mercoledì 25 novembre 2020

LA BOLLA PAPALE DI SOPPRESSIONE DELL’ORDINE DEL TEMPIO: UN ALTRO DOCUMENTO STORICO DA CONOSCERE (Parte Seconda)

 

Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

come avete potuto leggere nella prima parte di questo post, papa Clemente è il personaggio chiave nella caduta dei Templari. Se, all’inizio della vicenda, egli era diffidente nei confronti delle accuse mosse ai Templari dal re cristianissimo Filippo IV, divenne in seguito suo acceso sostenitore nel perseguire e perseguitare i cavalieri, macchiatisi di eresia a causa dei riti anticristiani praticati durante la particolare iniziazione-investitura all’Ordine.

Solo al Papa competeva la possibilità di salvare o meno l’intera Milizia. Clemente non lo fece e spiegò la sua posizione nella Bolla di soppressione dell’Ordine templare, la Vox in Excelso. Tra virgolette, quindi riporterò fedelmente alcuni passi significativi di questo documento storico. Tenete ben presente che, come era uso, il papa usa il plurale maiestatis e quindi parla usando il Noi.

Dopo essersi riferito ai Templari utilizzando alcune citazioni di passi dell’Antico Testamento, come “[…] hanno innalzato altari a Baal per iniziare e consacrare i loro figli agli idoli e ai demoni”, Clemente racconta di come, prima di salire sul soglio pontificio, era stato messo a conoscenza del ruolo dei Templari in Terra Santa, di come fossero stati descritti come “speciali combattenti della fede cattolica”, motivo per cui la “Chiesa li aveva circondati di onori, di libertà e privilegi”. Ora, scrive Clemente “ci era stato detto che fossero caduti nel peccato di un’abominevole apostasia contro lo stesso Signore Gesù Cristo, nell’odioso vizio dell’idolatria, nell’esecrabile vizio di Sodoma e in diverse eresie” ma “non abbiamo voluto prestare orecchio ad insinuazioni e voci simili”. Poi però “il nostro carissimo figlio in Cristo Filippo, illustre re di Francia, al quale erano stati denunciati crimini simili, spinto non da un sentimento di avarizia (poiché non voleva rivendicare o appropriarsi di alcuno dei beni dei Templari, disinteressandosi a quelli presenti nel suo regno e tenendosene ben lontano), ma per puro zelo della fede ortodossa, raccolse tutte le possibili informazioni su quello che era successo e fece arrivare a noi numerose e gravi notizie per mettercene al corrente. Tali crimini non hanno fatto altro che aumentare la cattiva reputazione dei Templari e del loro Ordine. Per di più un soldato della milizia, appartenente all’alta nobiltà, ci ha dichiarato in segreto e sotto giuramento che lui stesso, durante la sua iniziazione, su consiglio di chi lo ammetteva e dinanzi agli altri soldati della Milizia, aveva rinnegato Cristo e sputato sulla croce che il suo iniziatore gli aveva messo davanti […]Egli aveva sentito dire che le ammissioni all’Ordine si svolgevano in questo modo: che su esortazione del capo o di un suo delegato, il nuovo ammesso rinnegava Cristo e sputava sulla croce per insultare Cristo crocifisso; che poi il capo e l’iniziato commettevano atti illeciti e contrari all’onestà cristiana”.

Clemente aggiunge che molte erano le voci che si erano innalzate contro i Templari, quella del Re di Francia ma anche dei duchi, dei baroni, del clero e persino del popolo e che quindi aveva appresso che il Gran Maestro De Molay, assieme agli alti nobili dignitari, si erano macchiati di questi crimini, provati dalla confessione del Gran Maestro a Chinon e dalle dichiarazioni dei tanti cavalieri interrogati dai prelati e dalla Santa Inquisizione. In base a tutto ciò, dice Clemente, lui dovette aprire un’inchiesta. Lui stesso volle quindi interrogare 72 cavalieri, “in un luogo sicuro e benevolo in cui non avevano nulla da temere”, i quali gli resero le stesse confessioni che avevano precedentemente reso all’Inquisizione.

Il papa racconta nella Bolla che decide allora di incaricare suoi cardinali di fiducia affinché formino una commissione speciale con notai pubblici per interrogare il Gran Maestro e gli alti dignitari detenuti nella fortezza di Chinon.

Interrogati, il Gran Maestro e gli alti dignitari, scrive Clemente, confessarono a codesta commissione “senza violenza né terrore” che “quando erano stati ammessi nell’Ordine, avevano rinnegato Cristo e sputato sulla croce e che essi avevano accolto un gran numero di frati in egual modo, cioè facendoli rinunciare a Gesù Cristo e facendoli sputare sulla croce”. Clemente aggiunge “alcuni di loro confessarono anche altri crimini orrendi e vergognosi sui quali ora per il momento tacciamo”.

Ed ecco un altro punto significativo.  Clemente scrive che il Gran Maestro e gli alti dignitari dopo tali confessioni rese ai cardinali “chiesero l’assoluzione in ginocchio e con le mani giunte […] I Cardinali (poiché la Chiesa non chiude mai il suo cuore a chi ritorna da Lei) avendo ricevuto dal Gran Maestro, dal visitatore e dai commendatori l’abiura della loro eresia, hanno espressamente accordato loro, per nostra autorità, il beneficio dell’assoluzione secondo la forma consueta della Chiesa”.

Clemente aggiunge poi di essersi mosso per convocare a Vienne un Concilio per discutere della vicenda alla presenza di “cardinali, patriarchi, arcivescovi, vescovi, abati, prelati e procuratori”. Inoltre spiega le varie tendenze dei gruppi più rappresentativi in seno a quel Concilio. Molti sostenevano che, condannando i Templari, la Chiesa avrebbe arrecato un danno a se stessa e alla propria reputazione, soprattutto per la questione della Terra Santa, ma il papa continuò a sentenziare “Forse è vero che i precedenti processi svolti contro l’Ordine non permettono di condannarlo in modo canonico come eretico tramite una sentenza definitiva, tuttavia le eresie di cui è accusato lo hanno notevolmente diffamato ed un numero quasi infinito dei suoi membri, tra cui il Gran Maestro, il Visitatore di Francia e i principali precettori, attraverso le loro spontanee confessioni, sono stati convinti di tali eresie, di errori e di delitti; queste confessioni rendono l’Ordine molto sospetto”. Per questo motivo, dice in seguito Clemente, “noi, tenendo in conto solo di Dio e prendendo in considerazione il bene della situazione in Terra Santa, abbiamo ritenuto che bisognasse usare la misura preventiva e regolamentare per sopprimere gli scandali, evitare e conservare i beni destinati all’aiuto della Terra Santa. Considerando quindi l’infamia, il sospetto, le rumorose insinuazioni e gli altri elementi che depongono contro l’Ordine, considerando l’iniziazione occulta e clandestina dei frati nell’Ordine, considerando che tali frati sono stati allontanati dalle abitudini di vita comuni perché erano obbligati, durante l’iniziazione, a promettere e a giurare di non rivelare ad alcuno il modo in cui erano stati ammessi […] considerando i tanti orribili fatti perpetrati da un gran numero di frati […] la maggior parte dei Cardinali e circa i quattro quinti dei prelati del Concilio, hanno ritenuto conveniente che si seguisse la via preventiva, sopprimendo l’Ordine […] considerando che la Chiesa ha soppresso altri ordini importanti per ragioni minori, NOI SOPPRIMIAMO, NON SENZA AMAREZZA E DOLORE, CON UN PROVVEDIMENTO PERENNE L’ORDINE DEI TEMPLARI, LE SUE ISTITUZIONI, IL SUO ABITO ED IL SUO NOME, NON PER MEZZO DI UNA SENTENZA DEFINITIVA MA IN VIA PREVENTIVA E PER ORDINE APOSTOLICO, E CON L’APPROVAZIONE DEL CONCILIO, LO CONDANNIAMO ALL’INTERDIZIONE PERPETUA. VIETIAMO ESPRESSAMENTE A CHIUNQUE DI ENTRARE NELL’ORDINE, DI RICEVERE E PORTARE IL SUO ABITO E DI COMPORTARSI DA TEMPLARE. CHI CONTRAVERRA’ A QUESTO ORDINE, INCORRERRA’ NELLA SENTENZA DI SCOMUNICA IPSO FACTO”.


Riportato questo documento, c’è ancora qualcuno, accademico, storico, giornalista, archivista o altro, che in malafede vuole parlare di sospensione dell’Ordine templare oppure di assoluzione di questo Ordine da parte del papa?! Qualcuno di costoro vuole ancora sostenere che il re di Francia aveva architettato una trappola per incamerare i beni dell’Ordine?! Qualcuno di costoro vuole ancora convincere che il papa fosse un burattino nelle mani del re di Francia?! Qualcun altro vuole ancora far credere che i riti blasfemi dell’iniziazione fossero semplice goliardia militare?!

Un caro saluto,

dott. Michele Allegri


martedì 24 novembre 2020

LA BOLLA PAPALE DI SOPPRESSIONE DELL’ORDINE DEL TEMPIO: UN ALTRO DOCUMENTO STORICO DA CONOSCERE (Parte Prima)


Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

come vi ho indicato nel precedente post, è indispensabile visionare alcuni documenti prima di dare personali interpretazioni della storia dei Templari.

Dopo le confessioni documentate dei cavalieri, che ci hanno dato un quadro preciso di quale tipo di credo religioso si praticasse in seno all’Ordine, ora è il momento di analizzare la Bolla di soppressione dell’Ordine, la Vox In Excelso, emanata da papa Clemente V il 22 Marzo del 1312. Tenete presente che i papi dell’epoca trasmettevano le loro volontà ai cardinali e vescovi e ai re e principi usando le “Bolle” che erano atti ufficiali vincolanti.

Prima però di riportare i passi più significativi della Bolla di soppressione, occorre capire in che modo si mosse e quale ruolo ebbe papa Clemente in questa vicenda. Si può ben dire che il Papa ebbe un atteggiamento prudente nel trattare la questione, anche se era palesemente scontento del mancato impegno dei cavalieri in Terra Santa, soprattutto dopo la pesante sconfitta militare a San Giovanni d’Acri. Quando il re francese Filippo gli sottopose poi alcune prove della “colpevolezza” dei Templari, e cioè le confessioni spontanee di alcuni cavalieri, tra cui quella del fiorentino Noffo Dei e del francese Esquieu de Floryan, che riportavano l’esistenza di riti blasfemi che avvenivano tra le mura dell’Ordine, Clemente le accettò con il beneficio del dubbio.


Poi però accadde l’imprevisto: il 13 ottobre del 1307, ci furono gli arresti di massa sul territorio francese per ordine del re cristianissimo Filippo IV il Bello, con l’appoggio della Santa Inquisizione di frate Guillaume di Parigi, senza che il papa venisse consultato. A quel punto Clemente protestò vivacemente contro di loro per gli arresti manu militari, dal momento che l’Ordine tradizionalmente dipendeva strettamente e totalmente dalla persona del Pontefice. Sospese quindi i poteri dei vescovi francesi e della Santa Inquisizione, ordinando al contempo a re Filippo di consegnare nelle mani di alcuni cardinali di sua fiducia la persona del Gran Maestro e degli altri alti dignitari perché potessero fare le opportune verifiche ed interrogatori di rito. Inoltre i beni dei Templari, per ordine di Clemente, non dovevano essere toccati da alcuno.

Gli eventi subirono poi un’accelerazione. Clemente lesse i capi d’accusa e i verbali degli interrogatori dei cavalieri e si convinse della validità delle accuse rivolte dal re francese e dalla Santa Inquisizione. Il 22 novembre del 1307, il Papa emanò quindi una bolla con la quale ordinava al re d’Inghilterra Edoardo II di arrestare in un sol giorno tutti i Templari ma il re in un primo momento non lo fece. Nella stessa data ordinò al duca di Calabria, Roberto d’Angiò, di fare altrettanto nei suoi territori del sud Italia.



Intanto, a fine maggio del 1308, il papa interrogò di persona 72 cavalieri a Poitiers, mentre inviò una commissione pontificia con tre cardinali di sua fiducia a Chinon per interrogare Il Gran Maestro Jacques De Molay ed altri quattro nobili dignitari.

Nel mese di giugno, cominciò a circolare in Francia una richiesta ufficiale del popolo francese che chiedeva al re di sopprimere l’Ordine in quel regno.

A luglio, Clemente emanò una bolla che revocò la sua precedente sospensione dei  poteri agli arcivescovi, ai vescovi, agli inquisitori, ridando loro potere sul caso in questione, in terra di Francia. Le direttive papali erano chiare: i vescovi potevano muoversi contro i singoli cavalieri fino alla sentenza, che sarebbe stata poi emessa dai Concili Provinciali, ma non avrebbero potuto mai intraprendere azioni contro l’intero Ordine. I templari sarebbero stati consegnati nelle mani del cardinale de Prèneste mentre il Gran Maestro e gli altri quattro nobili dignitari sarebbero stati giudicati dal papa in persona. Nello stesso mese Clemente scrisse al re francese che occorreva agire al più presto per l’abolizione dell’Ordine aggiungendo, con una specifica Bolla, l’invito al re di nominare 5 tra arcivescovi e vescovi per amministrare i beni dell’Ordine con lo scopo di portarli poi fuori dal territorio francese, per essere usati nelle prossime campagne belliche in Terra Santa contro i mussulmani. Qualche giorno dopo, designò i chierici che dovevano prender parte alla stesura del processo contro i Templari: due canonici, due frati predicatori e due frati minori.

In agosto, il papa convocò un Concilio di vescovi a Vienne per dare informazioni contro i Templari. Emanò poi una Bolla contro chiunque si fosse impossessato illegittimamente dei loro beni.

A dicembre, Clemente emanò una Bolla di scomunica (Ad omnium fere notitiam) nei confronti di coloro che avessero dato aiuto o consigli ai Templari. Nella stessa data, dette ordine ai vescovi tedeschi e all’Ordine teutonico di mettersi a disposizione dell’abate Cruas al fine di istruire un processo contro i Templari sul suolo germanico. Ed infine emanò un’ulteriore bolla per costringere il duca di Austria a far arrestare i Templari nel suo Regno.

Il primo di agosto, il papa scrisse ai vescovi di Francia perché i Templari fossero giudicati secondo la legge e le esigenze delle norme in vigore.

Nel maggio del 1311, con una nuova Bolla all’arcivescovo di Rouen, Clemente ordinò che fossero esaminati i conti degli esattori dei Templari e di portare il residuo in un luogo fuori dalla Francia per essere utilizzato per difendere la Terra Santa.

Ad ottobre, il papa emanò una bolla con la quale dette incarico al chierico Geoffray du Plessis di presentarsi al re di Francia ribandendo la riserva che spettava al pontefice nel giudicare il Gran Maestro templare.



Il 22 marzo del 1312, emanò la Bolla Vox In Excelso (che vi esporrò nella seconda parte del post) con la quale sopprimeva l’Ordine templare in via definitiva e preventiva, cioè prima di un giudizio pubblico davanti ai vescovi, come era nel suo diritto.

Un paio di mesi dopo, con un’ulteriore bolla, il papa trasferì i beni dell’Ordine templare a quello dei cavalieri di San Giovanni (oggi Sovrano e Militare Ordine di Malta). Dopodiché, indirizzò una bolla al re d’Inghilterra per far destinare all’Ordine di San Giovanni ogni bene dell’Ordine templare nei suoi reami. Una bolla dello stesso tenore fu indirizzata al re francese.

L’11 marzo del 1314, il Cardinale d’Albano e l’arcivescovo di Sens, incaricati dal papa, condannarono alla prigione a vita il Gran Maestro dei Templari, Jacques De Molay, il visitatore di Francia, i commendatori di Aquitania e di Normandia. Avendo essi ritrattato le loro confessioni di colpevolezza e quindi caduti nel reato di relapsia, vennero consegnati al prevosto di Parigi che li fece bruciare sulla pubblica piazza, dopo aver avuto l’assenso da parte del re francese.

Prima del rogo, Il Gran Maestro maledisse il papa e il re francese, profetizzando la loro imminente morte (passata alla Storia come la celebre “maledizione dei Templari”).

Il mese dopo, precisamente il 20 aprile, Papa Clemente morì.

Il 29 novembre morì anche il re francese.

...continua...


Un saluto dal Vostro Michele Allegri

lunedì 16 novembre 2020

LE CONFESSIONI DEI CAVALIERI TEMPLARI E I PROCESSI DI CARCASSONNE E DI FIRENZE.


Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

molto spesso accade che la Storia dell’Ordine Templare sia sottoposta a revisioni di parte o a riletture improprie. Per un’interpretazione autentica, ci restano alcuni documenti che ci portano ad alcune conclusione logiche. Occorre innanzitutto rileggere la documentazione disponibile.

Mi riferisco ai verbali delle inchieste sui Templari compilati dalla Santa Inquisizione che contengono gli interrogatori dei cavalieri, dopo l’arresto avvenuto nel 1307.

Questi verbali hanno avuto una parte fondamentale nei processi contro i Templari celebrati a Carcassonne e a Firenze.

Negli interrogatori di Carcassonne la Santa Inquisizione fece uso talvolta della tortura, come era prassi nel Medioevo per coloro che erano sospettati di eresia o di pratica di magia, in quelli di Firenze la tortura non fu utilizzata. Stessa cosa dicasi per i processi sul suolo inglese, a Ravenna, a Pisa, a Brindisi o in Sicilia, dove la tortura non fu applicata mai agli imputati.

E’ dimostrato invece che furono i Templari ad usare la tortura nei confronti di quei fratelli cavalieri che protestavano contro le strane modalità d’iniziazione notturne che avvenivano a porte chiuse nei Capitoli dell’Ordine, con tanto di corpo di guardia posto attorno al luogo della cerimonia perché nessuno si avvicinasse a vedere e a sentire ciò che avveniva lì dentro.

Il Segreto infatti è un elemento fondamentale di tutte le società iniziatiche.

Tenete sempre presente che la cavalleria templare ufficialmente non era una società iniziatica ma un Ordine monastico e cavalleresco, con una Regola approvata dalla Chiesa cattolica ed una dipendenza assoluta dalle volontà del papa. Ancora oggi non risulta infatti che sia prevista alcuna cerimonia d’ingresso segreta per entrare negli Ordini religiosi cristiani o in quelli cavallereschi cristiani. Per questo motivo, ciò che successe nell’Ordine templare rappresenta un unicum nella Storia. Ed unici erano anche i loro sigilli e i simboli che manifestavano sin dalle origini una concezione dualista ed una prassi bifida. Si pensi ai due cavalieri in groppa ad un solo cavallo o alla croce patente o biforcuta. Molto spesso apparivano sulle mura delle loro case e magioni la rappresentazione della testa d’ariete che con le sue corna rimanda inevitabilmente ad un’immagine di ferinità.






C’è da aggiungere inoltre che la fama dei Templari presso i popoli europei era alquanto dubbia e screditata molti anni prima degli arresti di massa. Presso gli strati socialmente più bassi dei popoli erano in uso espressioni come “bere come un templare” o “vivere come un templare” il che voleva significare come i templari conducessero una vita al di fuori delle regole cristiane, in piena agiatezza. Infatti era notorio che i Templari fossero ricchi, nonostante avessero preso i voti di povertà, erogando prestiti ad usura alla nobiltà o alle case regnanti, tanto da divenire veri e propri banchieri. Inoltre stranamente erano considerati indolenti contro il “nemico Mussulmano”, sospettati di gestire traffici di reliquie cristiane a scopo puramente commerciale nonostante la mitologia ce li consegni come cavalieri che dovevano difendere i pellegrini che si recavano in Terra Santa.

Dal 1307 al 1310, il pacchetto delle accuse contro i membri dell’Ordine templare fu vario: indisciplina religiosa, inosservanza della Regola dell’Ordine, indifferenza e spregio per la fede cristiana, apostasia ed eresia conclamata.

Nello specifico le contestazioni riguardavano però:

- l’iniziazione notturna con sputo sulla croce, il rinnegamento di Gesù Cristo ed in alcuni casi della Vergine Maria e dei Santi.

-l’adorazione di un idolo considerato come il vero Dio o Salvatore a cui bisognava credere.

-baci osceni, sulla bocca, sull’ombelico e sull’ano.

-l’omissione di parole sacramentali durante la messa.

-la presunzione da parte degli alti dignitari dell’Ordine di concedere l’assoluzione dai peccati.

-l’autorizzazione del crimine contro natura, la cosiddetta sodomia.

Accanto all’inchiesta della Santa Inquisizione volta ad accertare questi “reati”, nel 1309 ci fu un’indagine dei commissari pontifici che aveva lo scopo di capire se queste forme di blasfemia e di eresia coinvolgessero solo taluni soggetti posti al vertice dell’Ordine o l’Ordine intero.

Il titolo di tale inchiesta era Isti sunt articuli super quibus inquiretur contro ordinem militiae Templi.

Infatti la prima cosa che emerse da queste indagini è che le pratiche incriminate erano comandate dai vertici dell’Ordine in quanto “precetti”.


Tra i precetti confessati dai vari imputati e testimoni via era infatti:

-l’adorazione di un idolo al quale ci si rivolgeva con l’espressione “Dio mio, aiutami”, considerato il vero Salvatore, capace di arricchire l’Ordine (deposizioni dei cavalieri Cettus de Ragonis e di Gèrard de Plaisance nell’istruttoria di Viterbo del 1308)

-Il rinnegamento di Gesù, gli insulti e lo sputo sulla croce, i baci osceni dati tra i cavalieri all’atto dell’iniziazione, la sodomia, erano sempre in uso in quanto precetti. Chi protestava o si tirava indietro, veniva incarcerato o torturato. I cavalieri giuravano che non avrebbero mai rivelato ad alcuno le modalità di cerimonia di questa iniziazione (deposizioni dei cavalieri Raynal de Bergeron, Gerard de la Roche).

Nello specifico, sui baci, il gran priore Raymond de Vassiniac, ascoltato il 6 maggio del 1310, disse che avvenivano, durante l’iniziazione, bocca-bocca, bocca-ombelico, bocca-ano, secondo gli usi e i precetti dell’Ordine.

-nella celebrazione della messa, non si dovevano mai pronunciare le parole della consacrazione (testimonianza resa da un sacerdote templare nell’inchiesta a Viterbo).

-i fratelli non dovevano avere alcun contatto con le donne, dato che l’Ordine disprezzava le donne (deposizioni dei cavalieri Guillaume de Varnage, Raoul de Tavernay, Gaucerand de Montpezat).

-il Gran Maestro di turno, nonostante non fosse un sacerdote, ascoltava le confessioni dei cavalieri ed assolveva i fratelli anche dai peccati che non avevano confessato (punti 107 e 108 dell’atto di accusa).

Ed ora leggiamo alcune delle testimonianze rese dai cavalieri del Tempio:

Il cavaliere Bertrand de Montigniac disse di essere stato ricevuto dal frate Jean De Sarnage a Soissons e che questi mostratagli una croce sulla quale c’era Gesù gli disse: “Non credere in questo perché non fu altro che un falso profeta, senza alcun potere, senza alcun valore. Credi invece al Dio del cielo, l’unico in grado di salvarti”.

Il cavaliere Foulques de Troyes disse agli inquisitori che gli fu ordinato di non credere a Gesù Cristo in quanto falso profeta e perché “troppo giovane” ma di credere al dio che sta in cielo. Il cavaliere Jean de Chounes ripetè agli inquisitori lo stesso concetto, riferitogli durante l’iniziazione.

Il cavaliere Raoul de Gisy affermò che l’idolo adorato era un Maufe, cioè un dèmone. Per il cavaliere Pierre de Moncade l’idolo era un diavolo dell’Inferno. Il cavaliere Jean de Cassanhas disse che era il “Demonio, per quello che ne so io” e che durante la sua iniziazione, quando Il Precettore gli mostrò questo idolo di bronzo, rivestito di una sorta di dalmatica, dopo averlo estratto da una cassa, gli disse “Ecco un amico di Dio che dialoga con lui quando meglio crede. Rendigli grazie per il bene che fa e perché ti ha condotto qui e lui ha esaudito tutti i tuoi desideri”.

Stesso concetto fu espresso dai cavalieri Bernardo da Parma e da Jacopo da Pigazzano nel processo fiorentino. Il cavaliere Guido de Ciccica aggiunse che gli fu detto durante l’iniziazione che “Gesù non è il vero Dio, è un falso profeta, crocifisso non già per la salvezza del genere umano ma per i suoi misfatti. In base a ciò non possiamo essere salvati da lui”.

Nicolas Réginus, frate templare, disse di essere stato testimone, durante un Capitolo a Bologna che i grandi precettori dell’Ordine Guglielmo di Novi, priore di Lombardia e di Toscana e Giacomo da Montecucco dissero ai cavalieri convenuti che Gesù Cristo non era Dio né il vero Signore ma solo un falso profeta che non era morto per la salvezza dell’Umanità e che quindi non bisognava aspettarsi la Salvezza da lui ma solo da una testa posta nella sala capitolare alla quale si doveva venerazione ed adorazione. Duecento frati si inginocchiarono quindi davanti a questo idolo, secondo il racconto di questo testimone.

Il cavaliere Arnaud Sabbatier venne accolto nel Tempio e promise di vivere in castità e povertà. Nello stesso luogo chiuso e segreto in cui erano, baciò il Precettore e i frati presenti prima sulla bocca, poi sull’ano denudato. Gli venne dunque presentato sia un crocifisso che un lineum che riportava l’immagine di un uomo. Egli adorò quest’ultimo per tre volte baciandogli i piedi, ed ogni volta, contemporaneamente sputò sul crocifisso, rinnegandolo. Ammise che era voce diffusa la pratica di sodomia.


Il cavaliere Pierre de Moux durante l’accoglienza venne condotto in un altro luogo nascosto dove gli venne fatto giurare di non rivelare ad alcuno i segreti dell’Ordine; quindi ricevette il bacio del Precettore sulla bocca e lo bacia a sua volta sull’ano denudato. Gli venne allora mostrato un idolo di legno che aveva l’aspetto di un uomo, che deve adorare; egli lo adorò tre volte, ed ogni volta sputò su un crocifisso che era lì presente, rinnegandolo.

Al cavaliere Albert De Canelles, in Germania, fu detto “quel crocifisso che vedi rappresenta un falso profeta, non credere in lui, non sperare e non affidarti a lui” ed in segno di disprezzo vide un altro cavaliere sputare sulla croce rossa ricamata posta sul suo mantello bianco. De Canelles si rifiutò di sputare sulla croce e gli altri cavalieri convenuti lo costrinsero a farlo, mostrandogli le loro spade.

In Sicilia, il cavaliere Galcerand de Teus parlò agli inquisitori di come i referenti dell’Ordine si arrogassero il diritto di chiudere i Capitoli con questa particolare formula “prego Dio che perdoni i vostri peccati come li perdonò a Maria Maddalena e al ladrone che fu messo in croce”. Galcerand poi specificò meglio le sue dichiarazioni. “Il ladrone di cui parla il capo del Capitolo fa riferimento, secondo i nostri Statuti, a tale Gesù o Cristo che fu crocifisso dagli ebrei perché egli non era Dio ed invece si definiva Dio e re degli ebrei, il che è un oltraggio al vero Dio che sta nei cieli. Quando pochi istanti prima di morire, Longino gli trafisse il costato con la lancia, Gesù si pentì di essersi definito Dio e re degli ebrei e chiese perdono al vero Dio: alloro questi lo perdonò. Ecco perché parlando del Cristo crocifisso usiamo queste parole: come Dio perdonò il ladrone che fu messo in croce. Per quanto riguardo la Maddalena, i suoi peccati le furono rimessi dal vero Dio che sta nei cieli, perché fu amica di Gesù e per servirlo frequentava le chiese e i monasteri e accendeva le lampade delle chiese”.

Il cavaliere Etienne Trobati dichiarò che gli fu detto durante l’iniziazione “l’uomo Gesù è morto solo per i suoi peccati, non devi credere che Dio sia morto perché ciò non è credibile”.

Al cavaliere Gerard de Passage fu detto “Il crocifisso non è altro che un pezzo di legno, Nostro Signore è in cielo”. Poi gli fu dato il comando di schernire e calpestare la croce e contemporaneamente gli venne intimato di sputare tre volte sul crocifisso, di infangarlo in modo osceno, di farlo sempre di venerdì, specialmente il Venerdì Santo. Il cavaliere obbedì.

Nell’indagine svolta in Inghilterra dal 1309 al 1311, due testimoni ammisero che durante la messa, al momento della celebrazione dell’eucarestia, si ometteva la cosiddetta formula “hoc est corpus meum” (questo è il mio Corpo).

Molti cavalieri templari tra i quali Gaufred de Thantan, Bernard de Selgues, Bertrand de Silva, Jean de Nériton, come riportato dall’inchiesta condotta dalla corte di Roma, ammisero invece di aver adorato un animale durante i Capitoli. Nèriton disse che era un gatto dal pelo grigio e che davanti a questo animale i fratelli s’inchinavano, togliendosi il cappuccio.

A Firenze il cavaliere Nicolas Règinus disse che era un gatto nero e che tutti i fratelli l’adorarono, mettendosi in ginocchio.

Tra i documenti inseriti nell’atto d’accusa ai Templari del 1307 ci sono le “Grandi Cronache di Francia” nelle quali si legge “Un nuovo bambino generato da un Templare e da una giovane vergine veniva cotto ed arrostito sul fuoco e tutto il grasso ricavato lo credevano sacro e ci ungevano il loro idolo”.

Due testimonianze, quella del cavaliere Gaucerand de Montprezat e quella del cavaliere Raymond Rubei, insistevano sul fatto che l’idolo era un pezzo di legno chiamato Bafometto. Nel processo fiorentino un cavaliere disse che gli era stato mostrato un idolo e gli era stato detto “Ecco il vostro Dio ed il vostro Magumet”.

Per Frate Egidio “l’idolo aveva un volto bianco, quasi umano, con i capelli neri e crespi o ricci ed alcune dorature intorno alle spalle e al collo”.

Il cavaliere Guillaume d’Arrabloy, davanti ai commissari del papa, disse di aver visto una testa sull’altare dall’aspetto terribile e con la barba argentea.

Il cavaliere Pierre de Bonnefond disse che durante la sua iniziazione i fratelli più anziani lo rifornirono di una cordicella la quale aveva cinto, nei paesi d’Oltremare, la testa barbuta. Altri quattro testimoni nel processo fiorentino dissero di aver assistito alla cerimonia di consacrazione delle cordicelle e della loro distribuzione. Furono benedette attraverso il contatto con una testa ritenuta sacra e queste cordicelle venivano poi riposte in alcuni cofanetti per essere usate durante le cerimonie d’iniziazione.

Il cavaliere Gaucerand de Montprezat affermò che era precetto dell’Ordine acconsentire ai rapporti sodomitici tra i frati, allo scopo di sopportare meglio il calore delle terre oltremarine e per evitare diffamazioni a motivo delle donne e che  il Maestro che lo iniziò estrasse una cintura dalla cassa dove era conservata l’immagine sacra, consegnandola al neofita e ordinandogli di indossarla per sempre sopra la camicia.

Il templare Raymond Rubei affermò inoltre di aver sentito pronunciare la parola (araba) Yalla dopo che i cavalieri più anziani baciavano i piedi dell’idolo dove era dipinta “una figura di Bafometto”. Inoltre per lui era uso considerare l’idolo come colui che “ha dato alla terra la virtù di germogliare e far fiorire gli alberi e le piante”.

Tra i capi d’accusa infine c’era poi una serie di testimonianze che affermavano di aver sentito dire a chi aveva diretto i Capitoli notturni “tutte le cose che non avete detto per vergogna della carne o timore della Giustizia della casa, io chiedo a Dio che vi siano perdonate”.

Dalla lettura di queste deposizioni, possiamo logicamente affermare che:

I templari avevano una cerimonia d’ingresso che possiamo definire iniziatica, segreta, che non doveva essere divulgata al di fuori dell’Ordine. In una deposizione si fa accenno ad una tradizione scritta di questi rituali contenuti in alcuni Statuti mai ritrovati. Durante la cerimonia, i fratelli più anziani chiarivano al neofita la vera storia di Gesù, definito un ladrone o un falso profeta posto in croce solo per le sue malefatte. Egli, dicevano gli anziani templari, non era il dio salvatore del genere umano, come insegnato dalla dottrina cattolica. Il cerimoniale poi prevedeva l’oltraggio al simbolo della croce, sulla quale veniva ordinato al neofita di sputare. Nel contempo, durante l’iniziazione, i vecchi templari istruivano il neofita a credere nel Padre che sta nei cieli, senza però dare alcun tipo di dettaglio sul monoteismo praticato. Molta importanza veniva data al culto di un idolo, definito, questo sì, il vero Salvatore e dispensatore delle ricchezze dell’Ordine e dei desideri dei singoli membri. Talvolta nei verbali è descritto come una testa barbuta o glabra, talvolta è chiamato Bafometto. In un caso è definito “amico di Dio che parla con Lui” e al quale ci si può rivolgere per ottenere esaudito ogni tipo di desiderio. In un paio di casi è un gatto ad essere adorato. Qualunque sia la sua forma, l’idolo è oggetto di adorazione da parte di tutti i cavalieri, che si manifesta con baci e prostrazioni vari. In un caso è accompagnato dalla parola Yalla che, se fosse araba, vorrebbe significare Oh, Dio. L’idolo è presente in ogni provincia e casa dell’Ordine. Molto spesso i cavalieri lo toccano con cordicelle che poi indossano sopra o sotto la tunica. I baci rituali durante l’iniziazione avvengono tra cavalieri anziani e i neofiti e sono tra bocca-bocca, bocca-ombelico e bocca-ano. La sodomia è raccomandata, non è punita, mentre è indicato di stare lontano dalle donne. Le messe e le confessioni non sono abolite in toto, non sono indicate come inutili ma sono modificate in alcune parti, quasi fosse uno sberleffo del rituale. Le assoluzioni dai peccati sono mantenute ma sono impartite dal Gran Maestro in persona.

Per concludere:

Si tratta quindi di una strana forma di culto religioso segreto che accetta la Chiesa cattolica, pratica storpiando parte dei suoi riti ma nega la divinità di Gesù Cristo, anzi lo ritiene un malfattore da disprezzare. Anche il simbolo della croce romana è disprezzato attraverso il rito dello sputo. Inoltre questo culto manifesta una sorta di monoteismo con l’aggiunta però di un intermediatore, un potente idolo, più spesso una testa terribile, definito come il vero Salvatore dell’Ordine e dei suoi membri, dispensatore di ogni ricchezza e di ogni desiderio. Esso è oggetto di culto con baci, venerazioni e spesso viene cinto con cordicelle. Il cameratismo tra i fratelli è rafforzato dalla pratica dell’omosessualità indotta, mentre viene resa palese una forte misoginia. Il rito fa capire ai cavalieri che questo culto è una tradizione dell’Ordine e che questi riti siano scritti in uno Statuto tenuto appositamente segreto.

 

 Un saluto dal vostro Michele Allegri

mercoledì 11 novembre 2020

IL CONTE DI CAGLIOSTRO, EREDE DELLA TRADIZIONE ESOTERICA DEI TEMPLARI E FONDATORE DELLA MASSONERIA EGIZIA

 



Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

non vi è dubbio che il Conte di Cagliostro sia stato uno delle personalità più in vista dell’Europa nel secolo dei Lumi. Amico degli umili e dei potenti del tempo, fu apprezzato e disprezzato allo stesso tempo. Per taluni fu un genio, per altri un avventuriero. Fu sicuramente il Mago ed il massone più conosciuto della sua epoca.

Le sue arti spaziavano dalla medicina alla negromanzia, dall’astrologia all’alchimia, dalla capacità di predizione degli eventi all’ipnotismo.

Fu consigliere ascoltato di Papa Clemente XIII che lo considerava “l’ultimo dei Templari”. Diffuse in tutta Europa il rito della Massoneria Egizia della quale fu il Gran Maestro riconosciuto con il titolo di Gran Cofto, iniziando ad essa il cardinale de Rohan e Napoleone Bonaparte.

Predisse la fine della monarchia francese e l’avvento della Repubblica. Chiese al Papa che la Chiesa cattolica si riformasse adottando gli Statuti della sua Massoneria. Per questo motivo fu il bersaglio preferito delle inchieste della Santa Inquisizione che mosse a lui le stesse accuse mosse ai Templari trecento anni prima: eresia, apostasia, riti negromantici con invocazione delle anime dei defunti, magia nera, idolatria…

Venne catturato a Roma e venne processato dalla Santa Inquisizione perché massone, mago ed eretico. Considerato colpevole, fu condannato a morte ma per paura che venisse considerato dalla popolazione un martire del potere temporale della Chiesa, Papa Pio VI commutò la pena nel carcere a vita, da scontare nella fortezza di San Leo.

Gli Statuti della Massoneria egizia furono messi all’Indice e bruciati in pubblica piazza assieme ai suoi strumenti massonici: sciarpe, teschi, triangoli, cazzuole, grembiuli, cordoni, guanti, spade, stelle fiammeggianti, labari.

Il Conte di Cagliostro morì in carcere, forse avvelenato dai suoi stessi carcerieri. Il suo corpo non fu mai trovato ma una leggenda racconta che un reparto speciale di truppe francesi fu mandato a San Leo dal massone Napoleone Bonaparte. La consegna era quella di liberare il Conte o riportare in Francia le sue spoglie mortali.

Si dice che i soldati fecero degli scavi nella zona circostante, trovando il suo teschio. Secondo il rituale templare, quei soldati, legati da vincoli massonici, baciarono la testa del Maestro, la venerarono e poi “colmarono il teschio di vino e, a turno, brindarono alla salute della Repubblica”.

 


martedì 10 novembre 2020

IL BAFOMETTO DEI TEMPLARI IN UN CELEBRE AFFRESCO FIORENTINO


 Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

in questo celebre affresco della scuola giottesca collocato nella salotta di Palazzo Vecchio in Firenze ma proveniente da una parete del carcere delle Stinche, si possono notare tutta una serie di interessanti elementi che riguardano l'Ordine templare.

Il tema ufficiale è quello della cacciata da Firenze del duca d'Atene Gualtieri VI di Brienne, avvenuta nel 1343, ma un focus più attento ci rimanda ad inequivocabili immagini riferibili ai Templari.

A darci questa dritta è il celebre erudito toscano Giulio Cesare Lensi Cardini, già capo ingegnere del Comune di Firenze che notò:

1. Un gruppo di cavalieri templari che ossequiano

2. La Nostra Signora (Notre Dame), protettrice segreta dell'Ordine

3. Spade e lance spezzate a terra che fanno riferimento alla distruzione dell'Ordine templare per ordine di Papa Clemente V.

4. Un angelo che insegue e minaccia il duca di Atene che fugge mentre sotto braccio tiene il famoso idolo dei Templari, la testa barbuta, dispensatrice di ogni potere chiamata in Toscana Magumet (immaginetta) o Bafometto.

Ecco qui sotto il particolare dell'affresco



Ed ancora, ingrandita, l'immagine dell'idolo barbuto Bafometto

 

Come ho spiegato nel mio ultimo articolo pubblicato sul quotidiano on line LiberoReporter, il legame tra alcune casate nobiliari e talune organizzazioni esoteriche, ivi compreso l'Ordine del Tempio, è un fattore documentato che attraversa molti secoli della storia passata.

Riferendoci a questo dipinto, il duca di Atene era anche conte di Brienne-Le-Chateau, importante città appartenente al dipartimento dell'Aube nella Champagne.

Proprio là ebbe i natali il fondatore dell'Ordine del Tempio, quell'Hugues des Payns sposato con Caterina de Saint Clair.

Ecco il sito ufficiale del dipartimento dell'Aube.

https://www.aube-templiers-2012.fr/369-italian-version.htm

Un saluto a tutti voi dal vostro

Michele Allegri