domenica 27 dicembre 2020

I NUOVI TEMPLARI SI MOLTIPLICANO MA NON FANNO UN PASSO IN AVANTI.

 


Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

come vi ho riportato nei precedenti post, con la Bolla Vox In Excelso, del 22 Marzo 1312, papa Clemente V, di autorità, come era nei suoi privilegi, sciolse in maniera perpetua l’Ordine del Tempio, aggiungendo una scomunica per quanti avessero portato il nome dei Templari e le insegne ed indossato l’abito.

Sono passati da allora più di 700 anni e, come avevo censito in “Dossier: i nuovi templari”, le formazioni neotemplari si moltiplicano a dismisura. Questo fenomeno nasce nel periodo napoleonico, agli inizi del 1800, quando un medico massone di nome Fabrè-Palaprat istituisce in Francia il primo OSMTJ (acronimo che in francese significa Ordine Sovrano e Militare del Tempio di Gerusalemme). In quel periodo, infatti, Napoleone Bonaparte e la sua famiglia erano ai vertici della Massoneria europea e il mito dei Templari, monaci-eretici francesi perseguitati dalla tenaglia del potere laico ed ecclesiastico, rendeva ancora più forti le idee di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza nate durante la Rivoluzione Francese e propagandate dal regime napoleonico.

Come nel caso della Massoneria, molti nobili liberali e ricchi borghesi aderirono all’OSMTJ mentre questa formazione, sotto l’occhio benevolo della Massoneria, cominciò ad espandersi in tutto il continente.

La Chiesa cattolica non ha mai cambiato la sua posizione in merito alle vicende dei templari né alcun papa di Santa Romana Chiesa ha mai rivisto la soppressione e la scomunica operati nel lontano medioevo dal papa avignonese.

Dopo una parentesi nell’epoca della Guerra Fredda, dove le varie Osservanze neotemplari europee, infiltrate da molte “barbe finte” (servizi segreti), hanno giocato un ruolo nel campo della lotta al comunismo internazionale, il fenomeno è diventato più variegato:

1.     Ha preso la forma di una sètta, come nel caso dell’Ordine del Tempio Solare di Luc Jouret e Joseph di Mambro con contaminazioni politiche nell’ambito dell’estrema destra e successivi suicidi di massa in Canada e Svizzera

2.     Ha preso la forma di un club conviviale dedito alla charity e alle gite archeologiche, come nella maggior parte delle Osservanze europee e statunitensi

3.     Ha preso la forma di un gruppo esoterico

Alcune Osservanze si dichiarano cristiane-ecumeniche, altre cattoliche, altre laiche. Nessuna ha un riconoscimento da parte del Vaticano, il quale riconosce invece l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme (istituito da papa Borgia) e il Sovrano e Militare Ordine di Malta (già presente ai tempi delle crociate col nome di Ordine di San Giovanni). Entrambi sono riconosciuti anche dallo Stato italiano.

È bene ricordare che la legge italiana vieta l’attribuzione di titoli cavallereschi fasulli non riconosciuti dallo Stato italiano o dalla Santa Sede. I cosiddetti “ordini” neotemplari italiani non sono infatti ordini cavallereschi né religiosi, nonostante con le loro cerimonie si comportino in quel modo (promesse, investitura, mantelli da indossare, titoli di cavaliere, commendatore, gran priore, gran maestro…). Sono semplici associazioni non riconosciute, ONLUS, ONG, APS e così via. Già nel 2008, il Vicariato di Roma aveva ordinato ai parroci della Capitale di non aprire le porte delle chiese alle associazioni neotemplari.

La maggior parte dei membri di queste associazioni, come all’inizio del 1800, proviene dai ranghi delle varie Obbedienze massoniche.

Le Osservanze o gruppi neotemplari proliferano come funghi, sono tutte in concorrenza tra di loro, ognuno pretende di essere il legittimo erede dell’OSMTJ di Palaprat e spesso dello storico Ordine del Tempio fondato nel 1118. C’è chi dice di avere il Graal in casa! Ovviamente tutto ciò non può che farci sorridere… e di questi tempi di Covid, la felicità e il buonumore sono un buon tonico.

 

Un saluto dal vostro Michele Allegri

sabato 26 dicembre 2020

26 dicembre: Santo Stefano o festa di Jug?

 Oggi, 26 dicembre, giorno di Santo Stefano per i Cristiani, un tempo, nel Nord Europa pagano era la festa del dio Jug. Le confraternite di artigiani erano solite in questo giorno organizzare dei banchetti in onore di questa divinità durante i quali venivano evocati gli spiriti dei morti.






Qua sopra la grande Statua del Bafometto templare di Detroit (USA) e sotto un mio articolo sull'Ordine che potete leggere in questo giorno di Festa


https://trucioli.it/2020/11/19/i-templari-e-la-storia-processi-e-allucinanti-confessioni-il-segreto-delle-societa-iniziatiche-quel-bambino-cotto-ed-arrostito-da-idolo-il-bacio-del-culo/

venerdì 25 dicembre 2020

Buon Natale 2020!

 


BUON NATALE A TUTTI VOI!

Con affetto,

il vostro Michele Allegri

venerdì 18 dicembre 2020

CONFERENZA SUI TEMPLARI

 

Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

ieri sera ho partecipato alla conferenza organizzata dal Centro Studi Giancarlo Barbadoro sul tema "Templari: mito ed età moderna". E' stato un'occasione importante per parlare di Storia, mito e leggende dei cavalieri e per parlare delle importanti novità contenute nel mio saggio "La Religione segreta dei Templari".



Il mio primo saggio sull'argomento "Dossier: i nuovi Templari", il libro che ha tracciato la strada per molti, è conservato ed è consultabile presso la prestigiosa Biblioteca dell'Università americana di Harvard.

https://hollis.harvard.edu/primo-explore/fulldisplay?docid=01HVD_ALMA212094204650003941&context=L&vid=HVD2&lang=en_US&search_scope=everything&adaptor=Local%20Search%20Engine&tab=everything&query=any,contains,dossier:%20i%20nuovi%20templari&offset=0

Colgo l'occasione per augurare a tutti voi che mi seguite Buone Feste

Vi abbraccio tutti

Michele Allegri

giovedì 17 dicembre 2020

I RITI D'INIZIAZIONE TEMPLARE: MAGICI, TOTEMICI E SESSUALI

                                                                                


Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

possiamo ben dire che l’affaire dei Templari s’inneschi dopo le delazioni di due cavalieri, il toscano Noffo Dei e il francese Esquin de Floryan. Sono loro, con le loro confessioni spontanee, a far muovere il massiccio impiego di forze contro l’Ordine in Francia. Entrambi, nelle loro deposizioni, fanno riferimento a strani riti eretici ed anticristiani, a pratiche idolatriche e totemiche svolte dai fratelli templari anziani in certe sere dell’anno e durante le iniziazioni dei novizi. I due parlano anche di riti sessuali orgiastici.

Per sgomberare il campo dalle ricostruzioni edulcorate sull’Ordine, o di parte, e a dar manforte alle dichiarazioni appena citate, esiste un sito archeologico visitabile, ora patrimonio UNESCO, la Tomba etrusca cosiddetta “Bartoccini”, ubicata a Tarquinia e riaperta al pubblico dal 2014, dopo l’inaugurazione da parte del Ministero dei Beni Culturali.

In essa son ben visibili un repertorio di dipinti, graffiti, scritte e croci templari medievali che dimostrano come fosse uso nell’Ordine la pratica di culti e d’iniziazioni a sfondo sessuale.

E’ Carlo Tedeschi, professore ordinario di paleografia latina presso l’Università di Chieti-Pescara, a raccontarci in una sua pubblicazione, dedicata al tema dei templari e dei loro riti sessuali, ciò che è stato trovato e periziato nella tomba.

Questo sepolcro del VI sec. a.c., ci racconta il professor Tedeschi, fu impiegato dai Templari come luogo sacro per le loro iniziazioni anticristiane e a sfondo sessuale. Al centro della camera funeraria c’è un’iscrizione in latino medievale che fa riferimento al Maestro templare Giovanni. Tutt’attorno sono visibili frasi incise che rimandano a giuramenti e a riti sessuali. In particolare campeggia la scritta dedicata ad un cavaliere del Tempio di nome Ranieri che ha compiuto queste ritualità all’interno della grotta.





Come ho descritto nel libro “La religione segreta dei Templari”, l’equazione “tomba-templari-riti sessuali-grotta” è presente anche nella piramide di Falicon, a 10 km dal comune di Nizza, all’interno della quale c’è una grotta, detta dei pipistrelli o dei vampiri (Ratapignata) nella quale sono stati trovati 7 simboli magici ed una testa dell’idolo Bafometto scolpita nella roccia. In questa grotta i monaci templari della guarnigione che stazionavano tra Montecarlo e Nizza, nel 1260, praticavano il loro celebre rito d’iniziazione anticristiano: lo sputo sul crocifisso, il rinnegamento di Cristo, l’adorazione dell’idolo protettore e i loro culti orgiastico-sessuali.







Le dichiarazioni spontanee del templare toscano Noffo Dei non fanno altro che rivelare questi contenuti appena descritti. Ci sono infatti gli sputi sulla croce e sull’immagine di Gesù Cristo, c’è l’adorazione di una testa barbuta terrificante chiamata Magumet, attorno alla quale i cavalieri pongono le loro cordicelle di frati, e poi con le stesse si cingono il ventre nudo. Poi ci sono i baci rituali sulla bocca, sull’ombelico, sull’ano. Il tutto si chiude con un culto orgiastico tra i fratelli anziani e i novizi.

La versione sarà ripetuta anche da Guglielmo de Plaisians, un funzionario di stato francese che disse agli uomini del re di Francia di essere a conoscenza di atroci crimini perpetrati dai Templari.  

Il templare Esquin de Floryan rivelerà più tardi, più in specifico, ciò che accadeva nei Capitoli segreti dell’Ordine del quale era stato testimone.

Leggiamo questo documento storico:

Al momento dell’ammissione tutti i Templari giurano di non abbandonare mai l’Ordine e di perseguire gli interessi con qualsivoglia strumento, giusto o sbagliato che sia. I capi dell’Ordine hanno stretto un’alleanza segreta con i Mussulmani, e in cuor loro, l’infedeltà mussulmana eclissa la fede cristiana, giacché a nessun novizio è chiesto di sputare sulla croce e calpestarla. I capi dell’Ordine sono uomini eretici, crudeli e sacrileghi che trucidano o mettono in catene il neofita che, scoperta l’iniquità dell’Ordine, desidera allontanarvene. Costoro, oltretutto, istruiscono all’aborto le donne gravide dei loro figli ed uccidono i neonati. Essi sono ammorbati dagli errori dei fraticelli, disprezzano il papa e l’autorità ecclesiastica ed hanno in dispregio i sacramenti, in specie quelli della penitenza e della confessione. Essi sono dediti ai più infamanti eccessi della depravazione e se qualche affiliato mostra ripugnanza davanti a tale condotta, costui è punito con la prigionia a vita. Le dimore dei Templari sono ricettacoli di tutti i crimini e gli abomini cui si possa pensare. L’Ordine opera per la consegna della Terra Santa nelle mani dei saraceni. Il Gran Maestro è insediato in tutta segretezza, alla presenza di pochi fratelli novelli, e che costui ripudia il proprio credo cristiano con azioni contrarie al diritto. Molte norme dell’Ordine sono incompatibili come la legge, profane ed avverse al cristianesimo. Che è fatto divieto ai membri, sotto pena di relegazione a vita, di rivelarle a chicchessia. Qualsivoglia sregolatezza o crimine per l’onore o il beneficio dell’Ordine non sono ritenuti peccati.

Questa dichiarazione inchioda i templari e viene portata da Filippo il Bello, re cristianissimo di Francia, e a Sua Santità papa Clemente V come prova testimoniale per agire contro l’Ordine.

Contemporaneamente a queste delazioni, le principali curie arcivescovili francesi stilano quest’altro documento di portata storica:

Ci è giunta la notizia, in base ai rapporti di persone degne di fede, che i fratelli dell’Ordine della milizia del Tempio, nascondendo il lupo sotto l’agnello e sotto l’abito dell’Ordine, insultano Gesù Cristo, già crocifisso per la redenzione del genere umano e lo coprono di ingiurie più gravi di quelle che egli soffrì sulla croce allorché, al momento del loro ingresso nell’Ordine, quando fanno professione di fede, viene presentata loro la sua immagine ed essi, con crudeltà orribile, gli sputano tre volte in faccia; poi spogliati dell’abito della vita secolare, nudi, sono posti in presenza di colui che celebra o del suo sostituto, e sono da lui baciati conformemente all’odioso rito del loro Ordine, prima sul sedere, poi sull’ombelico ed infine sulla bocca, ad onta della dignità umana: e dopo che hanno offeso la legge divina, con gesti abbominevoli ed atti cosi detestabili, essi si impegnano, con il voto della loro professione e senza ritenere di offendere la legge umana, a concedersi reciprocamente senza rifiutarsi quando ne saranno richiesti, per effetto del vizio di un orribile quanto odioso concubinato…perciò la collera di Dio si abbatta su questi figli dell’infedeltà: questa gente immonda ha abbondonato la fonte di acqua viva, ha sostituito la sua gloria con l’adorazione della statua del vitello d’oro e sacrifica agli idoli.

Le accuse fatte dagli ecclesiastici francesi contro l’Ordine sono postume rispetto a quelle del potere laico tedesco. Come rivela Enrico Bardellino “le prime accuse contro i Templari per il reato di apostasia risalgono a Federico II Hohenstaufen. Infatti, in una lettera a Riccardo di Cornovaglia, l’imperatore tedesco scriveva “I templari ricevono nelle loro dimore i sultani ed i loro uomini, con tutti gli onori ed il massimo zelo, adempiono alle loro superstizioni, invocano Bafometto e si abbandono a dissolutezze…”.




E’ poi il poeta tardo provenzale Rostan Berengario di Marsiglia a scrivere nero su bianco in merito alle capacità militari dei cavalieri templari e riguardo le loro vere intenzioni

I Templari sciupano il denaro destinato a riconquistare il Santo Sepolcro per farsi belli davanti al mondo; ingannano il popolo ed offendono Dio con la loro fiacca ostentazione (…) visto che così a lungo hanno consentito agli infidi turchi di mantenere il possesso di Gerusalemme e di Acri, visto che fuggono più veloci del falco reale, è peccato non liberarsi di loro una volta per tutte…”.

 


mercoledì 25 novembre 2020

LA BOLLA PAPALE DI SOPPRESSIONE DELL’ORDINE DEL TEMPIO: UN ALTRO DOCUMENTO STORICO DA CONOSCERE (Parte Seconda)

 

Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

come avete potuto leggere nella prima parte di questo post, papa Clemente è il personaggio chiave nella caduta dei Templari. Se, all’inizio della vicenda, egli era diffidente nei confronti delle accuse mosse ai Templari dal re cristianissimo Filippo IV, divenne in seguito suo acceso sostenitore nel perseguire e perseguitare i cavalieri, macchiatisi di eresia a causa dei riti anticristiani praticati durante la particolare iniziazione-investitura all’Ordine.

Solo al Papa competeva la possibilità di salvare o meno l’intera Milizia. Clemente non lo fece e spiegò la sua posizione nella Bolla di soppressione dell’Ordine templare, la Vox in Excelso. Tra virgolette, quindi riporterò fedelmente alcuni passi significativi di questo documento storico. Tenete ben presente che, come era uso, il papa usa il plurale maiestatis e quindi parla usando il Noi.

Dopo essersi riferito ai Templari utilizzando alcune citazioni di passi dell’Antico Testamento, come “[…] hanno innalzato altari a Baal per iniziare e consacrare i loro figli agli idoli e ai demoni”, Clemente racconta di come, prima di salire sul soglio pontificio, era stato messo a conoscenza del ruolo dei Templari in Terra Santa, di come fossero stati descritti come “speciali combattenti della fede cattolica”, motivo per cui la “Chiesa li aveva circondati di onori, di libertà e privilegi”. Ora, scrive Clemente “ci era stato detto che fossero caduti nel peccato di un’abominevole apostasia contro lo stesso Signore Gesù Cristo, nell’odioso vizio dell’idolatria, nell’esecrabile vizio di Sodoma e in diverse eresie” ma “non abbiamo voluto prestare orecchio ad insinuazioni e voci simili”. Poi però “il nostro carissimo figlio in Cristo Filippo, illustre re di Francia, al quale erano stati denunciati crimini simili, spinto non da un sentimento di avarizia (poiché non voleva rivendicare o appropriarsi di alcuno dei beni dei Templari, disinteressandosi a quelli presenti nel suo regno e tenendosene ben lontano), ma per puro zelo della fede ortodossa, raccolse tutte le possibili informazioni su quello che era successo e fece arrivare a noi numerose e gravi notizie per mettercene al corrente. Tali crimini non hanno fatto altro che aumentare la cattiva reputazione dei Templari e del loro Ordine. Per di più un soldato della milizia, appartenente all’alta nobiltà, ci ha dichiarato in segreto e sotto giuramento che lui stesso, durante la sua iniziazione, su consiglio di chi lo ammetteva e dinanzi agli altri soldati della Milizia, aveva rinnegato Cristo e sputato sulla croce che il suo iniziatore gli aveva messo davanti […]Egli aveva sentito dire che le ammissioni all’Ordine si svolgevano in questo modo: che su esortazione del capo o di un suo delegato, il nuovo ammesso rinnegava Cristo e sputava sulla croce per insultare Cristo crocifisso; che poi il capo e l’iniziato commettevano atti illeciti e contrari all’onestà cristiana”.

Clemente aggiunge che molte erano le voci che si erano innalzate contro i Templari, quella del Re di Francia ma anche dei duchi, dei baroni, del clero e persino del popolo e che quindi aveva appresso che il Gran Maestro De Molay, assieme agli alti nobili dignitari, si erano macchiati di questi crimini, provati dalla confessione del Gran Maestro a Chinon e dalle dichiarazioni dei tanti cavalieri interrogati dai prelati e dalla Santa Inquisizione. In base a tutto ciò, dice Clemente, lui dovette aprire un’inchiesta. Lui stesso volle quindi interrogare 72 cavalieri, “in un luogo sicuro e benevolo in cui non avevano nulla da temere”, i quali gli resero le stesse confessioni che avevano precedentemente reso all’Inquisizione.

Il papa racconta nella Bolla che decide allora di incaricare suoi cardinali di fiducia affinché formino una commissione speciale con notai pubblici per interrogare il Gran Maestro e gli alti dignitari detenuti nella fortezza di Chinon.

Interrogati, il Gran Maestro e gli alti dignitari, scrive Clemente, confessarono a codesta commissione “senza violenza né terrore” che “quando erano stati ammessi nell’Ordine, avevano rinnegato Cristo e sputato sulla croce e che essi avevano accolto un gran numero di frati in egual modo, cioè facendoli rinunciare a Gesù Cristo e facendoli sputare sulla croce”. Clemente aggiunge “alcuni di loro confessarono anche altri crimini orrendi e vergognosi sui quali ora per il momento tacciamo”.

Ed ecco un altro punto significativo.  Clemente scrive che il Gran Maestro e gli alti dignitari dopo tali confessioni rese ai cardinali “chiesero l’assoluzione in ginocchio e con le mani giunte […] I Cardinali (poiché la Chiesa non chiude mai il suo cuore a chi ritorna da Lei) avendo ricevuto dal Gran Maestro, dal visitatore e dai commendatori l’abiura della loro eresia, hanno espressamente accordato loro, per nostra autorità, il beneficio dell’assoluzione secondo la forma consueta della Chiesa”.

Clemente aggiunge poi di essersi mosso per convocare a Vienne un Concilio per discutere della vicenda alla presenza di “cardinali, patriarchi, arcivescovi, vescovi, abati, prelati e procuratori”. Inoltre spiega le varie tendenze dei gruppi più rappresentativi in seno a quel Concilio. Molti sostenevano che, condannando i Templari, la Chiesa avrebbe arrecato un danno a se stessa e alla propria reputazione, soprattutto per la questione della Terra Santa, ma il papa continuò a sentenziare “Forse è vero che i precedenti processi svolti contro l’Ordine non permettono di condannarlo in modo canonico come eretico tramite una sentenza definitiva, tuttavia le eresie di cui è accusato lo hanno notevolmente diffamato ed un numero quasi infinito dei suoi membri, tra cui il Gran Maestro, il Visitatore di Francia e i principali precettori, attraverso le loro spontanee confessioni, sono stati convinti di tali eresie, di errori e di delitti; queste confessioni rendono l’Ordine molto sospetto”. Per questo motivo, dice in seguito Clemente, “noi, tenendo in conto solo di Dio e prendendo in considerazione il bene della situazione in Terra Santa, abbiamo ritenuto che bisognasse usare la misura preventiva e regolamentare per sopprimere gli scandali, evitare e conservare i beni destinati all’aiuto della Terra Santa. Considerando quindi l’infamia, il sospetto, le rumorose insinuazioni e gli altri elementi che depongono contro l’Ordine, considerando l’iniziazione occulta e clandestina dei frati nell’Ordine, considerando che tali frati sono stati allontanati dalle abitudini di vita comuni perché erano obbligati, durante l’iniziazione, a promettere e a giurare di non rivelare ad alcuno il modo in cui erano stati ammessi […] considerando i tanti orribili fatti perpetrati da un gran numero di frati […] la maggior parte dei Cardinali e circa i quattro quinti dei prelati del Concilio, hanno ritenuto conveniente che si seguisse la via preventiva, sopprimendo l’Ordine […] considerando che la Chiesa ha soppresso altri ordini importanti per ragioni minori, NOI SOPPRIMIAMO, NON SENZA AMAREZZA E DOLORE, CON UN PROVVEDIMENTO PERENNE L’ORDINE DEI TEMPLARI, LE SUE ISTITUZIONI, IL SUO ABITO ED IL SUO NOME, NON PER MEZZO DI UNA SENTENZA DEFINITIVA MA IN VIA PREVENTIVA E PER ORDINE APOSTOLICO, E CON L’APPROVAZIONE DEL CONCILIO, LO CONDANNIAMO ALL’INTERDIZIONE PERPETUA. VIETIAMO ESPRESSAMENTE A CHIUNQUE DI ENTRARE NELL’ORDINE, DI RICEVERE E PORTARE IL SUO ABITO E DI COMPORTARSI DA TEMPLARE. CHI CONTRAVERRA’ A QUESTO ORDINE, INCORRERRA’ NELLA SENTENZA DI SCOMUNICA IPSO FACTO”.


Riportato questo documento, c’è ancora qualcuno, accademico, storico, giornalista, archivista o altro, che in malafede vuole parlare di sospensione dell’Ordine templare oppure di assoluzione di questo Ordine da parte del papa?! Qualcuno di costoro vuole ancora sostenere che il re di Francia aveva architettato una trappola per incamerare i beni dell’Ordine?! Qualcuno di costoro vuole ancora convincere che il papa fosse un burattino nelle mani del re di Francia?! Qualcun altro vuole ancora far credere che i riti blasfemi dell’iniziazione fossero semplice goliardia militare?!

Un caro saluto,

dott. Michele Allegri


martedì 24 novembre 2020

LA BOLLA PAPALE DI SOPPRESSIONE DELL’ORDINE DEL TEMPIO: UN ALTRO DOCUMENTO STORICO DA CONOSCERE (Parte Prima)


Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

come vi ho indicato nel precedente post, è indispensabile visionare alcuni documenti prima di dare personali interpretazioni della storia dei Templari.

Dopo le confessioni documentate dei cavalieri, che ci hanno dato un quadro preciso di quale tipo di credo religioso si praticasse in seno all’Ordine, ora è il momento di analizzare la Bolla di soppressione dell’Ordine, la Vox In Excelso, emanata da papa Clemente V il 22 Marzo del 1312. Tenete presente che i papi dell’epoca trasmettevano le loro volontà ai cardinali e vescovi e ai re e principi usando le “Bolle” che erano atti ufficiali vincolanti.

Prima però di riportare i passi più significativi della Bolla di soppressione, occorre capire in che modo si mosse e quale ruolo ebbe papa Clemente in questa vicenda. Si può ben dire che il Papa ebbe un atteggiamento prudente nel trattare la questione, anche se era palesemente scontento del mancato impegno dei cavalieri in Terra Santa, soprattutto dopo la pesante sconfitta militare a San Giovanni d’Acri. Quando il re francese Filippo gli sottopose poi alcune prove della “colpevolezza” dei Templari, e cioè le confessioni spontanee di alcuni cavalieri, tra cui quella del fiorentino Noffo Dei e del francese Esquieu de Floryan, che riportavano l’esistenza di riti blasfemi che avvenivano tra le mura dell’Ordine, Clemente le accettò con il beneficio del dubbio.


Poi però accadde l’imprevisto: il 13 ottobre del 1307, ci furono gli arresti di massa sul territorio francese per ordine del re cristianissimo Filippo IV il Bello, con l’appoggio della Santa Inquisizione di frate Guillaume di Parigi, senza che il papa venisse consultato. A quel punto Clemente protestò vivacemente contro di loro per gli arresti manu militari, dal momento che l’Ordine tradizionalmente dipendeva strettamente e totalmente dalla persona del Pontefice. Sospese quindi i poteri dei vescovi francesi e della Santa Inquisizione, ordinando al contempo a re Filippo di consegnare nelle mani di alcuni cardinali di sua fiducia la persona del Gran Maestro e degli altri alti dignitari perché potessero fare le opportune verifiche ed interrogatori di rito. Inoltre i beni dei Templari, per ordine di Clemente, non dovevano essere toccati da alcuno.

Gli eventi subirono poi un’accelerazione. Clemente lesse i capi d’accusa e i verbali degli interrogatori dei cavalieri e si convinse della validità delle accuse rivolte dal re francese e dalla Santa Inquisizione. Il 22 novembre del 1307, il Papa emanò quindi una bolla con la quale ordinava al re d’Inghilterra Edoardo II di arrestare in un sol giorno tutti i Templari ma il re in un primo momento non lo fece. Nella stessa data ordinò al duca di Calabria, Roberto d’Angiò, di fare altrettanto nei suoi territori del sud Italia.



Intanto, a fine maggio del 1308, il papa interrogò di persona 72 cavalieri a Poitiers, mentre inviò una commissione pontificia con tre cardinali di sua fiducia a Chinon per interrogare Il Gran Maestro Jacques De Molay ed altri quattro nobili dignitari.

Nel mese di giugno, cominciò a circolare in Francia una richiesta ufficiale del popolo francese che chiedeva al re di sopprimere l’Ordine in quel regno.

A luglio, Clemente emanò una bolla che revocò la sua precedente sospensione dei  poteri agli arcivescovi, ai vescovi, agli inquisitori, ridando loro potere sul caso in questione, in terra di Francia. Le direttive papali erano chiare: i vescovi potevano muoversi contro i singoli cavalieri fino alla sentenza, che sarebbe stata poi emessa dai Concili Provinciali, ma non avrebbero potuto mai intraprendere azioni contro l’intero Ordine. I templari sarebbero stati consegnati nelle mani del cardinale de Prèneste mentre il Gran Maestro e gli altri quattro nobili dignitari sarebbero stati giudicati dal papa in persona. Nello stesso mese Clemente scrisse al re francese che occorreva agire al più presto per l’abolizione dell’Ordine aggiungendo, con una specifica Bolla, l’invito al re di nominare 5 tra arcivescovi e vescovi per amministrare i beni dell’Ordine con lo scopo di portarli poi fuori dal territorio francese, per essere usati nelle prossime campagne belliche in Terra Santa contro i mussulmani. Qualche giorno dopo, designò i chierici che dovevano prender parte alla stesura del processo contro i Templari: due canonici, due frati predicatori e due frati minori.

In agosto, il papa convocò un Concilio di vescovi a Vienne per dare informazioni contro i Templari. Emanò poi una Bolla contro chiunque si fosse impossessato illegittimamente dei loro beni.

A dicembre, Clemente emanò una Bolla di scomunica (Ad omnium fere notitiam) nei confronti di coloro che avessero dato aiuto o consigli ai Templari. Nella stessa data, dette ordine ai vescovi tedeschi e all’Ordine teutonico di mettersi a disposizione dell’abate Cruas al fine di istruire un processo contro i Templari sul suolo germanico. Ed infine emanò un’ulteriore bolla per costringere il duca di Austria a far arrestare i Templari nel suo Regno.

Il primo di agosto, il papa scrisse ai vescovi di Francia perché i Templari fossero giudicati secondo la legge e le esigenze delle norme in vigore.

Nel maggio del 1311, con una nuova Bolla all’arcivescovo di Rouen, Clemente ordinò che fossero esaminati i conti degli esattori dei Templari e di portare il residuo in un luogo fuori dalla Francia per essere utilizzato per difendere la Terra Santa.

Ad ottobre, il papa emanò una bolla con la quale dette incarico al chierico Geoffray du Plessis di presentarsi al re di Francia ribandendo la riserva che spettava al pontefice nel giudicare il Gran Maestro templare.



Il 22 marzo del 1312, emanò la Bolla Vox In Excelso (che vi esporrò nella seconda parte del post) con la quale sopprimeva l’Ordine templare in via definitiva e preventiva, cioè prima di un giudizio pubblico davanti ai vescovi, come era nel suo diritto.

Un paio di mesi dopo, con un’ulteriore bolla, il papa trasferì i beni dell’Ordine templare a quello dei cavalieri di San Giovanni (oggi Sovrano e Militare Ordine di Malta). Dopodiché, indirizzò una bolla al re d’Inghilterra per far destinare all’Ordine di San Giovanni ogni bene dell’Ordine templare nei suoi reami. Una bolla dello stesso tenore fu indirizzata al re francese.

L’11 marzo del 1314, il Cardinale d’Albano e l’arcivescovo di Sens, incaricati dal papa, condannarono alla prigione a vita il Gran Maestro dei Templari, Jacques De Molay, il visitatore di Francia, i commendatori di Aquitania e di Normandia. Avendo essi ritrattato le loro confessioni di colpevolezza e quindi caduti nel reato di relapsia, vennero consegnati al prevosto di Parigi che li fece bruciare sulla pubblica piazza, dopo aver avuto l’assenso da parte del re francese.

Prima del rogo, Il Gran Maestro maledisse il papa e il re francese, profetizzando la loro imminente morte (passata alla Storia come la celebre “maledizione dei Templari”).

Il mese dopo, precisamente il 20 aprile, Papa Clemente morì.

Il 29 novembre morì anche il re francese.

...continua...


Un saluto dal Vostro Michele Allegri

lunedì 16 novembre 2020

LE CONFESSIONI DEI CAVALIERI TEMPLARI E I PROCESSI DI CARCASSONNE E DI FIRENZE.


Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

molto spesso accade che la Storia dell’Ordine Templare sia sottoposta a revisioni di parte o a riletture improprie. Per un’interpretazione autentica, ci restano alcuni documenti che ci portano ad alcune conclusione logiche. Occorre innanzitutto rileggere la documentazione disponibile.

Mi riferisco ai verbali delle inchieste sui Templari compilati dalla Santa Inquisizione che contengono gli interrogatori dei cavalieri, dopo l’arresto avvenuto nel 1307.

Questi verbali hanno avuto una parte fondamentale nei processi contro i Templari celebrati a Carcassonne e a Firenze.

Negli interrogatori di Carcassonne la Santa Inquisizione fece uso talvolta della tortura, come era prassi nel Medioevo per coloro che erano sospettati di eresia o di pratica di magia, in quelli di Firenze la tortura non fu utilizzata. Stessa cosa dicasi per i processi sul suolo inglese, a Ravenna, a Pisa, a Brindisi o in Sicilia, dove la tortura non fu applicata mai agli imputati.

E’ dimostrato invece che furono i Templari ad usare la tortura nei confronti di quei fratelli cavalieri che protestavano contro le strane modalità d’iniziazione notturne che avvenivano a porte chiuse nei Capitoli dell’Ordine, con tanto di corpo di guardia posto attorno al luogo della cerimonia perché nessuno si avvicinasse a vedere e a sentire ciò che avveniva lì dentro.

Il Segreto infatti è un elemento fondamentale di tutte le società iniziatiche.

Tenete sempre presente che la cavalleria templare ufficialmente non era una società iniziatica ma un Ordine monastico e cavalleresco, con una Regola approvata dalla Chiesa cattolica ed una dipendenza assoluta dalle volontà del papa. Ancora oggi non risulta infatti che sia prevista alcuna cerimonia d’ingresso segreta per entrare negli Ordini religiosi cristiani o in quelli cavallereschi cristiani. Per questo motivo, ciò che successe nell’Ordine templare rappresenta un unicum nella Storia. Ed unici erano anche i loro sigilli e i simboli che manifestavano sin dalle origini una concezione dualista ed una prassi bifida. Si pensi ai due cavalieri in groppa ad un solo cavallo o alla croce patente o biforcuta. Molto spesso apparivano sulle mura delle loro case e magioni la rappresentazione della testa d’ariete che con le sue corna rimanda inevitabilmente ad un’immagine di ferinità.






C’è da aggiungere inoltre che la fama dei Templari presso i popoli europei era alquanto dubbia e screditata molti anni prima degli arresti di massa. Presso gli strati socialmente più bassi dei popoli erano in uso espressioni come “bere come un templare” o “vivere come un templare” il che voleva significare come i templari conducessero una vita al di fuori delle regole cristiane, in piena agiatezza. Infatti era notorio che i Templari fossero ricchi, nonostante avessero preso i voti di povertà, erogando prestiti ad usura alla nobiltà o alle case regnanti, tanto da divenire veri e propri banchieri. Inoltre stranamente erano considerati indolenti contro il “nemico Mussulmano”, sospettati di gestire traffici di reliquie cristiane a scopo puramente commerciale nonostante la mitologia ce li consegni come cavalieri che dovevano difendere i pellegrini che si recavano in Terra Santa.

Dal 1307 al 1310, il pacchetto delle accuse contro i membri dell’Ordine templare fu vario: indisciplina religiosa, inosservanza della Regola dell’Ordine, indifferenza e spregio per la fede cristiana, apostasia ed eresia conclamata.

Nello specifico le contestazioni riguardavano però:

- l’iniziazione notturna con sputo sulla croce, il rinnegamento di Gesù Cristo ed in alcuni casi della Vergine Maria e dei Santi.

-l’adorazione di un idolo considerato come il vero Dio o Salvatore a cui bisognava credere.

-baci osceni, sulla bocca, sull’ombelico e sull’ano.

-l’omissione di parole sacramentali durante la messa.

-la presunzione da parte degli alti dignitari dell’Ordine di concedere l’assoluzione dai peccati.

-l’autorizzazione del crimine contro natura, la cosiddetta sodomia.

Accanto all’inchiesta della Santa Inquisizione volta ad accertare questi “reati”, nel 1309 ci fu un’indagine dei commissari pontifici che aveva lo scopo di capire se queste forme di blasfemia e di eresia coinvolgessero solo taluni soggetti posti al vertice dell’Ordine o l’Ordine intero.

Il titolo di tale inchiesta era Isti sunt articuli super quibus inquiretur contro ordinem militiae Templi.

Infatti la prima cosa che emerse da queste indagini è che le pratiche incriminate erano comandate dai vertici dell’Ordine in quanto “precetti”.


Tra i precetti confessati dai vari imputati e testimoni via era infatti:

-l’adorazione di un idolo al quale ci si rivolgeva con l’espressione “Dio mio, aiutami”, considerato il vero Salvatore, capace di arricchire l’Ordine (deposizioni dei cavalieri Cettus de Ragonis e di Gèrard de Plaisance nell’istruttoria di Viterbo del 1308)

-Il rinnegamento di Gesù, gli insulti e lo sputo sulla croce, i baci osceni dati tra i cavalieri all’atto dell’iniziazione, la sodomia, erano sempre in uso in quanto precetti. Chi protestava o si tirava indietro, veniva incarcerato o torturato. I cavalieri giuravano che non avrebbero mai rivelato ad alcuno le modalità di cerimonia di questa iniziazione (deposizioni dei cavalieri Raynal de Bergeron, Gerard de la Roche).

Nello specifico, sui baci, il gran priore Raymond de Vassiniac, ascoltato il 6 maggio del 1310, disse che avvenivano, durante l’iniziazione, bocca-bocca, bocca-ombelico, bocca-ano, secondo gli usi e i precetti dell’Ordine.

-nella celebrazione della messa, non si dovevano mai pronunciare le parole della consacrazione (testimonianza resa da un sacerdote templare nell’inchiesta a Viterbo).

-i fratelli non dovevano avere alcun contatto con le donne, dato che l’Ordine disprezzava le donne (deposizioni dei cavalieri Guillaume de Varnage, Raoul de Tavernay, Gaucerand de Montpezat).

-il Gran Maestro di turno, nonostante non fosse un sacerdote, ascoltava le confessioni dei cavalieri ed assolveva i fratelli anche dai peccati che non avevano confessato (punti 107 e 108 dell’atto di accusa).

Ed ora leggiamo alcune delle testimonianze rese dai cavalieri del Tempio:

Il cavaliere Bertrand de Montigniac disse di essere stato ricevuto dal frate Jean De Sarnage a Soissons e che questi mostratagli una croce sulla quale c’era Gesù gli disse: “Non credere in questo perché non fu altro che un falso profeta, senza alcun potere, senza alcun valore. Credi invece al Dio del cielo, l’unico in grado di salvarti”.

Il cavaliere Foulques de Troyes disse agli inquisitori che gli fu ordinato di non credere a Gesù Cristo in quanto falso profeta e perché “troppo giovane” ma di credere al dio che sta in cielo. Il cavaliere Jean de Chounes ripetè agli inquisitori lo stesso concetto, riferitogli durante l’iniziazione.

Il cavaliere Raoul de Gisy affermò che l’idolo adorato era un Maufe, cioè un dèmone. Per il cavaliere Pierre de Moncade l’idolo era un diavolo dell’Inferno. Il cavaliere Jean de Cassanhas disse che era il “Demonio, per quello che ne so io” e che durante la sua iniziazione, quando Il Precettore gli mostrò questo idolo di bronzo, rivestito di una sorta di dalmatica, dopo averlo estratto da una cassa, gli disse “Ecco un amico di Dio che dialoga con lui quando meglio crede. Rendigli grazie per il bene che fa e perché ti ha condotto qui e lui ha esaudito tutti i tuoi desideri”.

Stesso concetto fu espresso dai cavalieri Bernardo da Parma e da Jacopo da Pigazzano nel processo fiorentino. Il cavaliere Guido de Ciccica aggiunse che gli fu detto durante l’iniziazione che “Gesù non è il vero Dio, è un falso profeta, crocifisso non già per la salvezza del genere umano ma per i suoi misfatti. In base a ciò non possiamo essere salvati da lui”.

Nicolas Réginus, frate templare, disse di essere stato testimone, durante un Capitolo a Bologna che i grandi precettori dell’Ordine Guglielmo di Novi, priore di Lombardia e di Toscana e Giacomo da Montecucco dissero ai cavalieri convenuti che Gesù Cristo non era Dio né il vero Signore ma solo un falso profeta che non era morto per la salvezza dell’Umanità e che quindi non bisognava aspettarsi la Salvezza da lui ma solo da una testa posta nella sala capitolare alla quale si doveva venerazione ed adorazione. Duecento frati si inginocchiarono quindi davanti a questo idolo, secondo il racconto di questo testimone.

Il cavaliere Arnaud Sabbatier venne accolto nel Tempio e promise di vivere in castità e povertà. Nello stesso luogo chiuso e segreto in cui erano, baciò il Precettore e i frati presenti prima sulla bocca, poi sull’ano denudato. Gli venne dunque presentato sia un crocifisso che un lineum che riportava l’immagine di un uomo. Egli adorò quest’ultimo per tre volte baciandogli i piedi, ed ogni volta, contemporaneamente sputò sul crocifisso, rinnegandolo. Ammise che era voce diffusa la pratica di sodomia.


Il cavaliere Pierre de Moux durante l’accoglienza venne condotto in un altro luogo nascosto dove gli venne fatto giurare di non rivelare ad alcuno i segreti dell’Ordine; quindi ricevette il bacio del Precettore sulla bocca e lo bacia a sua volta sull’ano denudato. Gli venne allora mostrato un idolo di legno che aveva l’aspetto di un uomo, che deve adorare; egli lo adorò tre volte, ed ogni volta sputò su un crocifisso che era lì presente, rinnegandolo.

Al cavaliere Albert De Canelles, in Germania, fu detto “quel crocifisso che vedi rappresenta un falso profeta, non credere in lui, non sperare e non affidarti a lui” ed in segno di disprezzo vide un altro cavaliere sputare sulla croce rossa ricamata posta sul suo mantello bianco. De Canelles si rifiutò di sputare sulla croce e gli altri cavalieri convenuti lo costrinsero a farlo, mostrandogli le loro spade.

In Sicilia, il cavaliere Galcerand de Teus parlò agli inquisitori di come i referenti dell’Ordine si arrogassero il diritto di chiudere i Capitoli con questa particolare formula “prego Dio che perdoni i vostri peccati come li perdonò a Maria Maddalena e al ladrone che fu messo in croce”. Galcerand poi specificò meglio le sue dichiarazioni. “Il ladrone di cui parla il capo del Capitolo fa riferimento, secondo i nostri Statuti, a tale Gesù o Cristo che fu crocifisso dagli ebrei perché egli non era Dio ed invece si definiva Dio e re degli ebrei, il che è un oltraggio al vero Dio che sta nei cieli. Quando pochi istanti prima di morire, Longino gli trafisse il costato con la lancia, Gesù si pentì di essersi definito Dio e re degli ebrei e chiese perdono al vero Dio: alloro questi lo perdonò. Ecco perché parlando del Cristo crocifisso usiamo queste parole: come Dio perdonò il ladrone che fu messo in croce. Per quanto riguardo la Maddalena, i suoi peccati le furono rimessi dal vero Dio che sta nei cieli, perché fu amica di Gesù e per servirlo frequentava le chiese e i monasteri e accendeva le lampade delle chiese”.

Il cavaliere Etienne Trobati dichiarò che gli fu detto durante l’iniziazione “l’uomo Gesù è morto solo per i suoi peccati, non devi credere che Dio sia morto perché ciò non è credibile”.

Al cavaliere Gerard de Passage fu detto “Il crocifisso non è altro che un pezzo di legno, Nostro Signore è in cielo”. Poi gli fu dato il comando di schernire e calpestare la croce e contemporaneamente gli venne intimato di sputare tre volte sul crocifisso, di infangarlo in modo osceno, di farlo sempre di venerdì, specialmente il Venerdì Santo. Il cavaliere obbedì.

Nell’indagine svolta in Inghilterra dal 1309 al 1311, due testimoni ammisero che durante la messa, al momento della celebrazione dell’eucarestia, si ometteva la cosiddetta formula “hoc est corpus meum” (questo è il mio Corpo).

Molti cavalieri templari tra i quali Gaufred de Thantan, Bernard de Selgues, Bertrand de Silva, Jean de Nériton, come riportato dall’inchiesta condotta dalla corte di Roma, ammisero invece di aver adorato un animale durante i Capitoli. Nèriton disse che era un gatto dal pelo grigio e che davanti a questo animale i fratelli s’inchinavano, togliendosi il cappuccio.

A Firenze il cavaliere Nicolas Règinus disse che era un gatto nero e che tutti i fratelli l’adorarono, mettendosi in ginocchio.

Tra i documenti inseriti nell’atto d’accusa ai Templari del 1307 ci sono le “Grandi Cronache di Francia” nelle quali si legge “Un nuovo bambino generato da un Templare e da una giovane vergine veniva cotto ed arrostito sul fuoco e tutto il grasso ricavato lo credevano sacro e ci ungevano il loro idolo”.

Due testimonianze, quella del cavaliere Gaucerand de Montprezat e quella del cavaliere Raymond Rubei, insistevano sul fatto che l’idolo era un pezzo di legno chiamato Bafometto. Nel processo fiorentino un cavaliere disse che gli era stato mostrato un idolo e gli era stato detto “Ecco il vostro Dio ed il vostro Magumet”.

Per Frate Egidio “l’idolo aveva un volto bianco, quasi umano, con i capelli neri e crespi o ricci ed alcune dorature intorno alle spalle e al collo”.

Il cavaliere Guillaume d’Arrabloy, davanti ai commissari del papa, disse di aver visto una testa sull’altare dall’aspetto terribile e con la barba argentea.

Il cavaliere Pierre de Bonnefond disse che durante la sua iniziazione i fratelli più anziani lo rifornirono di una cordicella la quale aveva cinto, nei paesi d’Oltremare, la testa barbuta. Altri quattro testimoni nel processo fiorentino dissero di aver assistito alla cerimonia di consacrazione delle cordicelle e della loro distribuzione. Furono benedette attraverso il contatto con una testa ritenuta sacra e queste cordicelle venivano poi riposte in alcuni cofanetti per essere usate durante le cerimonie d’iniziazione.

Il cavaliere Gaucerand de Montprezat affermò che era precetto dell’Ordine acconsentire ai rapporti sodomitici tra i frati, allo scopo di sopportare meglio il calore delle terre oltremarine e per evitare diffamazioni a motivo delle donne e che  il Maestro che lo iniziò estrasse una cintura dalla cassa dove era conservata l’immagine sacra, consegnandola al neofita e ordinandogli di indossarla per sempre sopra la camicia.

Il templare Raymond Rubei affermò inoltre di aver sentito pronunciare la parola (araba) Yalla dopo che i cavalieri più anziani baciavano i piedi dell’idolo dove era dipinta “una figura di Bafometto”. Inoltre per lui era uso considerare l’idolo come colui che “ha dato alla terra la virtù di germogliare e far fiorire gli alberi e le piante”.

Tra i capi d’accusa infine c’era poi una serie di testimonianze che affermavano di aver sentito dire a chi aveva diretto i Capitoli notturni “tutte le cose che non avete detto per vergogna della carne o timore della Giustizia della casa, io chiedo a Dio che vi siano perdonate”.

Dalla lettura di queste deposizioni, possiamo logicamente affermare che:

I templari avevano una cerimonia d’ingresso che possiamo definire iniziatica, segreta, che non doveva essere divulgata al di fuori dell’Ordine. In una deposizione si fa accenno ad una tradizione scritta di questi rituali contenuti in alcuni Statuti mai ritrovati. Durante la cerimonia, i fratelli più anziani chiarivano al neofita la vera storia di Gesù, definito un ladrone o un falso profeta posto in croce solo per le sue malefatte. Egli, dicevano gli anziani templari, non era il dio salvatore del genere umano, come insegnato dalla dottrina cattolica. Il cerimoniale poi prevedeva l’oltraggio al simbolo della croce, sulla quale veniva ordinato al neofita di sputare. Nel contempo, durante l’iniziazione, i vecchi templari istruivano il neofita a credere nel Padre che sta nei cieli, senza però dare alcun tipo di dettaglio sul monoteismo praticato. Molta importanza veniva data al culto di un idolo, definito, questo sì, il vero Salvatore e dispensatore delle ricchezze dell’Ordine e dei desideri dei singoli membri. Talvolta nei verbali è descritto come una testa barbuta o glabra, talvolta è chiamato Bafometto. In un caso è definito “amico di Dio che parla con Lui” e al quale ci si può rivolgere per ottenere esaudito ogni tipo di desiderio. In un paio di casi è un gatto ad essere adorato. Qualunque sia la sua forma, l’idolo è oggetto di adorazione da parte di tutti i cavalieri, che si manifesta con baci e prostrazioni vari. In un caso è accompagnato dalla parola Yalla che, se fosse araba, vorrebbe significare Oh, Dio. L’idolo è presente in ogni provincia e casa dell’Ordine. Molto spesso i cavalieri lo toccano con cordicelle che poi indossano sopra o sotto la tunica. I baci rituali durante l’iniziazione avvengono tra cavalieri anziani e i neofiti e sono tra bocca-bocca, bocca-ombelico e bocca-ano. La sodomia è raccomandata, non è punita, mentre è indicato di stare lontano dalle donne. Le messe e le confessioni non sono abolite in toto, non sono indicate come inutili ma sono modificate in alcune parti, quasi fosse uno sberleffo del rituale. Le assoluzioni dai peccati sono mantenute ma sono impartite dal Gran Maestro in persona.

Per concludere:

Si tratta quindi di una strana forma di culto religioso segreto che accetta la Chiesa cattolica, pratica storpiando parte dei suoi riti ma nega la divinità di Gesù Cristo, anzi lo ritiene un malfattore da disprezzare. Anche il simbolo della croce romana è disprezzato attraverso il rito dello sputo. Inoltre questo culto manifesta una sorta di monoteismo con l’aggiunta però di un intermediatore, un potente idolo, più spesso una testa terribile, definito come il vero Salvatore dell’Ordine e dei suoi membri, dispensatore di ogni ricchezza e di ogni desiderio. Esso è oggetto di culto con baci, venerazioni e spesso viene cinto con cordicelle. Il cameratismo tra i fratelli è rafforzato dalla pratica dell’omosessualità indotta, mentre viene resa palese una forte misoginia. Il rito fa capire ai cavalieri che questo culto è una tradizione dell’Ordine e che questi riti siano scritti in uno Statuto tenuto appositamente segreto.

 

 Un saluto dal vostro Michele Allegri

mercoledì 11 novembre 2020

IL CONTE DI CAGLIOSTRO, EREDE DELLA TRADIZIONE ESOTERICA DEI TEMPLARI E FONDATORE DELLA MASSONERIA EGIZIA

 



Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

non vi è dubbio che il Conte di Cagliostro sia stato uno delle personalità più in vista dell’Europa nel secolo dei Lumi. Amico degli umili e dei potenti del tempo, fu apprezzato e disprezzato allo stesso tempo. Per taluni fu un genio, per altri un avventuriero. Fu sicuramente il Mago ed il massone più conosciuto della sua epoca.

Le sue arti spaziavano dalla medicina alla negromanzia, dall’astrologia all’alchimia, dalla capacità di predizione degli eventi all’ipnotismo.

Fu consigliere ascoltato di Papa Clemente XIII che lo considerava “l’ultimo dei Templari”. Diffuse in tutta Europa il rito della Massoneria Egizia della quale fu il Gran Maestro riconosciuto con il titolo di Gran Cofto, iniziando ad essa il cardinale de Rohan e Napoleone Bonaparte.

Predisse la fine della monarchia francese e l’avvento della Repubblica. Chiese al Papa che la Chiesa cattolica si riformasse adottando gli Statuti della sua Massoneria. Per questo motivo fu il bersaglio preferito delle inchieste della Santa Inquisizione che mosse a lui le stesse accuse mosse ai Templari trecento anni prima: eresia, apostasia, riti negromantici con invocazione delle anime dei defunti, magia nera, idolatria…

Venne catturato a Roma e venne processato dalla Santa Inquisizione perché massone, mago ed eretico. Considerato colpevole, fu condannato a morte ma per paura che venisse considerato dalla popolazione un martire del potere temporale della Chiesa, Papa Pio VI commutò la pena nel carcere a vita, da scontare nella fortezza di San Leo.

Gli Statuti della Massoneria egizia furono messi all’Indice e bruciati in pubblica piazza assieme ai suoi strumenti massonici: sciarpe, teschi, triangoli, cazzuole, grembiuli, cordoni, guanti, spade, stelle fiammeggianti, labari.

Il Conte di Cagliostro morì in carcere, forse avvelenato dai suoi stessi carcerieri. Il suo corpo non fu mai trovato ma una leggenda racconta che un reparto speciale di truppe francesi fu mandato a San Leo dal massone Napoleone Bonaparte. La consegna era quella di liberare il Conte o riportare in Francia le sue spoglie mortali.

Si dice che i soldati fecero degli scavi nella zona circostante, trovando il suo teschio. Secondo il rituale templare, quei soldati, legati da vincoli massonici, baciarono la testa del Maestro, la venerarono e poi “colmarono il teschio di vino e, a turno, brindarono alla salute della Repubblica”.

 


martedì 10 novembre 2020

IL BAFOMETTO DEI TEMPLARI IN UN CELEBRE AFFRESCO FIORENTINO


 Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

in questo celebre affresco della scuola giottesca collocato nella salotta di Palazzo Vecchio in Firenze ma proveniente da una parete del carcere delle Stinche, si possono notare tutta una serie di interessanti elementi che riguardano l'Ordine templare.

Il tema ufficiale è quello della cacciata da Firenze del duca d'Atene Gualtieri VI di Brienne, avvenuta nel 1343, ma un focus più attento ci rimanda ad inequivocabili immagini riferibili ai Templari.

A darci questa dritta è il celebre erudito toscano Giulio Cesare Lensi Cardini, già capo ingegnere del Comune di Firenze che notò:

1. Un gruppo di cavalieri templari che ossequiano

2. La Nostra Signora (Notre Dame), protettrice segreta dell'Ordine

3. Spade e lance spezzate a terra che fanno riferimento alla distruzione dell'Ordine templare per ordine di Papa Clemente V.

4. Un angelo che insegue e minaccia il duca di Atene che fugge mentre sotto braccio tiene il famoso idolo dei Templari, la testa barbuta, dispensatrice di ogni potere chiamata in Toscana Magumet (immaginetta) o Bafometto.

Ecco qui sotto il particolare dell'affresco



Ed ancora, ingrandita, l'immagine dell'idolo barbuto Bafometto

 

Come ho spiegato nel mio ultimo articolo pubblicato sul quotidiano on line LiberoReporter, il legame tra alcune casate nobiliari e talune organizzazioni esoteriche, ivi compreso l'Ordine del Tempio, è un fattore documentato che attraversa molti secoli della storia passata.

Riferendoci a questo dipinto, il duca di Atene era anche conte di Brienne-Le-Chateau, importante città appartenente al dipartimento dell'Aube nella Champagne.

Proprio là ebbe i natali il fondatore dell'Ordine del Tempio, quell'Hugues des Payns sposato con Caterina de Saint Clair.

Ecco il sito ufficiale del dipartimento dell'Aube.

https://www.aube-templiers-2012.fr/369-italian-version.htm

Un saluto a tutti voi dal vostro

Michele Allegri

sabato 31 ottobre 2020

Nella notte di Halloween dell'anno 1897 fu commesso l'omicidio del parrco Gèlis, custode del Grande Segreto...Templare.

 


Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

Nella notte di Halloween, la notte delle streghe,  il 31 ottobre del 1897, venne assassinato in maniera brutale il parroco di Coustaussa Antoine Gèlis, già coinvolto con l'amico Berengere Sauniere in strane vicende nella zona dell'Aude ( leggasi Ade greco). Il sacerdote fu colpito più volte con un attizzatoio. Un mare di sangue sul pavimento fu prontamente segnalato nei rapporti di polizia. Il prete conosceva i suoi assassini che hanno agito secondo un protocollo, secondo un rituale preciso, di vendetta templare. Appositamente infatti lasciarono uno strano biglietto con scritto ViVa Angelina...

Il parroco Gèlis, come quello di Rennes-Le-Chateau, Sauniere, si erano infatti stranamente arricchiti.

Ed allora, c'è da domandarsi: Quale organizzazione li pagava profutamente? La stessa che li aveva affiliati? Quale Mission dovevano compiere? Quali ricatti furono messi in campo dal Gèlis per scatenare una reazione del genere?

Sulla tomba del parroco assassinato campeggia una rosa ed una croce.

Attenzione: questa storia deve essere letta tutta a ritroso e non c'è miglior notte magica di questa, per poterlo fare...


martedì 13 ottobre 2020

13 ottobre 2020-13 ottobre 1307: 713 anni dall'arresto dei Templari

 



Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

oggi ricorre il 713° anniversario della cattura dei Templari in terra di Francia. Eccetto alcuni fuggiaschi, la maggior parte dei cavalieri furono arrestati con l'accusa di eresia, apostasia, violazione della disciplina canonica, blasfemia, pratiche oscene come l'idolatria e la sodomia, dopo che un quadro dell'Ordine, Esquin de Floryan, aveva spifferato ogni cosa agli uomini del re di Francia. I templari, al di là della sbandierata capacità militare, non opposero resistenza ai soldati di Filippo IV° il Bello. 

Furono quindi incarcerati ed interrogati dalla Santa Inquisizione del domenicano Imbert. Alcuni furono torturati, altri confessarono spontaneamente. Entrambe le versioni però coincidevano.

Il Maestro del Tempio, il borgognone Jacques De Molay, venne interrogato in segreto dai cardinali mandati da papa Clemente V°.  Come attestato dal documento di Chinon, De Molay, senza subire alcuna forma di costrizione o di tortura, confessò di essere stato ricevuto nell'Ordine dopo una particolare iniziazione che lo obbligò a rinnegare tre volte il Cristo sulla croce e, conseguentemente, fu costretto a sputare contro l'immagine di questo crocifisso, affermando che Gesù era un falso Dio. Davanti ai cardinali si scusò per questo atto che aveva compiuto ma affermò che era una consuetudine praticarlo. Invocò il perdono della Chiesa. Di fatto il Maestro abiurò e chiese perdono. Il papa, segretamente e cristianamente, accettò queste scuse.

Gli eventi però presero una piega più dura del previsto e alla fine il papa, a causa delle nuove e continue colpe di eresia che emergevano dall'inchiesta, sentì il dovere di emanare una Bolla, la Vox in Excelso, con la quale sopprimeva l'Ordine in maniera perpetua, scomunicando quanti avessero ancora usato il nome e l'abito dei Templari.

I capi dell'Ordine finirono al rogo.

giovedì 8 ottobre 2020

L'Idea Magazine, quotidiano on-line della Comunità italo-americana mi ha intervistato

Cari amici, bloggers e semplici curiosi, ecco la mia intervista all'Idea Magazine, il nuovo periodico on-line della Comunità italo-americana.

Buona lettura!


http://lideamagazine.com/da-la-religione-segreta-dei-templari-a-io-sono-cio-che-mangio-intervista-esclusiva-allo-scrittore-michele-allegri/


lunedì 17 agosto 2020

Priorato di Sion, Templari, Catari, Compagnia del SS Sacramento, AA, Hieron du Val d'Or, Paneuropa, Società Thule...ecco la vera Storia della Nobiltà della Linguadoca!

 Cari amici, bloggers e semplici curiosi,
Vi segnalo questo mio lungo articolo storico pubblicato sul quotidiano on-line LiberoReporter, con sede in Svizzera ed Inghilterra, diviso in quattro parti.
 
Questa è la vera storia del Priorato di Sion,  della sua Nobiltà occitana-belga, della sua Mission politica, tesa a creare un' Oasi di Pace in Europa, in perenne conflitto contro le monarchie e la Chiesa cattolica, nel nome di Saturno.
 
https://www.liberoreporter.it/2020/07/Speciali/la-nobile-mission-di-uneuropa-di-pace-nel-nome-di-saturno-parte-prima.html
 
https://www.liberoreporter.it/2020/08/Speciali/la-nobile-mission-di-uneuropa-di-pace-nel-nome-di-saturno-parte-seconda.html
 
https://www.liberoreporter.it/2020/08/Speciali/la-nobile-mission-di-uneuropa-di-pace-nel-nome-di-saturno-parte-terza.html
 
https://www.liberoreporter.it/2020/08/Speciali/la-nobile-mission-di-uneuropa-di-pace-nel-nome-di-saturno-quarta-e-ultima-parte.html
 
Buona Lettura!

Et In Arcadia Ego...
 
il vostro Michele Allegri

mercoledì 27 maggio 2020

INTERVISTA RADIOFONICA SULLA PIRAMIDE DI FALICON E IL SEGRETO DEI TEMPLARI

                                                                                 

giovedì 14 maggio 2020

LA NOBILE MISSION DI UN'EUROPA DI PACE, NEL NOME DI SATURNO

                                                                             


Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

ecco a voi il mio lungo excurcus storico sulla nobiltà della Linguadoca presso il Centro Studi della Storia Occitana.
Condensa 20 anni di approfondite ricerche.
Buona lettura!


Esiste un’antica nobiltà della Linguadoca che per secoli ha perseguito una Missione politico-esoterica ispirata al mito arcadico dell’Età dell’Oro, il regno di Saturno: creare un’Oasi di Pace in Europa, superando l’odiata diarchia di trono e altare.
Le prove di questa missione si ritrovano disseminate lungo tutta la storia d’Europa a partire dalla fondazione della monarchia merovingia fino al Secondo Dopoguerra, e si riscontrano in tutti i principali accadimenti socio-politici e religiosi che questo articolo andrà a toccare.
Un certo pragmatismo illuminista vuole che la storia si legga attraverso la domanda latina Cui prodest? (A chi giova?), domanda che presuppone che alla base degli avvenimenti storici ci siano sempre e solo fattori concreti, come interessi economici e l’estensione del potere politico di una persona, di un gruppo o di una nazione.
Troppo spesso gli storici rifiutano di dare il giusto peso a un terzo fattore, che pure si è dimostrato un potente motivatore dell’agire umano anche politico: l’esoterismo.
Nella fattispecie, si vedrà come alcune antiche famiglie nobili abbiano ostinatamente portato avanti nei secoli una missione politica fondata su credenze magico-esoteriche, profondendo in essa ingenti risorse, esponendosi a rischi personali enormi e subendo pesanti sconfitte politiche e militari che non hanno tuttavia mai posto fine all’intento originario di ripristinare un ordine di pace e giustizia in cui gli uomini tornassero a vivere, come descrive Esiodo in Le opere e i giorni, “senza dolori, senza fatiche, senza pene”, sotto la guida di un re buono.

Protagonista di questa missione è una parte della nobiltà più antica d’Europa, cui appartenevano alcune famiglie della Linguadoca (Francia meridionale, in prossimità dei monti Pirenei), dedite a pratiche occultiste, che si distinguevano per una specifica caratteristica: la discendenza da un antenato mitologico semidivino o mostruoso.
La storia ce li consegna come nobili discendenti della famiglia dei merovingi.

Meroveo, il primo re dei Franchi, infatti, secondo la mitologia, discendeva, da parte di padre, da una bestia di mare, una sorta di drago marino, chiamato Quinotauro (bestia Neptuni Quinotauri similis), dal quale aveva ereditato un potere magico-taumaturgico, nonché una deformità fisica simile ad una coda in prossimità del coccige, un marchio che lo contraddistingueva dagli altri re.
Meroveo e i suoi discendenti non amavano la guerra, erano chiamati per questo motivo “i re fannulloni”. Erano anche definiti “re incantatori” in quanto si dedicavano alla magia, all’arte, alle scienze e in particolare all’astronomia, all’astrologia e alla divinazione, che anticamente avevano tra loro confini piuttosto sfumati. Il loro sangue, come quello del mitologico drago dei popoli del Nord Europa, secondo le tradizioni popolari, aveva poteri curativi e, per questo motivo, erano molto amati dai loro sudditi.
Il loro quartier generale stava a Stenay, la cittadina delle Ardenne dedicata a Saturno, il dio della sovversione e del mondo agricolo-bucolico che tiene in mano la falce, nonché sovrano dell’età dell’Oro, poi detronizzato da Giove.

Oltre che nelle Ardenne, la dinastia merovingia si era estesa anche nella zona occitana, in Linguadoca, regione che non faceva parte del Regno di Francia.
Era una zona indipendente, con una propria lingua, la Langue d’Oc appunto, con istituzione politiche avanzate, con rapporti commerciali e di potere con le casate spagnole dei regni di Castiglia e León.
La nobiltà dell’Occitania e del Razès in particolare, era rappresentata dai conti di Tolosa, i Gellone, i Trencavel, i Lusignano, i Blanchefort (Bertrand, nel 1153, sarà Gran Maestro dell’Ordine dei Templari), i De Fleury, i Roquefort, i Voisins, gli Hautpoul-Felinès, i De Nègre, i D’Ables, i Joyeuse, gli A-Niort e gli Arques. Queste famiglie si imparentarono tra loro e con i discendenti dei re merovingi a partire da Sigisberto IV.

Ciò che caratterizzava questa genealogia nobile era:
1. la custodia di un segreto di famiglia (definito tesoro), occultato nei territori da loro governati;
2. la predicazione del ritorno del “Grande Monarca” (il cui avvento dalla Linguadoca è profetizzato da Nostradamus, un protetto della casa dei Lorena);
3. una ribellione dottrinale e politica al papato romano, agli imperatori e ai monarchi assoluti;
4. la costante cospirazione per costruire un’Europa di pace, senza conflitti, all’insegna del ritorno dell’età dell’oro e appunto del suo Monarca.

Le nobili famiglie della Linguadoca, per portare avanti questa Mission, hanno sempre cercato di condizionare il resto del secondo stato (la nobiltà, secondo la denominazione settecentesca), incrociando il proprio blasone e il proprio sangue con quelli di altrettante nobili famiglie europee come i Lorena, gli Asburgo, i Buglione, i Gonzaga, gli Sforza, gli Angiò, i Guisa i, Visconte, i Borghese, i Colonna, i Gonzaga, i Sinclair/ De Saint Clair, i Savoia e i Setton per citare le più importanti.
Per fare un esempio: Guillem de Gellone fu conte di Tolosa e dei Pirenei e il suo potere si estendeva anche alla Spagna nord-orientale. Protagonista del poema Willehalm, di Wolfran Von Escehnbach, era il nipote del re merovingio Sigisberto IV.
Il figlio di Guillem invece fu Eustachio, conte di Buglione, i cui nipoti sono i celebri nobili impegnati nelle crociate dell’anno Mille, Goffredo, difensore del Santo Sepolcro, e Baldovino I, re di Gerusalemme.

Un giornalista, Lionel Burrus, esponente della Gioventù Cristiana svizzera, sul “Settimanale cattolico di Ginevra” ebbe a scrivere il 22 ottobre del 1966: “I discendenti dei Merovingi sono sempre stati gli ispiratori di tutte le eresie, dall’arianesimo ai catari e ai Templari, fino alla Massoneria. La famiglia in questione, nel corso dei secoli, non ha generato che agitatori ostili e subdoli alla Chiesa Cattolica”.
A dar manforte a queste parole ci fu anche lo scrittore S. Roux, il quale espose in un libello la sua tesi secondo la quale “Non si può dire che la Chiesa Cattolica ignori questa stirpe ma si deve ricordare che tutti i suoi discendenti, a partire dal re merovingio Dagoberto II, sono stati agitatori segreti, ostili tanto alla casa regnante francese quanto alla Chiesa e che sono stati la fonte di tutte le eresie europee…”.

Questa dinastia, infatti, acquisì potere e consolidò le proprie tradizioni familiari nel Medioevo, durante il quale trovatori, minnesinger e poeti li resero protagonisti della vasta e affascinante letteratura del Graal e del Ciclo Bretone, opere nelle quali il retroterra pagano-magico di queste famiglie (la celebre famiglia del Graal della Linguadoca che porta un “marchio” che li distingue) è ancora ben evidente.

Un esempio tangibile dell’ostilità alla diarchia dei due Soli lo si trova appunto nella fondazione dell’Ordine dei Templari, promossa nel 1118 dal nobile Hugues des Payns della Champagne-Ardenne, sposato con la nobildonna Caterina St. Clair e da altri vassalli che, approfittando delle crociate per la riconquista della Terra Santa, progettarono l’ambizioso tentativo di costruire un regno ricco e pacifico in Gerusalemme, alternativo all’impero e al papato europeo e alla cui guida si pose prima Baldovino I Buglione, loro protettore, e poi nel tempo, Guido di Lusignano, signore di Stenay, discendente dal serpente-dama Meleusina.

Si narra, infatti, che Melusina fosse una donna di straordinaria bellezza ma che di sabato si trasformasse in un serpente. La bella dama, secondo le cronache del tempo, era dedita a pratiche di magia nera e, affacciandosi dalla Torre del castello di Stenay, comunicava con i lupi ululando come loro.
Anche la nobile famiglia della Linguadoca degli Hautpoul-Felines, imparentata con i Lusignano, condivideva con loro la discendenza dalla dama Melusina e le leggende locali attribuiranno loro la fama di lupi mannari, esperti di magia nera, adoratori di gatti neri. I loro sudditi li chiamavano “i sovrani della montagna nera”. Ancora oggi, ogni anno il loro castello è meta di visite pubbliche da parte di esoteristi e studiosi di ogni sorta che sperano di vedere apparire la Melusina, in certe particolari notti di luna nera.

La rivalità tra i Templari (che avevano un terzo dei loro possedimenti in Linguadoca), la monarchia francese di Filippo IV il Bello e il papato si risolverà solo nel 1307, con l’arresto dei nobili ai vertici dell’Ordine dei Templari, con la soppressione in perpetuo dell’Ordine da parte di papa Clemente V, con la condanna al rogo per tutti loro come eretici impenitenti, a causa delle accuse di idolatria, apostasia, negromanzia, sodomia e vilipendio del Cristo mosse loro dal domenicano Imbert e dal giureconsulto De Nogaret e confessate dai capi dell’Ordine.
In realtà, come ci dicono i documenti dei processi di Carcassonne e di Firenze, la dottrina templare era fondata su un forte dualismo manicheo.
Questi monaci-guerrieri pregavano tanto il “Dio che sta nei cieli” quanto un idolo barbuto dall’aspetto terrificante definito “il vero Salvatore” chiamato anche “Bafomett” o “Magumet” che consentiva loro di avere ricchezze e potere.
Gesù, per i Templari, era una figura di poco conto. Spesso veniva indicato come un “ladrone, crocifisso per i suoi peccati”. Nelle pratiche d’iniziazione, era ordinato ai neofiti di sputare sulla croce e poi di calpestarla con la formula “non credere in lui, non ti può salvare”.

Sempre in epoca medievale, queste famiglie nobili si schierarono a difesa politica e militare dei catari, il movimento ereticale manicheo-dualista che dall’anno mille fino al 1210 si era radicato nella Linguadoca e in una vasta zona che andava dalla Liguria, passando per la Lombardia, l’Austria, la Germania fino ai Balcani.
Il catarismo era una dottrina complessa che vedeva la contrapposizione di due principi (bene vs male) e di due divinità, il padre che sta nei cieli e il demiurgo, creatore del mondo e di tutte le cose visibili. La maggioranza dei “buoni uomini” o “perfetti”, così erano definiti i catari, predicava e praticava la pace, il vegetarianesimo, la povertà, la parità tra uomini e donne, conducendo un’aspra critica morale e dottrinale alla chiesa cattolica romana, considerata corrotta.
Epicentro dell’eresia, secondo Bernardo di Chiaravalle, era la città di Lavaur.
Una minoranza, invece, più legata alla dottrina dei bogomili jugoslavi, bulgari e a quelli della Tracia, era dedita a strani riti nelle grotte del Sabhartes e credeva nell’esistenza di un “Re del mondo”, per usare un’espressione dello scrittore esoterista Renè Guenon, una Demiurgo che abita nelle viscere della Terra in attesa di ritornare in superficie a comandare.
L’eco di questa agitata minoranza suscitò a Carcassonne, da parte della Santa Inquisizione, il primo processo in assoluto contro una riunione di streghe, nel 1330.
Questo movimento sensista e materialista si diffuse anche in Austria, in Stiria, Boemia, Brandeburgo e Reno dal 1176. Nelle diocesi di Passavia, Vienna e Stiria venivano palesemente confusi con gli altri catari. Nel 1315 un centinaio di loro vennero bruciati a Krems e a Saint-Hipollyte, in Boemia.

Anche in questo caso, la stirpe merovingia che governava la Linguadoca pagò un prezzo altissimo per essersi opposti a papa Innocenzo III, promotore della Crociata contro gli Albigesi che ebbe luogo tra il luglio e l’agosto del 1209, cui parteciperanno le famiglie nobili fedeli al papa ma non i Templari, che si rifiutarono di andare a combattere per solidarietà verso i catari. Simon De Monfort e la nobiltà cattolica non esitarono a sterminare la popolazione catara riunitasi nella fortezza di Montsegur e ad uccidere o arrestare alcuni esponenti della nobiltà occitana che li aveva sostenuti, come i membri della famiglia dei Trencavel o il conte di Tolosa, Raimondo VI.
Il conte di Tolosa, per inciso, aveva parentele altolocate anche fuori dalla Linguadoca. Era figlio della regina Costanza, sorella del re di Francia Luigi VII, e sua moglie era la sorella del re d’Inghilterra ed aveva stretto alleanze con il barone tedesco Otto de Brunswick.
Questi legami di sangue permisero che, dopo la sconfitta, le nobili famiglie della Linguadoca potessero continuare ad opporsi al papato e alla curia romana, appoggiando prima il papa Avignonese Giovanni XXII, già vescovo di Alet Les Bains, nel territorio occitano-cataro, e poi il cardinale Baldassarre Cossa, della famiglia angioina e signore di Ischia che sarà l’antipapa Giovanni XXIII, il cui nome, stranamente, fu riadottato nel 1958 dal nobile cardinale Angelo Roncalli, il “papa Buono” che, a detta di molti, dentro e fuori le mura leonine, apparteneva al movimento rosacrociano.

È in questo periodo che in Europa si assiste ad un fermento persecutorio nei confronti degli eretici e più in generale contro la religione pagana, bollata come stregoneria, che colpirà sacerdoti e frati come Urbano Grandier ma soprattutto donne, anche appartenenti alla nobiltà, come Guglielma di Chiaravalle (figlia del re Boemo Ottocaro I e considerata dai suoi adepti la messia femminile), la baronessa Jeanne des Anges, la marchesa Anne de Sainte Agnes ed addirittura Claire de Saint Jean, nipote del cardinale de Richelieu.
Caso emblematico fu quello di Leonora Galilai, moglie di Concino Concini, a sua volta nipote di alcuni ministri del Granduca di Toscana. Dama di compagnia della regina Maria de Medici, fu accusata di praticare la stregoneria. Perquisita la sua casa, furono trovati alcuni libri con simboli magici, rotoli di velluto rosso, alcuni ciondoli e talismani. Fu dichiarata colpevole, decapitata e il restante corpo venne bruciato nel 1617.
Come per i Templari, si mosse la macchina della Santa Inquisizione con l’Indice dei libri proibiti: tutti, nobili compresi, potevano essere accusati di stregoneria e di eresia che, a quell’epoca erano sinonimi.

La “caccia alla streghe” portò quindi questa nobiltà, sulla fine del 1400, a muoversi in sordina e a costituire una società segreta denominata Brouillard (Nebbia). Non è un caso che la pronuncia francese del nome di questa setta sia identico alla parola bruja che, in occitano e castigliano, significa appunto “strega”.
Il nome “Nebbia” voleva ricordare qualcosa di etereo, impalpabile, difficile da afferrare e quindi da colpire, ma anche qualcosa di mitologico: la foschia che ricopre il regno di Thule o l’Olimpo greco o, meglio ancora, la nube che circonda il Regno di Saturno.

Ancora una volta, il quartier generale della Nebbia sarà nella città di Stenay, nelle Ardenne.
Attorno a quest’organizzazione fu costruito un circolo esterno aperto a pittori, letterati, musicisti, poeti e studiosi che volevano manifestare la loro ribellione concettuale all’alleanza oscurantista di trono e altare, riscoprire le antiche tradizioni pagane europee e dare impulso allo sviluppo delle scienze nuove e antiche.
Questo circolo esterno era quindi incaricato di fare propaganda attraverso l’arte, divulgando messaggi in codice che dovevano sfuggire all’apparato della Santa Inquisizione ma che, simbolicamente, dovevano fare breccia nella società che cambiava, “unendo persone che non avrebbero avuto motivo di conoscersi tra di loro”.
Il periodo, infatti, era caratterizzato dall’Umanesimo e poi dal Rinascimento. Figure come Pico della Mirandola, Leonardo da Vinci, Giordano Bruno si muovevano al limite dell’eresia. Bruno in particolare, filosofo e monaco, rivalutò l’ermetismo, la magia naturale, studiò i pianeti parlando di panteismo, divenendo un buon consigliere di monarchi per la pace in Europa e per lo sviluppo della diplomazia tra regni, ma sarà poi bruciato come eretico dalla Santa Inquisizione veneziana.
Ci sarà anche una riscoperta del pensiero platonico, del mito di Atlantide e della prima umanità che viveva in pace ed era tecnologicamente avanzata (ricordiamo “la nuova Atlantide” di Bacone).
La conoscenza e non la fede cieca nella Bibbia o nel pensiero aristotelico divennero il centro degli interessi dei pensatori e degli artisti.

Il circolo esterno si chiamava Società Angelica, in ricordo degli angeli ribelli che, come racconta la Bibbia, insegnarono alle figlie degli uomini le pratiche magiche e che sono i messaggeri di questa Nebbia, mediatori tra gli uomini e le forze soprannaturali.
Il tipografo tedesco di Reitlingen nel Wurttemburg, Sebastian Greif (detto Gryphe, cioè Grifone) ne sarà l’attivatore nel 1522 e diffuse la Società Angelica in Germania e in Francia, sotto l’attenta guida di Raymond de Saint Gilles, il Conte di Tolosa, un pezzo grosso della nobiltà della Linguadoca.
La misteriosofia di questo gruppo è assai complessa: la passione paranoica per il Segreto, la venerazione di una sacra tomba, pratiche magiche per la resurrezione dei corpi, l’esaltazione del mito dell’Arcadia greca e dell’età dell’oro (il Saturnia regna), la voglia di sovvertire lo status quo che si manifesta con l’inversione di immagini sacre, frasi o lettere. E ancora: il mito dell’eterna giovinezza, del Graal, le porte magiche che conducono al mondo sotterraneo, nel regno dei morti, l’Ade dei greci cui si accedeva dalla regione dell’Arcadia, ma anche nel primo Regno di Pace, Atlantide, dove la prima divinità regale governava la prima umanità immortale.
Simbolo del gruppo era un polpo marino, anticamente associato al Demiurgo o re del mondo.
Il motto, invece, una criptica frase latina, Et In Arcadia Ego, sul cui significato si interrogano ancora studiosi di tutto il mondo.
Questa enigmatica frase comparirà in un celebre dipinto di Giovanni Francesco Barberi, detto il Guercino, nel 1618, in cui due pastori entrano in una radura e s’imbattono in una tomba che reca questa iscrizione, e in uno, più famoso, di Nicolas Poussins, I Pastori di Arcadia, nel quale tre pastori, all’interno di un contesto bucolico e sotto lo sguardo vigile di una guida iniziatica femminile, scoprono una tomba che reca questa strana iscrizione.
Poussins risulterà essere il protetto di Sublet de Noyers, primo intendente della casa dei Joyeus, nobili della Linguadoca. Il 7 Aprile del 1647 scriverà ad un amico pittore una lettera alquanto ambigua a proposito di un Segreto: “Vi potrei raccontare cose su quest’argomento, che sono molto vere ma sconosciute a tutti. Bisogna dunque passarle sotto silenzio”.
Anche presso i terreni esterni della residenza dei conti di Lichfield di Shugbourgh Hall, nello Staffordshire, è ancora visibile un grande bassorilievo con il celebre quadro di Poussins e l’immancabile scritta in latino.
Questa casa passò poi nelle mani della nobile famiglia Anson, la quale ebbe tra i suoi discendenti il celebre ammiraglio che circumnavigò il globo. Alla sua morte, nel 1762, nel parlamento inglese verrà letta questa elegia, ricca di messaggi in codice:

Su quel marmo istoriato posa l’occhio.
La scena strappa un sospiro morale.
Fin nelle piane elisie dell’Arcadia,
tra le ninfe ridenti e pastori,
vedi la gioia festosa che si spegne,
e la pietà surrogare il sorriso;
dove le danze, il liuto, le feste
La passione che vibra in cuori ardenti,
Nel giovanile fiore della vita,
Sta la ragione ed indica la Tomba.

L’opera chiave della Società Angelica era il Sogno di Polifilo, scritto nel 1467 dal monaco domenicano Francesco Colonna, signore di Palestrina e stretto collaboratore di papa Borgia.
Il protagonista dell’Opera è Polia il quale, dopo aver abiurato il cristianesimo considerato una falsa dottrina, viene portato dal dragone nel mondo sotterraneo a compiere un viaggio iniziatico che culmina al cospetto della dea Venere, dalla quale riceve la nuova luce della conoscenza.
Nei blasoni di alcune di queste famiglie nobiliari comparirà in quest’epoca il dragone o biscione, come nel caso dei Borghese e dei Visconti.
Il dragone era poi l’emblema del partito dei ghibellini, quella fazione laica che si oppone al partito dei guelfi, legato alla Chiesa di Roma.

Ed è in questo periodo che le ville gentilizie si riempiono di statue di significato arcadico, agreste e mitologico. Draghi e serpenti ma anche ninfe, divinità greche come Venere e semidei come Pan, sostituiscono i santi cristiani e le immagini vetero-testamentarie.
Tutta la nobiltà, proprietaria terriera, riscopre il mondo agreste e bucolico rileggendo i passi di Virgilio. Si considerano Buoni Pastori che devono guidare i loro sudditi, diventano mecenati degli artisti i quali devono glorificare le arti e le scienze con il loro impegno.
Per molti secoli, il mito sarà ricorrente tra gli artisti. Si pensi per esempio al Flauto Magico (di Pan) dell’austriaco e massone W. A. Mozart in epoca illuminista, artista molto apprezzato alla corte di nobili e cardinali austriaci.

Interessante, a metà del 1400, la figura di Renato d’Angiò, conte di Piemonte, di Lorena e di Gerusalemme, nonché amante di Giovanna d’Arco (anche lei caduta nelle maglie dell’Inquisizione come eretica e per questo bruciata sul rogo), conosciuto come il Buon Renè, il buon re-pastore della riscoperta dell’Arcadia.
Uomo di corte e non di guerra, dedito alla magia, ospitò per molti anni Jean de Saint Remy, medico cabalista e nonno di Nostradamus. Influenzò i Medici a Firenze ed andò ad abitare a Tarascona, celebre città costruita in onore del drago mitologico detto Tarasca.
Nella sua opera dedicata all’Arcadia, parla di una tomba in prossimità di un fiume sotterraneo.

Anche il napoletano Jacopo Sannazzaro s’imbatterà in questo tema nell’opera “Arcadia” nel 1504.
Il filone sarà così fortunato, coinvolgendo personalità in ogni campo del sapere, che si costituisce un’Accademia dell’Arcadia nel 1690, i cui membri si definiranno Pastori mentre l’insegna sarà inequivocabile: un dio Pan che suona la siringa a sette corni.
La sede, donata da re Giovanni V del Portogallo, vedrà Papa Leone XIII come membro attivo delle sedute arcadiche. Ad essa sarà collegata, in Roma, non è un caso, la Biblioteca Angelica.
Lo scrittore Maurice Barrès nella sua “Collina Ispirata” del 1913 scriverà a proposito: “Et In Arcadia Ego, anch’io sono stato in Arcadia, nel paese meraviglioso dell’immaginazione, ci grida dalla Tomba un genio…”.

Sotto l’impulso di queste manifestazioni culturali, per l’Europa cristiana e l’unità della fede cattolica sotto le insegne del pontificato apostolico e romano, il Quattrocento e il Cinquecento sono anni terribili.
Questa nobiltà sobillatrice ed eversiva appoggia in Inghilterra lo scisma anglicano, in Francia il movimento ugonotto, in Svizzera quello delle chiese calviniste, in Germania la Riforma Protestante.
Lutero è, infatti, ben protetto dalla nobiltà che si contrappone tanto al papa quanto all’imperatore Massimiliano I, a partire dal principe Federico III di Sassonia. Altri suoi pari come Giorgio di Brandeburgo, Ernesto di Brunswick e Filippo D’Assia faranno scudo e quadrato davanti al teologo di Sassonia quando sarà dichiarato eretico da papa Leone X.
I principi tedeschi formeranno poi la Lega di Smalcalda, portando avanti la loro guerra che culminerà con la pace di Augusta del 1555, che diede la possibilità a ogni principe tedesco di abbracciare la riforma luterana, vincolando i propri sudditi.

Intanto, in Scozia, la nobile famiglia dei Sinclair, appartenente al disciolto Ordine Templare, manifestando la sua ostilità al papato, istituì una forma di Massoneria speculativa, rivitalizzando le antiche corporazioni muratorie medievali e costruendo nel 1450 la Cappella di Rosslyn nella quale, accanto alle croci templari, compaiono i compassi massonici e simboli di natura magico-pagana.

L’azione di questa nobiltà sovversiva prosegue nei secoli successivi.

In Francia, la Fronda nobiliare nel 1643 si riunì, ancora una volta a Stenay, sotto la guida di Federico Maurizio de la Tour d’Auvergne, duca di Buglione, il quale avrebbe voluto vedere come nuovo re di Francia Gastone d’Orleans della Casa di Lorena.
La Fronda si organizzò per deporre il Mazzarino e impedire l’ascesa al trono di Luigi XIV e della reggente madre, Anna d’Austria. Il cardinale elargiva titoli nobiliari a pagamento per sostenere le spese dello stato, sfidando apertamente le antiche casate nobiliari e tassando l’antica nobiltà la quale rispose sobillando il popolo e scatenando una guerra civile che durò dieci anni.
Tra i maggiori frondisti, oltre al Buglione, il duca di Gisors, il visconte di Turenne, il duca di Longueville, nipote di Luigi Gonzaga, il duca di Nevers e il Barone Ange de la Joyeuse, governatore della Linguadoca. Sua figlia sposerà poi Carlo di Lorena, duca di Guisa.
Altro importante frondista sarà Gastone d’Orleans, che sposerà prima Maria di Borbone, figlia della baronessa della Linguadoca Enrichetta Caterina de la Joyeuse, e poi, in seconde nozze, la principessa Margherita de Vaudemont, della famiglia dei Guisa, i cui possedimenti in Lorena comprendevano la città di Stenay.
I De La Joyeuse giocheranno un ruolo importante nel complotto della Fronda, offrendo il loro castello ad Arques, oggi un albergo, per importanti riunioni dei congiurati.
La Fronda fallì però i suoi obiettivi, spianando la strada all’assolutismo di Luigi XIV il quale passò alla Storia come il Re Sole.

A questo punto, nel 1627, i nobili decisero di nascondere la Nebbia e la Società Angelica dietro la copertura di una compagnia ecclesiastica, con l’ausilio di alcuni importanti membri del clero.
Fondarono quindi la Compagnia del Santo Sacramento dell’Altare (detta anche dei Devoti della Cabala), il cui quartier generale stava a Parigi, nella Chiesa di San Sulpicio, là dove un tempo si ergeva un antico tempio pagano dedicato a Iside e nella quale sono ancora visibili simboli esoterici non cristiani: il polpo sotto l’acquasantiera, una doppia SS a forma di serpente, immagini sacre volutamente capovolte, dipinti ottocenteschi che rimandano ad un tesoro rubato, che dimostrano che questa chiesa rimarrà per altri duecento anni almeno un punto di ritrovo per nobili eretici e sovversivi e per i loro alleati, tra cui i cattolici modernisti, scomunicati e condannati da san Pio X nel 1907.

Tra i maggiori esponenti della Compagnia, ancora una volta, Gastone d’Orleans e poi Charles Fouqet, fratello del ministro delle finanze, la Baronessa d’Arques di Linguadoca, Padre de Codren, San Vincenzo di Paola, Jean Jacques Olier e il potentissimo vescovo della Linguadoca Nicolas Pavillon, considerato dalla curia romana “il protettore degli eretici”.
Gli Statuti della Compagnia accennano al “Segreto come anima della Compagnia”, il quale non doveva essere divulgato ad alcuno. La Compagnia aveva uomini dappertutto, nel parlamento, nella magistratura e nella polizia. All’apice di essa, il “cenacolo invisibile”, che ricorda il manifesto rosacrociano tedesco contemporaneo in cui si parla di una “fraternità segreta ed invisibile” dedita all’alchimia.
Quest’organismo, solo apparentemente cattolico, si riempì di giansenisti e di protestanti e protesse molti uomini sospettati di eresia.
Come la Fronda, osteggiò politicamente il Mazzarino, del quale avrebbe dovuto essere alleato, mentre la Compagnia di Gesù e alcuni importanti vescovi francesi la definirono un organismo “eretico, dedito a pratiche empie d’iniziazione, alla magia e alla dottrina cabalista”, secondo un refrain già usato per i Templari.
Nel 1660 re Luigi sciolse d’imperio la Compagnia.

Cinque anni dopo, l’arcivescovo Fouquet scrisse una lettera a suo fratello, l’ex ministro delle finanze di Luigi XIV. La lettera è contenuta nell’Archivio dell’Arte francese del 1862 e si legge come l’arcivescovo accenni ancora, in modo alquanto omertoso, al famoso Segreto della Compagnia che porta vantaggi a chi lo conosce. Cita un suo recente incontro con il pittore Poussins durante il quale parlano “dei vantaggi che persino i re stenterebbero grandemente ad ottenere e che nessuno al mondo scoprirà mai nei secoli a venire”.
Da tempo l’ex ministro e magistrato Fouquet era attenzionato dai servizi segreti del re, i quali lo arrestarono e scandagliarono tutta la sua corrispondenza trovando anche questa lettera incriminatoria.
Il re esigeva di sapere quale fosse il Segreto. Voleva condannare Fouquet a morte ma la Compagnia, nonostante fosse stata sciolta, mobilitò i suoi giudici per attenuare la pena (fu condannato al carcere a vita).
Con ogni probabilità, il re pensava che il Segreto fosse costituito da un tesoro, forse l’oro dei Templari nascosto in Linguadoca o il tesoro del Tempio di Gerusalemme trafugato dai visigoti nel 70 d.C. e portato nei pressi di Carcassonne, in Linguadoca, là dove queste famiglie avevano un potere enorme.
Re Luigi XIV ordinò quindi al ministro Colbert di chiamare maestranze svedesi per fare scavi nella zona del Razès in Linguadoca, in cerca del tesoro. Non trovò nulla.

Dalla dispersione della Compagnia del SS Sacramento si svilupparono cellule, simili a logge massoniche, chiamate AA (Amicizie Angeliche), che affiliavano soprattutto sacerdoti, vescovi e cardinali della zona della Linguadoca.
1400 ecclesiastici furono iscritti alla AA di Tolosa, in Linguadoca, tra il 1665 e il 1890.
Le AA Clericali, così saranno chiamate, si diffonderanno per ogni dove, sempre con lo stesso interesse di “non divulgare il Segreto” in quanto “Il Segreto è l’anima delle AA, divulgarlo significa distruggerle”.
Ed ancora “è assolutamente necessario custodire il Segreto, non rivelarlo a chicchessia, né agli amici più intimi, né ai parenti e nemmeno al confessore più affidabile. Nessun segno, nessuna parola da far sospettare del Mistero”.
Per questo motivo le riunioni dovevano essere sempre segrete, gli Statuti e le liste degli iscritti non disponibili ad alcuno e, in caso di controlli, dovevano essere bruciati.
Si diceva che le AA manifestassero un certo interesse per la parte occulta dell’antica religione egiziana, soprattutto per la pratica della mummificazione dei corpi e per le formule magiche per la loro resurrezione.

Nel 1913 uno scrittore francese di nome Henri Bégouën compì uno studio approfondito sull’argomento, scovando documenti importanti anche in Vaticano. A suo avviso, nella direzione centrale che sovraintendeva queste AA si trovavano numerosi nobili come il principe di Polignac.
Le AA continueranno a battersi contro la monarchia assoluta anche al tempo di re Luigi XVI, lasciando segni tangibili della loro esistenza almeno fino al 1890.

Una parte della nobiltà francese si trovò quindi alleata del terzo stato nella Rivoluzione Francese del 1789. Personaggi come il marchese e generale Lafayette (che aveva dato un contributo alla rivoluzione dei militari delle colonie americane contro la casa reale inglese) e il conte de Mirabeau erano fautori di una monarchia parlamentare.
Le AA incoraggiavano e corroboravano questo gruppo nobiliare che pensava di dirigere la rivoluzione abbattendo l’assolutismo e salvando al contempo la monarchia. Rimasero però spiazzate dalla forza della borghesia, che intanto era entrata prepotentemente nelle logge massoniche deiste e illuministe non legate alla nobiltà, e che voleva la repubblica, riuscendo ad ottenerla nel 1792.
Guidata da Danton, pretese ed ottenne anche la condanna a morte del capetingio re Luigi XVI.
Come racconta una leggenda, avvicinatosi al patibolo, il boia, prima di ghigliottinarlo, gli disse:
“Questa è la vendetta per la morte di Jacques De Molay, gran maestro dei Templari”.
A quel punto, le AA delle ex zone catare di Mirepoix, Carcassonne, Perpignan si attivarono per far espatriare nella vicina Spagna nobili ed ecclesiastici che la sanculotteria voleva sterminare.

Come un polpo, ancora una volta l’organizzazione s’inabissò e mimetizzò, aspettando la fine della rivoluzione e l’avvio della Restaurazione con il congresso di Vienna.
Dato l’interesse generale dei nobili per la massoneria in Europa e in America fin dal 1717, nel 1780 il marchese del sud della Francia De Chefdebien fondò a Narbonne il cenacolo segreto dei Filadelfi, collegato alla tradizione templare. Tra i suoi adepti, il marchese e massone napoletano Raimondo de Sangro, alchimista conosciuto per le sue insolite ed inquietanti pratiche di mummificazione dei corpi.
Nel 1838 il marchese della Linguadoca Jacques-Etienne Marconis De Nègre di Le Clat prese le redini della massoneria egiziana, strettamente occultista, fondata da Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro, consigliere e guaritore di alcuni papi. Tra gli aderenti la Marchesa de Bozas.
Questa massoneria divenne poi “il rito egiziano di Memphis ed Mizrain”, ancora oggi praticato in molte obbedienze massoniche.

Sempre sul finire di quel secolo comparve un’altra organizzazione occultista: lo Hiéron du Val d’Or, una riedizione della Società Angelica e delle AA.
Fu fondata da un prete legato ai Conti di Chambord, Victor Devron, dal barone russo-spagnolo Alexis de Sarachaga e dal conte Etienne d’Alcantara e ancora una volta, adottò il polpo come simbolo.
Si dedicò allo studio del druidismo, della cabala e della lingua adamitica, alla tradizione di Atlantide, alla figura del serpente o dragone primordiale “dio mediatore, creatore e conservatore della vita” e tenterà di restaurare “la monarchia sacra”.
Anch’ essa venererà alcune tombe sacre e alcuni dolmen celtici presenti in Linguadoca.
Atlantis fu la loro rivista ufficiale e, per molti studiosi, lo Hiéron fu un centro cabalistico misterioso nascosto dietro le parvenze di un gruppo cattolico, tanto che nel 1888 la curia romana scoraggiò molti ecclesiastici dal farne parte.
Nonostante ciò, lo Hiéron, otterrà l’appoggio di papa Leone XIII, l’ultimo dei papi ad essere socio dell’Arcadia per la quale, con lo pseudonimo di Neandro Ecateo, fu un notevole poeta in latino.
Tra gli aderenti allo Hiéron du Val d’Or spicca la nobile famiglia dei Chambord, imparentata con la casata d’Austria d’Este. Da notare che il conte di Chambord aveva avuto come precettore il marchese d’Hautpoul-Felines, il cui cugino era il generale e ministro Hautpoul de Beaufort, appartenente alle AA e alla Massoneria egizia, il quale si diede un gran daffare per portare al trono di Francia proprio il conte di Chambord.
Il marchese Chaumeil, riguardo gli obbiettivi dello Hiéron, ebbe a dichiarare nel 1980: “Una teocrazia nel cui ambito le nazioni non sarebbero state altro che province e i loro dirigenti non sarebbero stati altro che proconsoli al servizio di un governo mondiale”.
Per l’Europa in particolare, sarebbero stati gli Asburgo-Lorena ad essere la nuova dinastia di re-sacerdoti.

Tra il 1895 fino al 1917, infatti, poco prima e durante la Prima Guerra Mondiale, in Linguadoca c’erano strane riunioni che vedevano insieme sacerdoti e vescovi, come monsignor Billard, artisti come Emma Calvè, scrittori come Maurice LeBlanc (l’autore di Arsenio Lupin), politici come il ministro dei beni culturali Henry Charles Dujardin-Beaumetz, nobili come la marchesa du Bourg de Bozas, banchieri provenienti da Ungheria, Svizzera, Inghilterra e soprattutto dall’odiata Germania, personaggi di rango come l’Arciduca Giovanni Salvatore d’Asburgo e di Ungheria, cugino dell’Imperatore Francesco Giuseppe, che continueranno a farsi vedere in quei territori fino al 1916, a dispetto della guerra tra Francia ed Impero Austro-Ungarico.
Con ogni probabilità, si progettava un altro complotto per la pace, per un’Europa diversa, senza conflitti interni tra stati, tutta governata da una monarchia legittimata dalla sua antica discendenza.
Gli eventi andarono però in tutt’altra direzione.

Finita la Prima Guerra Mondiale in Germania nel 1918, e caduto l’imperatore, a Monaco, per opera del barone Rudolf Von Sebottendorf, già aderente alla società segreta tedesca neopagana Germanorden, viene fondata la Società Thule, in ricordo della leggendaria isola del Nord Europa simile alla greca Atlantide.
Alcuni miti fondatori di questa società esoterica ricordano quelli della Società Angelica, delle AA e dello Hiéron du Val d’Or: occultismo, paganesimo, tradizionalismo legato al sangue, ricerche araldiche di genealogie nobiliari, racconti del Graal, regno sotterraneo di Agarthi, culto degli antenati, pratiche magiche e simboli del Nord Europa e soprattutto l’avvento del grande monarca.
Tra gli aderenti spiccano la contessa Von Westarp, il principe Thurn und Taxis ed alcuni membri del partito dei lavoratori tedeschi che diventerà, in seguito, il partito nazional-socialista, tra cui Rudolf Hess già delfino di Hitler.
Con il partito nazista, questa società ebbe un rapporto di amore e odio.
Il suo fondatore, il già citato barone Von Sebottendorf, iniziato nel 1901 in una loggia massonica di rito egiziano, aveva sempre mostrato grande interesse per la religione tibetana ma anche per la cabala ebraica e il sempre presente movimento segreto dei Rosacroce.
Per questo motivo, per questa sua propensione esagerata verso l’occultismo, fu fatto arrestare dai nazisti e questo circolo venne sciolto ufficialmente nel 1925.
Nonostante ciò, ad interessarsi della zona della Linguadoca e soprattutto del lignaggio dei nobili di questa zona e delle leggende del Graal, in quegli stessi anni ci fu lo scrittore Otto Rahn, che fu un colonnello delle SS tedesche e che scomparve misteriosamente nel 1939 sui Pirenei in prossimità delle grotte del Sabhartes. Negli anni 40, dopo l’armistizio con la Francia, Himmler mandò una speciale squadra dell’Ahnebnerbe e dei servizi speciali delle SS a Montsegur, nella fortezza catara, per svolgere ricerche che tutt’oggi rimangono avvolte dal mistero.

Sempre dalla Germania erano arrivati precedentemente molti finanziamenti a Lenin e ai bolscevichi. L’insurrezione contro lo zar era finanziata direttamente dall’Imperatore tedesco che voleva l’uscita dell’esercito russo dalle ostilità. Parte di quei soldi erano arrivati anche al principe Eugenij Vladimirovic Lvov della dinastia Rurik il quale, dopo la rivoluzione del febbraio del 1917, aveva deposto lo zar Nicola II (che aveva abdicato), divenendo capo provvisorio dello stato russo.
Già sul finire del 1800, molti nobili russi legati a doppio filo alla Francia erano entrati in un movimento elitario ed occultista fondato da Nikolaj Fedorov che prese il nome di Cosmismo. Tra essi c’erano letterati, filosofi, scienziati, artisti: lo stesso milieu della Società Angelica.
Ancora una volta, si erigeva un monumento simbolico alla Scienza, che doveva cercare un rimedio alla morte. Da qui una dottrina magico-materialista che, in parte influenzò e poi si coniugò con la dottrina del marxismo-leninismo, almeno fino all’avvento di Stalin: la costruzione dell’uomo nuovo e di un’umanità immortale, lo sviluppo di una scienza in grado di vincere la morte e di far resuscitare i corpi, la ricerca di nuovi pianeti da colonizzare.

In Europa, intanto, il conte ungherese Richard Coudenhove-Kalergy fondava nel 1922 la Paneuropa. Ad essa aderivano politici di spicco come Winston Churchill (appartenente già alla massoneria e alla Golden Dawn), Leon Blum, Eduard Benes ma anche scienziati come Albert Einstein, matematici come Bernard Shaw, letterati come Paul Valery.
In essa ritornava prepotentemente l’idea di una Europa unita, di pace, senza guerre interne.
La casata degli Asburgo, che abbiamo trovato essere molto attiva in Linguadoca, ha dato un contributo fattivo allo sviluppo delle linee guida di questo think tank tanto che il principe d’Austria ed Ungheria Otto d’Asburgo, figlio dell’ex imperatrice Zita, è rimasto presidente onorario della stessa fino alla data della sua morte nel 2011.

Anche in questo caso, gli eventi presero un’altra piega e si arrivò alla Seconda Guerra Mondiale.

La nobiltà che in un primo momento, pur storcendo il naso, aveva dato il semaforo verde all’ascesa di Hitler, cominciò ad organizzarsi ai suoi danni.
Molti erano i congiurati di sangue blu che volevano riportare la pace in Europa.
Tra questi, il conte e diplomatico Albert Bernstorff, il conte Axel Von der Bussche, il conte Fritz Schulenburg detto “il ribelle conservatore” e capo della resistenza tedesca. Ed ancora Marion Donhoff della casata della Prussia orientale dei Junker, detta la “contessa rossa”, il conte Von Gersdorff, il conte Von Trott.
Questi nobili si misero a pensare a un’Europa diversa, unita, federale, pacifica e per preparare il terreno agli Stati Uniti d’Europa, organizzarono 61 attentati contro il Fuhrer della Germania nazional-socialista.
Fondarono anche il Kreisau, un circolo riservato di cultura neopagana, con a capo il conte Helmut Von Molkte, diplomatico e cugino del colonello e conte Claus Graf Von Stauffenberg, passato alla storia come l’ideatore, il 20 luglio del 1944, dell’Operazione Valchiria, che avrebbe dovuto sopprimere Hitler e tutto il regime nazista. L’Impresa fu, ahimè, fallimentare.

Il tema di un’Europa unita, pacifica, basata su tradizioni esoteriche, tornò prepotentemente in auge nel Secondo Dopoguerra.
A darci testimonianza di questo è infine Paolo Rumor, nipote di Mariano, cinque volte Presidente del Consiglio dei Ministri e figlio dell’avvocato Giacomo, già partigiano bianco e collaboratore di papa Paolo VI. Paolo Rumor ha raccontato che suo padre era a conoscenza dell’esistenza di una “struttura” antichissima in Europa chiamata “Ordine delle Ardenne o di Stenay”, invisibile, divisa in cellule (come le AA).
“Si maschera” come un polpo “dietro altre compagini associative, dinastiche e religiose”.
Essa ha visioni occultiste filo-egiziane e, in politica, si è impegnata a costruire un’Europa unita e di pace. Si diede un gran daffare negli anni Cinquanta del secolo scorso per costruire la CECA (Accordo carbone ed acciaio), l’Euratom (accordo sull’energia nucleare) e la CEE (la comunità economica europea, trattato di Roma del 1957)
Ci sarebbe poi una lettera di Maurice Schumann, fondatore del gollismo in Francia, indirizzata proprio all’avvocato Rumor, con la lista dei più importanti aderenti del passato a questa struttura, molti dei quali nobili e artisti come Salvador Dalì, per fare un esempio.
L’Avvocato Rumor tenne dapprima riunioni con questo gruppo a Vienna e nella Linguadoca ma poi abbandonò il campo. Come cattolico, non si sentiva a suo agio tra questi esponenti di potere che, a detta sua, si trovavano in molti ambienti, anche in Vaticano, dediti all’esoterismo, allo studio della prima civiltà di Atlantide, alla magia egiziana, alla discendenza dei cainiti e di certe famiglie nobiliari che, in passato, si sono sempre opposte all’assolutismo delle monarchie e all’oscurantismo teocratico.