta provenzale Rostan Berengario di Marsiglia, come abbiamo riportato nel Dossier, fu autore di un intervento di fuoco contro la codardia manifestata dai Templari in battaglia:

“I Templari sciupano il denaro destinato a riconquistare il Santo Sepolcro per farsi belli davanti al mondo; ingannano il popolo ed offendono Dio con la loro fiacca ostentazione…visto che così a lungo hanno consentito agli infidi turchi di mantenere il possesso di Gerusalemme ed Acri, visto che fuggono più veloci del falco reale, è peccato, a mio avviso, non liberarsi di loro una volta per tutte”.

Nel mio intervento in quella conferenza, ho voluto puntualizzare che la “decadenza morale” dell’Ordine del Tempio, della quale alcuni storici parlano in maniera approssimativa, non è il segno di un cambiamento di rotta rispetto ad una direzione che sarebbe stata presa nel 1128, cioè da quando la milizia templare si trasformò in un Ordine monastico.
Infatti, il poeta provenzale sopraccitato si limita a rendere pubblico un comportamento che, in realtà, i Templari avevano tenuto da sempre, anche prima del 1128, anche prima di ottenere la Regola dal Papa. Ai Templari non interessava la plebe né volevano difendere con le armi una religione che non sentivano come propria e, furbescamente, evitavano di farsi troppi nemici. Non ce l’avevano con i catari, contro i quali non si schierarono nella Crociata del 1209, poiché non li consideravano pericolosi per i loro progetti, e non ce l’avevano con i mussulmani, con i quali avevano inaugurato a Gerusalemme un florido commercio di false reliquie. Ciò che stava maggiormente a cuore ai templari era la politica, intesa come gestione del potere, la diplomazia, il commercio e l’amministrazione dei soldi e dei beni altrui, come era in uso presso i nobili del tempo.
I Templari, infatti, non erano briganti, non avevano bisogno di diventare cavalieri e di lasciarsi alle spalle un passato da malandrini. Erano cavalieri, all’occorrenza, anche senza combattere.
Quando nacquero nel 1118, i Templari erano solo nove nobili francesi, che si recarono a Gerusalemme per compiere una missione che era quella di scavare sotto il Tempio di Salomone e di riportare in Europa una Verità scomoda da mettere sul piatto della politica, per contare di più ed avere maggiori privilegi e poteri.
In nove non avrebbero potuto certamente difendere i cosiddetti pellegrini cristiani contro le decine di migliaia di soldati mussulmani che il Norandino o il Saladino avrebbero schierato contro di loro. Nella migliore delle ipotesi, i musulmani li avrebbero fatti prigionieri.
Infatti, non si ha traccia di nessun documento storico che parli di imprese militaresche di quei nove nobili templari in un periodo che va dal 1118 al 1128.
I nobili, poi, come è nella tradizione militare fino al 1789 circa, cioè fino alla Rivoluzione Francese e ancora sotto Napoleone, hanno sempre comandato i battaglioni in qualità di ufficiali e non hanno mai compiuto azioni di guerra diretta. E così avevano fatto anche i primi nobili Templari, i quali non avevano certo bisogno di combattere in prima persona e di nobilitarsi agli occhi dell’Imperatore né a quelli del Pontefice.
L’unica cosa che contava nel Medioevo, per gestire una qualche forma di potere, era avere nelle vene il sangue blu, il sangue della nobiltà, il blasone di famiglia e i beni da amministrare, soprattutto le rendite fondiarie. E i nove templari originali avevano tutte e tre queste cose.
Solo in seguito, a partire dal 1128, quando questo gruppo di nobili templari decise di trasformarsi per convenienza in un ordine monastico dipendente dal Papa (Papa Onorio II concedette loro esenzioni fiscali e privilegi), ecco che quel gruppo di nobili apre anche ai non nobili, alle classi inferiori che avevano bisogno di aumentare di rango e di censo attraverso un cavalierato che era benedetto dalla Chiesa. Così i capi del Tempio avevano trovato la “carne fresca” che si sarebbe fatta macellare nelle battaglie delle Crociate, mentre loro accumulavano ricchezze e documenti compromettenti per condizionare la politica laica ed ecclesiastica del tempo.
Come hanno testimoniato molti templari davanti alla Santa Inquisizione, si diventava cavalieri del Tempio con una cerimonia che avveniva in totale segretezza, nella quale il neofita rinnegava la fede cristiana e lo stesso Gesù davanti ai suoi superiori nobili.
In sostanza, i Templari, i capi, rimanevano legati alle tradizioni religiose pagane di famiglia e se ne infischiavano di aver preso i voti monastici, se ne infischiavano della Chiesa e del Papa e continuavano a perpetuare segretamente il loro credo pagano, idolatrico ed anticristano.
De Molay, De Charnay, De Gonneville, per fare alcuni esempi di capi templari, non erano certamente nobili cristiani, erano nobili, punto e basta. Appartenevano ad antiche famiglie nobiliari che esistevano prima dell’avvento di Gesù. Molti esponenti di queste antiche famiglie nobili del nord Europa avevano svolto anche il ruolo di capi religiosi, tanto da assecondare la diffusione tra le loro genti di dei tutelari pagani come Cernunnos e Bèlissena che, non è un caso, ricompaiono nel pantheon templare sotto i nomi di Bafometto e Nostra Signora, ma non solo.
Guido da Lusingano, per esempio, che fu un potente nobile templare di Gerusalemme, era conosciuto come “il vedovo tenebroso ed inconsolato della fata Melusina”. Si diceva che i suoi figli avessero le branchie al posto dei polmoni e che la sua sposa, Melusina (Mère Lusina ossia Madre Lusina) vivesse sotto il castello templare di Gisors, da quando il marito aveva scoperto i suoi piedi palmati, come quelli di un’oca.
I Lusignano, guarda caso, erano i signori di Stenay ed erano imparentati con gli antichi re Merovingi, con i nobili Templari Blanchfort e con gli Hautpoul, i signori di Rennes Le Chateau, le cui deformità fisiche, secondo molte leggende, derivavano dall’incrocio di uomini e donne con strani esseri marini… che avevano il sangue blu.
Per conoscere meglio queste leggende sulla razza ibrida che governò anticamente la Francia e che fu tutt’uno con i capi dell’Ordine del Tempio, vi consiglio la lettura di un libro molto interessante e, sotto certi punti di vista, divertente. Inoltre si tratta di un vero documento storico.
E’ stato scritto nel 1670 da un sacerdote francese di nome Montfaucon de Villars.
Il suo titolo, tradotto in italiano, è Il conte di Gabalis, ovvero conversazioni sulle scienze segrete.

Buona lettura e… a presto!
Dott. Michele Allegri