ecco a voi il mio lungo excurcus storico sulla nobiltà della Linguadoca presso il Centro Studi della Storia Occitana.
Condensa 20 anni di approfondite ricerche.
Esiste un’antica
nobiltà della Linguadoca che per secoli ha perseguito una Missione
politico-esoterica ispirata al mito arcadico dell’Età dell’Oro, il regno di Saturno:
creare un’Oasi di Pace in Europa, superando l’odiata diarchia di trono e
altare.
Le prove di questa
missione si ritrovano disseminate lungo tutta la storia d’Europa a partire
dalla fondazione della monarchia merovingia fino al Secondo Dopoguerra, e si
riscontrano in tutti i principali accadimenti socio-politici e religiosi che
questo articolo andrà a toccare.
Un certo pragmatismo illuminista vuole che la
storia si legga attraverso la domanda latina Cui prodest? (A chi
giova?), domanda che presuppone che alla base degli avvenimenti storici ci
siano sempre e solo fattori concreti, come interessi economici e l’estensione
del potere politico di una persona, di un gruppo o di una nazione.
Troppo spesso gli storici rifiutano di dare il
giusto peso a un terzo fattore, che pure si è dimostrato un potente motivatore
dell’agire umano anche politico: l’esoterismo.
Nella fattispecie, si vedrà come alcune antiche
famiglie nobili abbiano ostinatamente portato avanti nei secoli una missione
politica fondata su credenze magico-esoteriche, profondendo in essa ingenti
risorse, esponendosi a rischi personali enormi e subendo pesanti sconfitte
politiche e militari che non hanno tuttavia mai posto fine all’intento
originario di ripristinare un ordine di pace e giustizia in cui gli uomini tornassero
a vivere, come descrive Esiodo in Le opere e i giorni, “senza dolori,
senza fatiche, senza pene”, sotto la guida di un re buono.
Protagonista di questa missione è una parte della
nobiltà più antica d’Europa, cui appartenevano alcune famiglie della Linguadoca
(Francia meridionale, in prossimità dei monti Pirenei), dedite a pratiche
occultiste, che si distinguevano per una specifica caratteristica: la
discendenza da un antenato mitologico semidivino o mostruoso.
La storia ce li consegna come nobili discendenti
della famiglia dei merovingi.
Meroveo, il primo re dei Franchi, infatti, secondo
la mitologia, discendeva, da parte di padre, da una bestia di mare, una sorta
di drago marino, chiamato Quinotauro (bestia Neptuni Quinotauri similis),
dal quale aveva ereditato un potere magico-taumaturgico, nonché una deformità
fisica simile ad una coda in prossimità del coccige, un marchio che lo
contraddistingueva dagli altri re.
Meroveo e i suoi discendenti non amavano la
guerra, erano chiamati per questo motivo “i re fannulloni”. Erano anche
definiti “re incantatori” in quanto si dedicavano alla magia, all’arte, alle
scienze e in particolare all’astronomia, all’astrologia e alla divinazione, che
anticamente avevano tra loro confini piuttosto sfumati. Il loro sangue, come
quello del mitologico drago dei popoli del Nord Europa, secondo le tradizioni
popolari, aveva poteri curativi e, per questo motivo, erano molto amati dai
loro sudditi.
Il loro quartier generale stava a Stenay, la
cittadina delle Ardenne dedicata a Saturno, il dio della sovversione e del
mondo agricolo-bucolico che tiene in mano la falce, nonché sovrano dell’età
dell’Oro, poi detronizzato da Giove.
Oltre che nelle Ardenne, la dinastia merovingia si
era estesa anche nella zona occitana, in Linguadoca, regione che non faceva
parte del Regno di Francia.
Era una zona indipendente, con una propria lingua,
la Langue d’Oc appunto, con istituzione politiche avanzate, con rapporti
commerciali e di potere con le casate spagnole dei regni di Castiglia e León.
La nobiltà dell’Occitania e del Razès in
particolare, era rappresentata dai conti di Tolosa, i Gellone, i Trencavel, i
Lusignano, i Blanchefort (Bertrand, nel 1153, sarà Gran Maestro dell’Ordine dei
Templari), i De Fleury, i Roquefort, i Voisins, gli Hautpoul-Felinès, i De Nègre,
i D’Ables, i Joyeuse, gli A-Niort e gli Arques. Queste famiglie si imparentarono
tra loro e con i discendenti dei re merovingi a partire da Sigisberto IV.
Ciò che caratterizzava questa genealogia nobile era:
1. la custodia di un segreto di famiglia (definito
tesoro), occultato nei territori da loro governati;
2. la predicazione del ritorno del “Grande Monarca”
(il cui avvento dalla Linguadoca è profetizzato da Nostradamus, un protetto
della casa dei Lorena);
3. una ribellione dottrinale e politica al papato
romano, agli imperatori e ai monarchi assoluti;
4. la costante cospirazione per costruire
un’Europa di pace, senza conflitti, all’insegna del ritorno dell’età dell’oro e
appunto del suo Monarca.
Le nobili famiglie della Linguadoca, per portare
avanti questa Mission, hanno sempre cercato di condizionare il resto del
secondo stato (la nobiltà, secondo la denominazione settecentesca), incrociando
il proprio blasone e il proprio sangue con quelli di altrettante nobili
famiglie europee come i Lorena, gli Asburgo, i Buglione, i Gonzaga, gli Sforza,
gli Angiò, i Guisa i, Visconte, i Borghese, i Colonna, i Gonzaga, i Sinclair/
De Saint Clair, i Savoia e i Setton per citare le più importanti.
Per fare un esempio: Guillem de Gellone fu conte
di Tolosa e dei Pirenei e il suo potere si estendeva anche alla Spagna
nord-orientale. Protagonista del poema Willehalm, di Wolfran Von Escehnbach,
era il nipote del re merovingio Sigisberto IV.
Il figlio di Guillem invece fu Eustachio, conte di
Buglione, i cui nipoti sono i celebri nobili impegnati nelle crociate dell’anno
Mille, Goffredo, difensore del Santo Sepolcro, e Baldovino I, re di
Gerusalemme.
Un giornalista, Lionel Burrus, esponente della
Gioventù Cristiana svizzera, sul “Settimanale cattolico di Ginevra” ebbe a
scrivere il 22 ottobre del 1966: “I discendenti dei Merovingi sono sempre
stati gli ispiratori di tutte le eresie, dall’arianesimo ai catari e ai
Templari, fino alla Massoneria. La famiglia in questione, nel corso dei secoli,
non ha generato che agitatori ostili e subdoli alla Chiesa Cattolica”.
A dar manforte a queste parole ci fu anche lo
scrittore S. Roux, il quale espose in un libello la sua tesi secondo la quale “Non
si può dire che la Chiesa Cattolica ignori questa stirpe ma si deve ricordare
che tutti i suoi discendenti, a partire dal re merovingio Dagoberto II, sono
stati agitatori segreti, ostili tanto alla casa regnante francese quanto alla
Chiesa e che sono stati la fonte di tutte le eresie europee…”.
Questa dinastia, infatti, acquisì potere e
consolidò le proprie tradizioni familiari nel Medioevo, durante il quale
trovatori, minnesinger e poeti li resero protagonisti della vasta e
affascinante letteratura del Graal e del Ciclo Bretone, opere nelle quali il
retroterra pagano-magico di queste famiglie (la celebre famiglia del Graal
della Linguadoca che porta un “marchio” che li distingue) è ancora ben
evidente.
Un esempio tangibile dell’ostilità alla diarchia
dei due Soli lo si trova appunto nella fondazione dell’Ordine dei Templari,
promossa nel 1118 dal nobile Hugues des Payns della Champagne-Ardenne, sposato
con la nobildonna Caterina St. Clair e da altri vassalli che, approfittando
delle crociate per la riconquista della Terra Santa, progettarono l’ambizioso
tentativo di costruire un regno ricco e pacifico in Gerusalemme, alternativo
all’impero e al papato europeo e alla cui guida si pose prima Baldovino I Buglione,
loro protettore, e poi nel tempo, Guido di Lusignano, signore di Stenay, discendente
dal serpente-dama Meleusina.
Si narra, infatti, che Melusina fosse una donna di
straordinaria bellezza ma che di sabato si trasformasse in un serpente. La
bella dama, secondo le cronache del tempo, era dedita a pratiche di magia nera
e, affacciandosi dalla Torre del castello di Stenay, comunicava con i lupi
ululando come loro.
Anche la nobile famiglia della Linguadoca degli
Hautpoul-Felines, imparentata con i Lusignano, condivideva con loro la
discendenza dalla dama Melusina e le leggende locali attribuiranno loro la fama
di lupi mannari, esperti di magia nera, adoratori di gatti neri. I loro sudditi
li chiamavano “i sovrani della montagna nera”. Ancora oggi, ogni anno il loro
castello è meta di visite pubbliche da parte di esoteristi e studiosi di ogni
sorta che sperano di vedere apparire la Melusina, in certe particolari notti di
luna nera.
La rivalità tra i Templari (che avevano un terzo
dei loro possedimenti in Linguadoca), la monarchia francese di Filippo IV il
Bello e il papato si risolverà solo nel 1307, con l’arresto dei nobili ai
vertici dell’Ordine dei Templari, con la soppressione in perpetuo dell’Ordine
da parte di papa Clemente V, con la condanna al rogo per tutti loro come
eretici impenitenti, a causa delle accuse di idolatria, apostasia, negromanzia,
sodomia e vilipendio del Cristo mosse loro dal domenicano Imbert e dal giureconsulto
De Nogaret e confessate dai capi dell’Ordine.
In realtà, come ci dicono i documenti dei processi
di Carcassonne e di Firenze, la dottrina templare era fondata su un forte dualismo
manicheo.
Questi monaci-guerrieri pregavano tanto il “Dio
che sta nei cieli” quanto un idolo barbuto dall’aspetto terrificante definito
“il vero Salvatore” chiamato anche “Bafomett” o “Magumet” che consentiva loro
di avere ricchezze e potere.
Gesù, per i Templari, era una figura di poco
conto. Spesso veniva indicato come un “ladrone, crocifisso per i suoi peccati”.
Nelle pratiche d’iniziazione, era ordinato ai neofiti di sputare sulla croce e
poi di calpestarla con la formula “non credere in lui, non ti può salvare”.
Sempre in epoca medievale, queste famiglie nobili
si schierarono a difesa politica e militare dei catari, il movimento
ereticale manicheo-dualista che dall’anno mille fino al 1210 si era radicato
nella Linguadoca e in una vasta zona che andava dalla Liguria, passando per la
Lombardia, l’Austria, la Germania fino ai Balcani.
Il catarismo era una dottrina complessa che vedeva
la contrapposizione di due principi (bene vs male) e di due divinità, il padre
che sta nei cieli e il demiurgo, creatore del mondo e di tutte le cose visibili.
La maggioranza dei “buoni uomini” o “perfetti”, così erano definiti i catari,
predicava e praticava la pace, il vegetarianesimo, la povertà, la parità tra
uomini e donne, conducendo un’aspra critica morale e dottrinale alla chiesa
cattolica romana, considerata corrotta.
Epicentro dell’eresia, secondo Bernardo di Chiaravalle,
era la città di Lavaur.
Una minoranza, invece, più legata alla dottrina
dei bogomili jugoslavi, bulgari e a quelli della Tracia, era dedita a strani
riti nelle grotte del Sabhartes e credeva nell’esistenza di un “Re del mondo”,
per usare un’espressione dello scrittore esoterista Renè Guenon, una Demiurgo
che abita nelle viscere della Terra in attesa di ritornare in superficie a
comandare.
L’eco di questa agitata minoranza suscitò a
Carcassonne, da parte della Santa Inquisizione, il primo processo in assoluto
contro una riunione di streghe, nel 1330.
Questo movimento sensista e materialista si
diffuse anche in Austria, in Stiria, Boemia, Brandeburgo e Reno dal 1176. Nelle
diocesi di Passavia, Vienna e Stiria venivano palesemente confusi con gli altri
catari. Nel 1315 un centinaio di loro vennero bruciati a Krems e a Saint-Hipollyte,
in Boemia.
Anche in questo caso, la stirpe merovingia che
governava la Linguadoca pagò un prezzo altissimo per essersi opposti a papa
Innocenzo III, promotore della Crociata contro gli Albigesi che ebbe luogo tra
il luglio e l’agosto del 1209, cui parteciperanno le famiglie nobili fedeli al
papa ma non i Templari, che si rifiutarono di andare a combattere per
solidarietà verso i catari. Simon De Monfort e la nobiltà cattolica non
esitarono a sterminare la popolazione catara riunitasi nella fortezza di
Montsegur e ad uccidere o arrestare alcuni esponenti della nobiltà occitana che
li aveva sostenuti, come i membri della famiglia dei Trencavel o il conte di
Tolosa, Raimondo VI.
Il conte di Tolosa, per inciso, aveva parentele
altolocate anche fuori dalla Linguadoca. Era figlio della regina Costanza,
sorella del re di Francia Luigi VII, e sua moglie era la sorella del re
d’Inghilterra ed aveva stretto alleanze con il barone tedesco Otto de
Brunswick.
Questi legami di sangue permisero che, dopo la
sconfitta, le nobili famiglie della Linguadoca potessero continuare ad opporsi
al papato e alla curia romana, appoggiando prima il papa Avignonese Giovanni XXII,
già vescovo di Alet Les Bains, nel territorio occitano-cataro, e poi il
cardinale Baldassarre Cossa, della famiglia angioina e signore di Ischia che
sarà l’antipapa Giovanni XXIII, il cui nome, stranamente, fu riadottato nel 1958
dal nobile cardinale Angelo Roncalli, il “papa Buono” che, a detta di molti,
dentro e fuori le mura leonine, apparteneva al movimento rosacrociano.
È in questo periodo che in Europa si assiste ad un
fermento persecutorio nei confronti degli eretici e più in generale
contro la religione pagana, bollata come stregoneria, che colpirà
sacerdoti e frati come Urbano Grandier ma soprattutto donne, anche appartenenti
alla nobiltà, come Guglielma di Chiaravalle (figlia del re Boemo Ottocaro I e considerata
dai suoi adepti la messia femminile), la baronessa Jeanne des Anges, la
marchesa Anne de Sainte Agnes ed addirittura Claire de Saint Jean, nipote del
cardinale de Richelieu.
Caso emblematico fu quello di Leonora Galilai,
moglie di Concino Concini, a sua volta nipote di alcuni ministri del Granduca
di Toscana. Dama di compagnia della regina Maria de Medici, fu accusata di
praticare la stregoneria. Perquisita la sua casa, furono trovati alcuni libri con
simboli magici, rotoli di velluto rosso, alcuni ciondoli e talismani. Fu
dichiarata colpevole, decapitata e il restante corpo venne bruciato nel 1617.
Come per i Templari, si mosse la macchina della
Santa Inquisizione con l’Indice dei libri proibiti: tutti, nobili compresi, potevano
essere accusati di stregoneria e di eresia che, a quell’epoca erano sinonimi.
La “caccia alla streghe” portò quindi questa
nobiltà, sulla fine del 1400, a muoversi in sordina e a costituire una società
segreta denominata Brouillard (Nebbia). Non è un caso che
la pronuncia francese del nome di questa setta sia identico alla parola bruja
che, in occitano e castigliano, significa appunto “strega”.
Il nome “Nebbia” voleva ricordare qualcosa di
etereo, impalpabile, difficile da afferrare e quindi da colpire, ma anche
qualcosa di mitologico: la foschia che ricopre il regno di Thule o l’Olimpo
greco o, meglio ancora, la nube che circonda il Regno di Saturno.
Ancora una volta, il quartier generale della
Nebbia sarà nella città di Stenay, nelle Ardenne.
Attorno a quest’organizzazione fu costruito un
circolo esterno aperto a pittori, letterati, musicisti, poeti e studiosi che volevano
manifestare la loro ribellione concettuale all’alleanza oscurantista di trono e
altare, riscoprire le antiche tradizioni pagane europee e dare impulso allo
sviluppo delle scienze nuove e antiche.
Questo circolo esterno era quindi incaricato di fare
propaganda attraverso l’arte, divulgando messaggi in codice che dovevano
sfuggire all’apparato della Santa Inquisizione ma che, simbolicamente, dovevano
fare breccia nella società che cambiava, “unendo persone che non avrebbero
avuto motivo di conoscersi tra di loro”.
Il periodo, infatti, era caratterizzato dall’Umanesimo
e poi dal Rinascimento. Figure come Pico della Mirandola, Leonardo da
Vinci, Giordano Bruno si muovevano al limite dell’eresia. Bruno in particolare,
filosofo e monaco, rivalutò l’ermetismo, la magia naturale, studiò i pianeti
parlando di panteismo, divenendo un buon consigliere di monarchi per la pace in
Europa e per lo sviluppo della diplomazia tra regni, ma sarà poi bruciato come
eretico dalla Santa Inquisizione veneziana.
Ci sarà anche una riscoperta del pensiero platonico,
del mito di Atlantide e della prima umanità che viveva in pace ed era
tecnologicamente avanzata (ricordiamo “la nuova Atlantide” di Bacone).
La conoscenza e non la fede cieca nella Bibbia o
nel pensiero aristotelico divennero il centro degli interessi dei pensatori e
degli artisti.
Il circolo esterno si chiamava Società Angelica,
in ricordo degli angeli ribelli che, come racconta la Bibbia, insegnarono alle figlie
degli uomini le pratiche magiche e che sono i messaggeri di questa Nebbia,
mediatori tra gli uomini e le forze soprannaturali.
Il tipografo tedesco di Reitlingen nel Wurttemburg,
Sebastian Greif (detto Gryphe, cioè Grifone) ne sarà l’attivatore nel 1522 e diffuse
la Società Angelica in Germania e in Francia, sotto l’attenta guida di Raymond
de Saint Gilles, il Conte di Tolosa, un pezzo grosso della nobiltà della
Linguadoca.
La misteriosofia di questo gruppo è assai
complessa: la passione paranoica per il Segreto, la venerazione di una sacra tomba,
pratiche magiche per la resurrezione dei corpi, l’esaltazione del mito
dell’Arcadia greca e dell’età dell’oro (il Saturnia regna), la voglia di
sovvertire lo status quo che si manifesta con l’inversione di immagini sacre, frasi
o lettere. E ancora: il mito dell’eterna giovinezza, del Graal, le porte
magiche che conducono al mondo sotterraneo, nel regno dei morti, l’Ade dei
greci cui si accedeva dalla regione dell’Arcadia, ma anche nel primo Regno di Pace,
Atlantide, dove la prima divinità regale governava la prima umanità immortale.
Simbolo del gruppo era un polpo marino,
anticamente associato al Demiurgo o re del mondo.
Il motto, invece, una criptica frase latina, Et
In Arcadia Ego…, sul cui significato si interrogano ancora
studiosi di tutto il mondo.
Questa enigmatica frase comparirà in un celebre
dipinto di Giovanni Francesco Barberi, detto il Guercino, nel 1618, in cui due
pastori entrano in una radura e s’imbattono in una tomba che reca questa
iscrizione, e in uno, più famoso, di Nicolas Poussins, I Pastori di Arcadia,
nel quale tre pastori, all’interno di un contesto bucolico e sotto lo sguardo
vigile di una guida iniziatica femminile, scoprono una tomba che reca questa
strana iscrizione.
Poussins risulterà essere il protetto di Sublet de
Noyers, primo intendente della casa dei Joyeus, nobili della Linguadoca. Il 7
Aprile del 1647 scriverà ad un amico pittore una lettera alquanto ambigua a
proposito di un Segreto: “Vi potrei raccontare cose su quest’argomento, che
sono molto vere ma sconosciute a tutti. Bisogna dunque passarle sotto silenzio”.
Anche presso i terreni esterni della residenza dei
conti di Lichfield di Shugbourgh Hall, nello Staffordshire, è ancora visibile
un grande bassorilievo con il celebre quadro di Poussins e l’immancabile
scritta in latino.
Questa casa passò poi nelle mani della nobile
famiglia Anson, la quale ebbe tra i suoi discendenti il celebre ammiraglio che
circumnavigò il globo. Alla sua morte, nel 1762, nel parlamento inglese verrà
letta questa elegia, ricca di messaggi in codice:
Su quel marmo istoriato posa l’occhio.
La scena strappa un sospiro morale.
Fin nelle piane elisie dell’Arcadia,
tra le ninfe ridenti e pastori,
vedi la gioia festosa che si spegne,
e la pietà surrogare il sorriso;
dove le danze, il liuto, le feste
La passione che vibra in cuori ardenti,
Nel giovanile fiore della vita,
Sta la ragione ed indica la Tomba.
L’opera chiave della Società Angelica era il Sogno
di Polifilo, scritto nel 1467 dal monaco domenicano Francesco Colonna, signore
di Palestrina e stretto collaboratore di papa Borgia.
Il protagonista dell’Opera è Polia il quale, dopo
aver abiurato il cristianesimo considerato una falsa dottrina, viene portato
dal dragone nel mondo sotterraneo a compiere un viaggio iniziatico che culmina al
cospetto della dea Venere, dalla quale riceve la nuova luce della conoscenza.
Nei blasoni di alcune di queste famiglie nobiliari
comparirà in quest’epoca il dragone o biscione, come nel caso dei Borghese e
dei Visconti.
Il dragone era poi l’emblema del partito dei
ghibellini, quella fazione laica che si oppone al partito dei guelfi, legato
alla Chiesa di Roma.
Ed è in questo periodo che le ville gentilizie si
riempiono di statue di significato arcadico, agreste e mitologico. Draghi e
serpenti ma anche ninfe, divinità greche come Venere e semidei come Pan,
sostituiscono i santi cristiani e le immagini vetero-testamentarie.
Tutta la nobiltà, proprietaria terriera, riscopre
il mondo agreste e bucolico rileggendo i passi di Virgilio. Si considerano Buoni
Pastori che devono guidare i loro sudditi, diventano mecenati degli artisti i
quali devono glorificare le arti e le scienze con il loro impegno.
Per molti secoli, il mito sarà ricorrente tra gli
artisti. Si pensi per esempio al Flauto Magico (di Pan) dell’austriaco e
massone W. A. Mozart in epoca illuminista, artista molto apprezzato alla corte
di nobili e cardinali austriaci.
Interessante, a metà del 1400, la figura di Renato
d’Angiò, conte di Piemonte, di Lorena e di Gerusalemme, nonché amante di
Giovanna d’Arco (anche lei caduta nelle maglie dell’Inquisizione come eretica e
per questo bruciata sul rogo), conosciuto come il Buon Renè, il buon re-pastore
della riscoperta dell’Arcadia.
Uomo di corte e non di guerra, dedito alla magia,
ospitò per molti anni Jean de Saint Remy, medico cabalista e nonno di
Nostradamus. Influenzò i Medici a Firenze ed andò ad abitare a Tarascona,
celebre città costruita in onore del drago mitologico detto Tarasca.
Nella sua opera dedicata all’Arcadia, parla di una
tomba in prossimità di un fiume sotterraneo.
Anche il napoletano Jacopo Sannazzaro s’imbatterà
in questo tema nell’opera “Arcadia” nel 1504.
Il filone sarà così fortunato, coinvolgendo
personalità in ogni campo del sapere, che si costituisce un’Accademia
dell’Arcadia nel 1690, i cui membri si definiranno Pastori mentre l’insegna sarà
inequivocabile: un dio Pan che suona la siringa a sette corni.
La sede, donata da re Giovanni V del Portogallo,
vedrà Papa Leone XIII come membro attivo delle sedute arcadiche. Ad essa sarà
collegata, in Roma, non è un caso, la Biblioteca Angelica.
Lo scrittore Maurice Barrès nella sua “Collina
Ispirata” del 1913 scriverà a proposito: “Et In Arcadia Ego, anch’io
sono stato in Arcadia, nel paese meraviglioso dell’immaginazione, ci grida
dalla Tomba un genio…”.
Sotto l’impulso di queste manifestazioni
culturali, per l’Europa cristiana e l’unità della fede cattolica sotto le insegne
del pontificato apostolico e romano, il Quattrocento e il Cinquecento sono anni
terribili.
Questa nobiltà sobillatrice ed eversiva appoggia
in Inghilterra lo scisma anglicano, in Francia il movimento ugonotto,
in Svizzera quello delle chiese calviniste, in Germania la Riforma
Protestante.
Lutero è, infatti, ben protetto dalla nobiltà che
si contrappone tanto al papa quanto all’imperatore Massimiliano I, a partire dal
principe Federico III di Sassonia. Altri suoi pari come Giorgio di Brandeburgo,
Ernesto di Brunswick e Filippo D’Assia faranno scudo e quadrato davanti al teologo
di Sassonia quando sarà dichiarato eretico da papa Leone X.
I principi tedeschi formeranno poi la Lega di
Smalcalda, portando avanti la loro guerra che culminerà con la pace di Augusta
del 1555, che diede la possibilità a ogni principe tedesco di abbracciare la
riforma luterana, vincolando i propri sudditi.
Intanto, in Scozia, la nobile famiglia dei
Sinclair, appartenente al disciolto Ordine Templare, manifestando la sua
ostilità al papato, istituì una forma di Massoneria speculativa, rivitalizzando
le antiche corporazioni muratorie medievali e costruendo nel 1450 la Cappella
di Rosslyn nella quale, accanto alle croci templari, compaiono i compassi
massonici e simboli di natura magico-pagana.
L’azione di questa nobiltà sovversiva prosegue nei
secoli successivi.
In Francia, la Fronda nobiliare nel 1643 si
riunì, ancora una volta a Stenay, sotto la guida di Federico Maurizio de la
Tour d’Auvergne, duca di Buglione, il quale avrebbe voluto vedere come nuovo re
di Francia Gastone d’Orleans della Casa di Lorena.
La Fronda si organizzò per deporre il Mazzarino e
impedire l’ascesa al trono di Luigi XIV e della reggente madre, Anna d’Austria.
Il cardinale elargiva titoli nobiliari a pagamento per sostenere le spese dello
stato, sfidando apertamente le antiche casate nobiliari e tassando l’antica
nobiltà la quale rispose sobillando il popolo e scatenando una guerra civile
che durò dieci anni.
Tra i maggiori frondisti, oltre al Buglione, il
duca di Gisors, il visconte di Turenne, il duca di Longueville, nipote di Luigi
Gonzaga, il duca di Nevers e il Barone Ange de la Joyeuse, governatore della
Linguadoca. Sua figlia sposerà poi Carlo di Lorena, duca di Guisa.
Altro importante frondista sarà Gastone d’Orleans,
che sposerà prima Maria di Borbone, figlia della baronessa della Linguadoca
Enrichetta Caterina de la Joyeuse, e poi, in seconde nozze, la principessa
Margherita de Vaudemont, della famiglia dei Guisa, i cui possedimenti in Lorena
comprendevano la città di Stenay.
I De La Joyeuse giocheranno un ruolo importante
nel complotto della Fronda, offrendo il loro castello ad Arques, oggi un
albergo, per importanti riunioni dei congiurati.
La Fronda fallì però i suoi obiettivi, spianando
la strada all’assolutismo di Luigi XIV il quale passò alla Storia come il Re Sole.
A questo punto, nel 1627, i nobili decisero di nascondere
la Nebbia e la Società Angelica dietro la copertura di una compagnia
ecclesiastica, con l’ausilio di alcuni importanti membri del clero.
Fondarono quindi la Compagnia del Santo
Sacramento dell’Altare (detta anche dei Devoti della Cabala), il cui
quartier generale stava a Parigi, nella Chiesa di San Sulpicio, là dove un
tempo si ergeva un antico tempio pagano dedicato a Iside e nella quale sono ancora
visibili simboli esoterici non cristiani: il polpo sotto l’acquasantiera, una
doppia SS a forma di serpente, immagini sacre volutamente capovolte, dipinti
ottocenteschi che rimandano ad un tesoro rubato, che dimostrano che questa
chiesa rimarrà per altri duecento anni almeno un punto di ritrovo per nobili
eretici e sovversivi e per i loro alleati, tra cui i cattolici modernisti, scomunicati
e condannati da san Pio X nel 1907.
Tra i maggiori esponenti della Compagnia, ancora
una volta, Gastone d’Orleans e poi Charles Fouqet, fratello del ministro delle
finanze, la Baronessa d’Arques di Linguadoca, Padre de Codren, San Vincenzo di
Paola, Jean Jacques Olier e il potentissimo vescovo della Linguadoca Nicolas
Pavillon, considerato dalla curia romana “il protettore degli eretici”.
Gli Statuti della Compagnia accennano al “Segreto
come anima della Compagnia”, il quale non doveva essere divulgato ad alcuno. La
Compagnia aveva uomini dappertutto, nel parlamento, nella magistratura e nella
polizia. All’apice di essa, il “cenacolo invisibile”, che ricorda il manifesto
rosacrociano tedesco contemporaneo in cui si parla di una “fraternità segreta
ed invisibile” dedita all’alchimia.
Quest’organismo, solo apparentemente cattolico, si
riempì di giansenisti e di protestanti e protesse molti uomini sospettati di
eresia.
Come la Fronda, osteggiò politicamente il
Mazzarino, del quale avrebbe dovuto essere alleato, mentre la Compagnia di Gesù
e alcuni importanti vescovi francesi la definirono un organismo “eretico, dedito
a pratiche empie d’iniziazione, alla magia e alla dottrina cabalista”, secondo
un refrain già usato per i Templari.
Nel 1660 re Luigi sciolse d’imperio la Compagnia.
Cinque anni dopo, l’arcivescovo Fouquet scrisse
una lettera a suo fratello, l’ex ministro delle finanze di Luigi XIV. La
lettera è contenuta nell’Archivio dell’Arte francese del 1862 e si legge come
l’arcivescovo accenni ancora, in modo alquanto omertoso, al famoso Segreto della
Compagnia che porta vantaggi a chi lo conosce. Cita un suo recente incontro con
il pittore Poussins durante il quale parlano “dei vantaggi che persino i re stenterebbero
grandemente ad ottenere e che nessuno al mondo scoprirà mai nei secoli a venire”.
Da tempo l’ex ministro e magistrato Fouquet era
attenzionato dai servizi segreti del re, i quali lo arrestarono e scandagliarono
tutta la sua corrispondenza trovando anche questa lettera incriminatoria.
Il re esigeva di sapere quale fosse il Segreto. Voleva
condannare Fouquet a morte ma la Compagnia, nonostante fosse stata sciolta,
mobilitò i suoi giudici per attenuare la pena (fu condannato al carcere a
vita).
Con ogni probabilità, il re pensava che il Segreto
fosse costituito da un tesoro, forse l’oro dei Templari nascosto in Linguadoca
o il tesoro del Tempio di Gerusalemme trafugato dai visigoti nel 70 d.C. e
portato nei pressi di Carcassonne, in Linguadoca, là dove queste famiglie
avevano un potere enorme.
Re Luigi XIV ordinò quindi al ministro Colbert di
chiamare maestranze svedesi per fare scavi nella zona del Razès in Linguadoca,
in cerca del tesoro. Non trovò nulla.
Dalla dispersione della Compagnia del SS
Sacramento si svilupparono cellule, simili a logge massoniche, chiamate AA
(Amicizie Angeliche), che affiliavano soprattutto sacerdoti, vescovi e
cardinali della zona della Linguadoca.
1400 ecclesiastici furono iscritti alla AA di
Tolosa, in Linguadoca, tra il 1665 e il 1890.
Le AA Clericali, così saranno chiamate, si
diffonderanno per ogni dove, sempre con lo stesso interesse di “non divulgare
il Segreto” in quanto “Il Segreto è l’anima delle AA, divulgarlo significa
distruggerle”.
Ed ancora “è assolutamente necessario custodire il
Segreto, non rivelarlo a chicchessia, né agli amici più intimi, né ai parenti e
nemmeno al confessore più affidabile. Nessun segno, nessuna parola da far sospettare
del Mistero”.
Per questo motivo le riunioni dovevano essere
sempre segrete, gli Statuti e le liste degli iscritti non disponibili ad alcuno
e, in caso di controlli, dovevano essere bruciati.
Si diceva che le AA manifestassero un certo
interesse per la parte occulta dell’antica religione egiziana, soprattutto per
la pratica della mummificazione dei corpi e per le formule magiche per la loro resurrezione.
Nel 1913 uno scrittore francese di nome Henri Bégouën compì uno studio approfondito
sull’argomento, scovando documenti importanti anche in Vaticano. A suo avviso,
nella direzione centrale che sovraintendeva queste AA si trovavano numerosi
nobili come il principe di Polignac.
Le AA continueranno a battersi contro la monarchia
assoluta anche al tempo di re Luigi XVI, lasciando segni tangibili della loro esistenza
almeno fino al 1890.
Una parte della nobiltà francese si trovò quindi
alleata del terzo stato nella Rivoluzione Francese del 1789. Personaggi
come il marchese e generale Lafayette (che aveva dato un contributo alla
rivoluzione dei militari delle colonie americane contro la casa reale inglese)
e il conte de Mirabeau erano fautori di una monarchia parlamentare.
Le AA incoraggiavano e corroboravano questo gruppo
nobiliare che pensava di dirigere la rivoluzione abbattendo l’assolutismo e
salvando al contempo la monarchia. Rimasero però spiazzate dalla forza della
borghesia, che intanto era entrata prepotentemente nelle logge massoniche
deiste e illuministe non legate alla nobiltà, e che voleva la repubblica,
riuscendo ad ottenerla nel 1792.
Guidata da Danton, pretese ed ottenne anche la
condanna a morte del capetingio re Luigi XVI.
Come racconta una leggenda, avvicinatosi al
patibolo, il boia, prima di ghigliottinarlo, gli disse:
“Questa è la vendetta per la morte di Jacques De
Molay, gran maestro dei Templari”.
A quel punto, le AA delle ex zone catare di
Mirepoix, Carcassonne, Perpignan si attivarono per far espatriare nella vicina
Spagna nobili ed ecclesiastici che la sanculotteria voleva sterminare.
Come un polpo, ancora una volta l’organizzazione
s’inabissò e mimetizzò, aspettando la fine della rivoluzione e l’avvio della Restaurazione
con il congresso di Vienna.
Dato l’interesse generale dei nobili per la massoneria
in Europa e in America fin dal 1717, nel 1780 il marchese del sud della Francia
De Chefdebien fondò a Narbonne il cenacolo segreto dei Filadelfi, collegato
alla tradizione templare. Tra i suoi adepti, il marchese e massone napoletano
Raimondo de Sangro, alchimista conosciuto per le sue insolite ed inquietanti pratiche
di mummificazione dei corpi.
Nel 1838 il marchese della Linguadoca
Jacques-Etienne Marconis De Nègre di Le Clat prese le redini della massoneria egiziana,
strettamente occultista, fondata da Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro,
consigliere e guaritore di alcuni papi. Tra gli aderenti la Marchesa de Bozas.
Questa massoneria divenne poi “il rito egiziano di
Memphis ed Mizrain”, ancora oggi praticato in molte obbedienze massoniche.
Sempre sul finire di quel secolo comparve un’altra
organizzazione occultista: lo Hiéron du Val d’Or, una riedizione della
Società Angelica e delle AA.
Fu fondata da un prete legato ai Conti di Chambord,
Victor Devron, dal barone russo-spagnolo Alexis de Sarachaga e dal conte
Etienne d’Alcantara e ancora una volta, adottò il polpo come simbolo.
Si dedicò allo studio del druidismo, della cabala
e della lingua adamitica, alla tradizione di Atlantide, alla figura del
serpente o dragone primordiale “dio mediatore, creatore e conservatore della
vita” e tenterà di restaurare “la monarchia sacra”.
Anch’ essa venererà alcune tombe sacre e alcuni
dolmen celtici presenti in Linguadoca.
Atlantis fu la loro rivista ufficiale e, per molti studiosi, lo Hiéron fu un centro
cabalistico misterioso nascosto dietro le parvenze di un gruppo cattolico,
tanto che nel 1888 la curia romana scoraggiò molti ecclesiastici dal farne
parte.
Nonostante ciò, lo Hiéron, otterrà l’appoggio di
papa Leone XIII, l’ultimo dei papi ad essere socio dell’Arcadia per la quale,
con lo pseudonimo di Neandro Ecateo, fu un notevole poeta in latino.
Tra gli aderenti allo Hiéron du Val d’Or spicca la
nobile famiglia dei Chambord, imparentata con la casata d’Austria d’Este. Da
notare che il conte di Chambord aveva avuto come precettore il marchese
d’Hautpoul-Felines, il cui cugino era il generale e ministro Hautpoul de
Beaufort, appartenente alle AA e alla Massoneria egizia, il quale si diede un
gran daffare per portare al trono di Francia proprio il conte di Chambord.
Il marchese Chaumeil, riguardo gli obbiettivi
dello Hiéron, ebbe a dichiarare nel 1980: “Una teocrazia nel cui ambito le
nazioni non sarebbero state altro che province e i loro dirigenti non sarebbero
stati altro che proconsoli al servizio di un governo mondiale”.
Per l’Europa in particolare, sarebbero stati gli
Asburgo-Lorena ad essere la nuova dinastia di re-sacerdoti.
Tra il 1895 fino al 1917, infatti, poco prima e
durante la Prima Guerra Mondiale, in Linguadoca c’erano strane riunioni che
vedevano insieme sacerdoti e vescovi, come monsignor Billard, artisti come Emma
Calvè, scrittori come Maurice LeBlanc (l’autore di Arsenio Lupin), politici
come il ministro dei beni culturali Henry Charles Dujardin-Beaumetz, nobili
come la marchesa du Bourg de Bozas, banchieri provenienti da Ungheria,
Svizzera, Inghilterra e soprattutto dall’odiata Germania, personaggi di rango
come l’Arciduca Giovanni Salvatore d’Asburgo e di Ungheria, cugino
dell’Imperatore Francesco Giuseppe, che continueranno a farsi vedere in quei
territori fino al 1916, a dispetto della guerra tra Francia ed Impero Austro-Ungarico.
Con ogni probabilità, si progettava un altro
complotto per la pace, per un’Europa diversa, senza conflitti interni tra stati,
tutta governata da una monarchia legittimata dalla sua antica discendenza.
Gli eventi andarono però in tutt’altra direzione.
Finita la Prima Guerra Mondiale in Germania nel
1918, e caduto l’imperatore, a Monaco, per opera del barone Rudolf Von
Sebottendorf, già aderente alla società segreta tedesca neopagana Germanorden,
viene fondata la Società Thule, in ricordo della leggendaria isola del
Nord Europa simile alla greca Atlantide.
Alcuni miti fondatori di questa società esoterica ricordano
quelli della Società Angelica, delle AA e dello Hiéron du Val d’Or: occultismo,
paganesimo, tradizionalismo legato al sangue, ricerche araldiche di genealogie
nobiliari, racconti del Graal, regno sotterraneo di Agarthi, culto degli antenati,
pratiche magiche e simboli del Nord Europa e soprattutto l’avvento del grande
monarca.
Tra gli aderenti spiccano la contessa Von Westarp,
il principe Thurn und Taxis ed alcuni membri del partito dei lavoratori
tedeschi che diventerà, in seguito, il partito nazional-socialista, tra cui Rudolf
Hess già delfino di Hitler.
Con il partito nazista, questa società ebbe un
rapporto di amore e odio.
Il suo fondatore, il già citato barone Von
Sebottendorf, iniziato nel 1901 in una loggia massonica di rito egiziano, aveva
sempre mostrato grande interesse per la religione tibetana ma anche per la
cabala ebraica e il sempre presente movimento segreto dei Rosacroce.
Per questo motivo, per questa sua propensione
esagerata verso l’occultismo, fu fatto arrestare dai nazisti e questo circolo
venne sciolto ufficialmente nel 1925.
Nonostante ciò, ad interessarsi della zona della
Linguadoca e soprattutto del lignaggio dei nobili di questa zona e delle
leggende del Graal, in quegli stessi anni ci fu lo scrittore Otto Rahn, che fu
un colonnello delle SS tedesche e che scomparve misteriosamente nel 1939 sui
Pirenei in prossimità delle grotte del Sabhartes. Negli anni 40, dopo
l’armistizio con la Francia, Himmler mandò una speciale squadra dell’Ahnebnerbe
e dei servizi speciali delle SS a Montsegur, nella fortezza catara, per svolgere
ricerche che tutt’oggi rimangono avvolte dal mistero.
Sempre dalla Germania erano arrivati
precedentemente molti finanziamenti a Lenin e ai bolscevichi.
L’insurrezione contro lo zar era finanziata direttamente dall’Imperatore tedesco
che voleva l’uscita dell’esercito russo dalle ostilità. Parte di quei soldi
erano arrivati anche al principe Eugenij Vladimirovic Lvov della dinastia Rurik
il quale, dopo la rivoluzione del febbraio del 1917, aveva deposto lo zar
Nicola II (che aveva abdicato), divenendo capo provvisorio dello stato russo.
Già sul finire del 1800, molti nobili russi legati
a doppio filo alla Francia erano entrati in un movimento elitario ed occultista
fondato da Nikolaj Fedorov che prese il nome di Cosmismo. Tra essi
c’erano letterati, filosofi, scienziati, artisti: lo stesso milieu della
Società Angelica.
Ancora una volta, si erigeva un monumento simbolico
alla Scienza, che doveva cercare un rimedio alla morte. Da qui una dottrina magico-materialista
che, in parte influenzò e poi si coniugò con la dottrina del marxismo-leninismo,
almeno fino all’avvento di Stalin: la costruzione dell’uomo nuovo e di un’umanità
immortale, lo sviluppo di una scienza in grado di vincere la morte e di far
resuscitare i corpi, la ricerca di nuovi pianeti da colonizzare.
In Europa, intanto, il conte ungherese Richard
Coudenhove-Kalergy fondava nel 1922 la Paneuropa. Ad essa aderivano
politici di spicco come Winston Churchill (appartenente già alla massoneria e
alla Golden Dawn), Leon Blum, Eduard Benes ma anche scienziati come Albert
Einstein, matematici come Bernard Shaw, letterati come Paul Valery.
In essa ritornava prepotentemente l’idea di una
Europa unita, di pace, senza guerre interne.
La casata degli Asburgo, che abbiamo trovato
essere molto attiva in Linguadoca, ha dato un contributo fattivo allo sviluppo
delle linee guida di questo think tank tanto che il principe d’Austria
ed Ungheria Otto d’Asburgo, figlio dell’ex imperatrice Zita, è rimasto
presidente onorario della stessa fino alla data della sua morte nel 2011.
Anche in questo caso, gli eventi presero un’altra
piega e si arrivò alla Seconda Guerra Mondiale.
La nobiltà che in un primo momento, pur storcendo
il naso, aveva dato il semaforo verde all’ascesa di Hitler, cominciò ad
organizzarsi ai suoi danni.
Molti erano i congiurati di sangue blu che
volevano riportare la pace in Europa.
Tra questi, il conte e diplomatico Albert
Bernstorff, il conte Axel Von der Bussche, il conte Fritz Schulenburg detto “il
ribelle conservatore” e capo della resistenza tedesca. Ed ancora Marion Donhoff
della casata della Prussia orientale dei Junker, detta la “contessa rossa”, il
conte Von Gersdorff, il conte Von Trott.
Questi nobili si misero a pensare a un’Europa
diversa, unita, federale, pacifica e per preparare il terreno agli Stati Uniti
d’Europa, organizzarono 61 attentati contro il Fuhrer della Germania
nazional-socialista.
Fondarono anche il Kreisau, un circolo riservato
di cultura neopagana, con a capo il conte Helmut Von Molkte, diplomatico e
cugino del colonello e conte Claus Graf Von Stauffenberg, passato alla storia
come l’ideatore, il 20 luglio del 1944, dell’Operazione Valchiria, che avrebbe
dovuto sopprimere Hitler e tutto il regime nazista. L’Impresa fu, ahimè,
fallimentare.
Il tema di un’Europa unita, pacifica, basata su
tradizioni esoteriche, tornò prepotentemente in auge nel Secondo Dopoguerra.
A darci testimonianza di questo è infine Paolo
Rumor, nipote di Mariano, cinque volte Presidente del Consiglio dei Ministri e
figlio dell’avvocato Giacomo, già partigiano bianco e collaboratore di papa
Paolo VI. Paolo Rumor ha raccontato che suo padre era a conoscenza dell’esistenza
di una “struttura” antichissima in Europa chiamata “Ordine delle Ardenne o di
Stenay”, invisibile, divisa in cellule (come le AA).
“Si maschera” come un polpo “dietro altre
compagini associative, dinastiche e religiose”.
Essa ha visioni occultiste filo-egiziane e, in
politica, si è impegnata a costruire un’Europa unita e di pace. Si diede un
gran daffare negli anni Cinquanta del secolo scorso per costruire la CECA (Accordo
carbone ed acciaio), l’Euratom (accordo sull’energia nucleare) e la CEE (la
comunità economica europea, trattato di Roma del 1957)
Ci sarebbe poi una lettera di Maurice Schumann,
fondatore del gollismo in Francia, indirizzata proprio all’avvocato Rumor, con
la lista dei più importanti aderenti del passato a questa struttura, molti dei
quali nobili e artisti come Salvador Dalì, per fare un esempio.
L’Avvocato Rumor tenne dapprima riunioni con
questo gruppo a Vienna e nella Linguadoca ma poi abbandonò il campo. Come
cattolico, non si sentiva a suo agio tra questi esponenti di potere che, a
detta sua, si trovavano in molti ambienti, anche in Vaticano, dediti
all’esoterismo, allo studio della prima civiltà di Atlantide, alla magia
egiziana, alla discendenza dei cainiti e di certe famiglie nobiliari che, in
passato, si sono sempre opposte all’assolutismo delle monarchie e
all’oscurantismo teocratico.