sabato 30 gennaio 2021

IL CAVALIERE CROCIATO CHRISTIAN ROSENKREUZ

 


Care/i amiche/i, bloggers e semplici curiose/i,

Andrew Michael de Ramsay, conte franco-scozzese e cavaliere dell’Ordine di San Lazzaro, asserì nella celebre “Orazione” del 1737, tenuta davanti ad una nutrita assemblea di massoni giacobiti, che i progenitori dei liberi muratori erano “quei cavalieri crociati” che combatterono in Palestina nel Medioevo. Il massone De Ramsay non fece riferimento esplicito ai Templari, perché conosceva la loro storia “deviante” ma, furbescamente, ai cavalieri di San Giovanni che appartenevano all’Ordine concorrente a quello del Tempio ed erano rimasti nell’ortodossia cattolica. Ramsay era infatti un cattolico praticante e non poteva sapere che l’anno dopo ci sarebbe stata la scomunica papale nei confronti dei massoni. Inoltre aveva un’ambizione politica: restaurare la nobile stirpe cattolica degli Stuart in tutto il Regno Unito.

Secondo la sua visione, i nuovi re del Regno Unito sarebbero stati appunto i cattolici Stuart, mentre la Massoneria sarebbe stata quelle delle origini, quella medioevale dei “cavalieri-crociati”, accettati fin dal 1308 nelle corporazioni muratorie scozzesi.

Infatti, dopo gli arresti di massa dei Templari del 1307, alcuni nobili dignitari del Tempio di Francia assieme ad una truppa di cavalieri armati si rifugiarono in Scozia sotto la protezione di re Robert Bruce, ostile al papato e colpito dalla scomunica perché voleva reintrodurre in Scozia il culto pagano dei celti. I Templari, alla testa dei quali c’era il nobile William de Saint Clair (cognome poi diventato Sinclair), appoggiarono la difesa militare del re scozzese nella celebre battaglia di Bannockburn del 24 giugno 1314 contro le forze inglesi di re Edoardo II, alleate del papa.

I Templari furono ricompensati con donazioni e poi spinti dal re scozzese ad entrare nelle corporazioni muratorie, portando in dote ricchezze mobili ed un apparato esoterico di simboli e di riti magici sconosciuti alle gilde. I Templari, quindi rifugiatisi in Scozia, cominciarono a “coprirsi” dietro alla massoneria operativa, permettendo in questo modo la nascita della massoneria speculativa.

La conclusione di quest’azione di fusione fu magnificata nella costruzione della Cappella di Rosslyn, eretta nel 1450 dal nobile e templare sir William Sinclair (già Saint Clair). Al suo interno sono ancora ammirabili simbologie pagano-celtiche, croci sbavate templari, stelle fiammeggianti, squadre e compassi… il sincretismo templare-massonico ebbe quindi una manifesta affermazione.

                                                 Cappella di Rosslyn in Scozia (1450)

La benzina che diede fuoco, slancio e vitalità a questa nuova forma di massoneria speculativa è da ricercarsi nella rinascita del pensiero “ermetico-magico-cabalistico” presso le corti, le scuole e le università europee, tra la metà del 1400 e i primi 30 anni del 1600. Questo pensiero fece da volano per lo sviluppo della scienza, per la matematica, le arti figurative, le nuove scoperte cartografiche, astronomiche e mediche. Si concretizzò un movimento elitario dove si mescolarono esoterismo-magia e scienza, le cosiddette “conoscenze superiori”, in grado di costruire la Grande Opera alchemica della trasformazione dei metalli in oro sia in maniera simbolica che fattuale. Fu anche una filosofia che puntò alla riscoperta del pensiero platonico, della lingua adamitica, rimettendo in moto la medievale ricerca del Graal inteso come Pietra Filosofale capace di risanare la corruzione della materia. In pratica, una summa di conoscenze che andavano dai culti misterici greci e orientali passando attraverso la misteriosofia ermetica dell’Antico Egitto e la Kabala ebraica, alla riscoperta dell’autentico pensiero di Simon Mago, di Prete Gianni, degli gnostici, del sufismo e del templarismo…

Questo movimento d’opinione si costituì sotto forma di una società segreta: la Confraternita dei Fratelli Invisibili dei Rosacroce (R+C). Ebbe il suo epicentro in Germania e ad essa appartennero i principali geni delle scienze del tempo, come Isaac Newton e Robert Fludd, per esempio, affiliati dopo aver avuto un’iniziazione complessa.

Isaac Newton, dovete sapere, praticò l’alchimia e le scienze occulte: più di un decimo dei suoi libri trattano di questi argomenti!

Il monaco nolano Giordano Bruno, filosofo del panteismo e della magia naturale assieme al guru inglese John Dee, mago ed astrologo gallese, secondo la professoressa Yates, sono i due uomini che portarono alla nascita di questa fratellanza segreta la cui esistenza divenne nota nel momento in cui due manifesti, la Fama Fraternitatis e la Confessio Fraternitatis circolarono in Germania nel 1614.




                                       il cavaliere Christian Rosenkreuz raffigurato in un dipinto


Il fondatore mitico di questa corrente di pensiero spirituale e magica è il cavaliere tedesco Christian Rosenkreuz nato nel 1378 e morto nel 1484, all’età di 106 anni!

Egli avrebbe trascorso dodici anni in un convento, poi avrebbe intrapreso viaggi in Egitto, Palestina e Oriente dove sarebbe stato iniziato alla “Vera Luce della Conoscenza”. Mescolò quindi il sapere nascosto della tradizione orientale con quella occidentale.

Al suo ritorno in Europa si accorse però che il popolo non era ancora maturo per comprendere queste sue scoperte e si ritirò a vita privata trasmettendo la “sua scienza” solo a tre fidati discepoli che, a loro volta, la trasmisero ad altri, creando la catena di trasmissione del pensiero iniziatico rosacrociano.

Il corpo del “padre amatissimo” fu poi deposto dai suoi discepoli in un sepolcro segreto in Marocco, illuminato da un “sole interno” nel quale, racconta la leggenda, campeggiavano emblemi oscuri, scritte misteriose, codici cabalistici, formule e specchi magici, lampade e oggetti moderni. Il sepolcro fu scoperto da un suo discepolo nel 1604. Sulla tomba campeggiava la scritta Post CXX annos patebo, ossia “mi mostrerò dopo 120 anni”.

Il corpo venne trovato incorrotto e avvolto in una tunica sacra ornata. Fra le sue mani un libro sacro di pergamena detto TAU.

Due secoli più tardi, Johann Valentin Andrea, scrittore, poeta tedesco e pastore luterano, s’ispirò a lui nel comporre le “Nozze chimiche di Christian Rosenkreuz”, opera allegorica nella quale gli esperimenti chimici sono descritti come “accoppiamenti” di elementi opposti che si attraggono in base ad energie invisibili. Le immagini simboliche dell’epoca fanno riferimento al mascolino e al femminino. La Luna, per esempio, dice al suo sposo il Sole: “O sole, tu non fai nulla da te se non sono presente io con la mia energia, come il gallo non può agire senza la gallina”.


Il simbolo della Fraternità Rosacrociana prende vita dal nome stesso del fondatore: una croce, simbolo mascolino che si compone appunto di una linea orizzontale che rappresenta la tradizione, il passato, la staticità, e una linea verticale che rappresenta l’elevazione, il progresso e le aspirazioni.

In mezzo alla croce, una rosa rossa, antico simbolo della segretezza ma anche del femminino sacro ed erotico, così come lo avevano inteso i trovadori occitani del XII sec, i minnesinger tedeschi (minne indica la donna idealizzata) e la mistica cristiana dantesca.

I grandi rosoni delle facciate delle cattedrali gotiche medievali magnificarono questo richiamo alla femminilità carnale, mistica e religiosa.

La rosa rossa, anticamente, è il fiore sacro alla Dea egizia Iside, la vedova o Nostra Signora.

                                      collare massonico del grado 18 del RSAA: principe Rosa+Croce

Il grado 18, di Principe Rosacroce, è presente ancora oggi nel Rito Scozzese Antico ed Accettato della Massoneria moderna praticato dai “figli della Vedova” (così sono chiamati i massoni).

…continua…

Un caro saluto,

Michele Allegri

domenica 24 gennaio 2021

PAPA CLEMENTE V E L’ERESIA DI FRA’ DOLCINO

 

                                                       Bertrand de Goth, Papa Clemente V


Care amiche/i, bloggers e semplici curiose/i,

i documenti storici ci insegnano quale ruolo primario abbia avuto papa Clemente V nella vicenda dei Templari. Come era sua prerogativa, come sapete, abolì l’Ordine templare in maniera perpetua nel 1312 e lo fece senza subire alcun condizionamento da parte del cristianissimo Filippo IV il Bello, re di Francia. Non è vero, infatti, che questo papa fosse in stato di prigionia e/o di soggezione nei confronti del re di Francia, solo perché aveva scelto come sede del suo pontificato la città di Avignone.


                                           città di Avignone, sede papale.

Infatti è bene che io vi faccia luce su questa questione:

La città di Avignone non era parte del Regno di Francia ma, dal 1271, era un Contea indipendente dal regno francese, controllata per metà dalla famiglia degli Angiò e per metà, la parte orientale, dagli stessi pontefici di Santa Romana Chiesa. Essi attuavano, infatti, il pieno dominio anche su tutto il Contado Venassino, che comprendeva appunto la città di Avignone. Già dal 1229, infatti, dopo la fine della crociata contro i catari, i pontefici di Roma “godevano la signoria del territorio abbracciante Avignone dalla parte d’oriente, il Contado Venassino” [rif. Enciclopedia Treccani]. Avignone e la sua popolazione, come era avvenuto nelle principali città della Linguadoca, avevano preso parte attiva contro la Chiesa di Roma e la religione cattolica, abbracciando sin da subito l’eresia cristiana dei Perfetti (detti catari o albigesi). Avignone, per questo motivo, fu scomunicata nel 1226 e il cardinal legato “la condannò ad avere mura e torri distrutte, abbattute trecento case turrite, a pagare grave tributo, a giurare lotta spietata contro gli eretici albigesi” contro i quali, badate bene, non presero posizione i cavalieri templari. Questo dato sta a significare che i Templari appoggiavano questa forma di ribellione dottrinale e politica.

Il principe francese Bertrand de Goth fu eletto papa, col nome di Clemente V, nel 1305 dopo il Concilio di Lione. Nel 1309 decise di spostare la corte papale da Roma alla Guascona prima e a Carpentras poi, nel Contado Venassino. Questa era una zona amena e tranquilla, diversamente da Roma, dove imperversavano disordini e contese causati dalle soperchierie della nobiltà nera romana senza freni.

Sarà poi Giovanni XXII, vescovo di Avignone, e successore di Clemente, a completare lo spostamento della sede papale in quella città nel 1316, due anni dopo il rogo dei capi dell’Ordine del Tempio. I papi rimasero ad Avignone fino al 1377, quando papa Gregorio IX la riportò a Roma. Ben sette furono i pontefici cattolici che guidarono la Chiesa cattolica da Avignone.

Clemente V decise di porre la sede papale ad Avignone per dare un chiaro segnale del potere della Chiesa ai ribelli eretici catari che, ancora sotto il suo pontificato, scalpitavano per l’indipendenza religiosa, con l’appoggio politico della nobiltà locale che voleva la Linguadoca indipendente dal regno di Francia. Avignone, quindi, era una sede extra-territoriale della Santa Sede, come lo è oggi la Città del Vaticano.

Detto questo, non c’è quindi da meravigliarsi delle posizioni dure di questo papa nei confronti delle eresie: contro quella catara, contro quella Templare e contro quella dolciniana.


                                                         Fra' Dolcino

Infatti, fu Clemente V a reprimere l’eresia di Fra’ Dolcino, indicendo contro di lui una crociata nel 1306, ordinando che lo torturassero ed infine mandandolo al rogo nel 1307, proprio quando i Templari, accusati di eresia, furono catturati sul suolo francese.

Dolcino era il figlio illegittimo di un sacerdote di Novara. Si trasferì a Trento dove sedusse una nobildonna e fu per questo motivo cacciato dal vescovo locale. Poi cominciò la sua predicazione formando un movimento ereticale e pauperistico, uno dei molti di quell’epoca. I seguaci di Dolcino arrivarono ad essere 10.000. Le sue predicazioni affascinavano le popolazioni piemontesi che incontrava sul suo cammino e si radicò fortemente tra le popolazioni montane della Val di Susa, sulle Alpi biellesi, riuscendo a toccare il cuore delle persone semplici proprio con la sua stessa simplicitas cristiana, tanto è vero che ancora oggi è ricordato con affetto e stima. Voleva una Chiesa povera, affermava che fosse giusto saccheggiare le proprietà della Chiesa ed uccidere i corrotti che si annidavano tra gli ecclesiastici: monaci, predicatori, frati, eremiti e persino il papa. Profetizzava quindi l’arrivo della vera Chiesa, quella dell’Amore, sotto la guida dello Spirito Santo, ispirandosi alla predicazione di Gioacchino da Fiore. Con i suoi seguaci attuò molte azioni concrete, finché fu catturato da un dispiegamento di forze sotto gli ordini di papa Clemente che lo bollò come “un pestifero, figlio del demonio”. Il guelfo Dante (filo papista) gli preparò un posto all’inferno, tra i seminatori di discordie, mentre era ancora in vita, mettendo in bocca al profeta Maometto le seguenti parole: “Or dì a Fra’ Dolcin dunque che s’armi, s’egli non vuole qui tosto seguitarmi” (canto XXVIII dell’Inferno). 

Posto in carcere assieme alla sua compagna e ai suoi seguaci, Dolcino non si pentì mai delle sue prediche e delle sue azioni. Papa Clemente V ordinò al vescovo di Vercelli che venisse bruciato al rogo come eretico ma che prima fosse pubblicamente torturato. Dolcino disse agli inquisitori che nemmeno la morte lo avrebbe fermato perché sarebbe resuscitato in tre giorni.

                                         Fra' Dolcino e Margherita catturati dalla Santa Inquisizione

La macchina della Santa Inquisizione si mosse. Sotto gli ordini dei domenicani, dopo che la sua compagna e i suoi collaboratori più stretti furono bruciati, Dolcino venne condotto in pubblica piazza. Con tenaglie roventi il boia gli strappò la lingua, gli amputò il naso ed infine lo evirò. Le popolazioni accorse in piazza videro Fra’ Dolcino resistere al dolore come nessuno aveva mai fatto prima. Non gridò, non supplicò, guardò i suoi carnefici con sguardo fiero. Infine fu bruciato vivo e le sue ceneri furono disperse al vento.

                                               Una delle Lapidi che ricorda il martirio di Fra' Dolcino



Un caro saluto a tutti,

Michele Allegri


martedì 19 gennaio 2021

“IRA ET DOLOR”: IL POEMA CHE PARLA DEL BAFOMETTO

 

                                              Statua del Bafometto templare di Detroit (USA)


Care/i amiche/i, bloggers e semplici curiose/i,

l’adorazione del Bafometto e l’idolatria della testa magica hanno costituito uno dei maggiori capi d’imputazione dei processi contro i Templari. Nei verbali della Santa Inquisizione francese non sempre risulta che la testa magica adorata dai cavalieri durante l’iniziazione fosse il celebre Bafometto. In una deposizione, infatti, il sergente templare della Linguadoca Gaucerant de Montpezat affermò di aver adorato durante l’iniziazione una “immagine baffometica” e non una testa.

A differenza di molti strampalati storici e divulgatori moderni, a nessun inquisitore del tempo venne in mente che Bafomet poteva corrispondere al nome storpiato di Maohomet, il fondatore e profeta dell’Islam. Infatti come era ben noto ai cristiani medievali, la testa di Maometto o la sua immagine non erano certo oggetto di culto da parte dei mussulmani. Non le cingevano quindi con cordicelle, come facevano i Templari, né le ritenevano capace di “salvarli”, “di renderli ricchi e potenti”, “di far fiorire gli alberi”, tutte espressioni usate dai cavalieri del Tempio e riportate nei verbali degli interrogatori dal 1307 al 1310. Se gli inquisitori domenicani avessero pensato che il nome di Bafomet potesse corrispondere a quello di Mahomet, avrebbero certamente formulato un capo di accusa di questo tipo, affermando che questa Santa Milizia cristiana si era convertita all’Islam, ma non lo fecero.

C’è da dire inoltre che le teste magiche avevano una loro importanza all’interno dei contesti delle pratiche magico-negromantiche medievali. Ricordiamo per esempio il “Racconto di Sidone”, riportato nel post precedente: una testa magica nasce dal rapporto erotico-necrofilo tra un nobile cavaliere templare ed una ragazza armena morta. Oppure la celebre testa parlante posseduta dal papa Silvestro II che poteva rispondere alle domande o rendere oracoli, come riportato dallo storico anglo-normanno Guglielmo di Malmesbury nel XII secolo.

Per inciso, papa Silvestro II fu il primo pontefice francese della Chiesa cattolica e governò dal 999 fino al 1003. Dopo la sua morte, su di lui circolava una leggenda nera: lo si riteneva un negromante che conversava con i dèmoni da lui invocati in certe notti dell’anno. Si diceva che la sua lapide trasudasse acqua e che dal suo sepolcro venisse uno strano rumore di scricchiolii di ossa.

A far luce sul significato del Bafometto templare esiste un documento storico rilevante, scritto da Ricaut Bonomel, un trovatore, un poeta cristiano della Linguadoca, sostenitore dei cavalieri della croce patente e delle forze crociate in generale.

Il poema dal titolo “Ira et dolor”, scritto nel 1265, dopo la conquista del castello templare di Arsuf da parte delle forze turco-mussulmane, riassume la sfiducia di questo poeta cristiano davanti alle tante sconfitte dei templari e dei crociati in Terra Santa. In esso si fa riferimento al fatto che Dio, Gesù e il simbolo della Croce hanno abbandonato i crociati e che Bafometto, inteso come il Re del Mondo, appoggia con la sua forza i vincitori mussulmani.


                                             il libro "il re del mondo" di R.Guenon


Nella concezione religiosa dei cristiani-albigesi della Linguadoca, là dove nacque la poesia trobadorica, il “re del mondo” era il creatore della materia e dei corpi. In pratica, il dio maligno. Secondo la visione dualista dei catari albigesi, il “re del mondo”, creatore della materia, aveva una sua potenza e forza. Per i cristiani catari, il Dio dell’amore e dello spirito non si interessava minimamente delle vicende umane ma solo delle anime e delle cose spirituali. Inoltre i catari disprezzavano il simbolo del crocifisso, visto come emblema di del dio del male e come strumento di morte.

A causa di questo pensiero dualista, che aveva fatto breccia tra le popolazioni occitane, e della forte contestazione della chiesa albigese nei confronti di quella di Roma, papa Innocenzo III indusse una crociata tra il 1209 e il 1229 con l’ausilio dei principali sovrani e nobili europei.


                                   cartina della Linguadoca,la terra dei Catari-Albigesi


Ma ecco la traduzione del testo del poema “Ira et dolor”:

Ira e dolore hanno preso dimora nel mio cuore al punto che oso appena restare in vita. Giacché si avvilisce la Croce che abbiamo preso in onore di Colui che fu crocifisso. Né la Croce né la legge valgono più nulla per noi. Non ci proteggono più contro i turchi felloni, che Dio li maledica! Ma pare, a quanto sembra, che Dio voglia sostenerli per la nostra sconfitta. Prima hanno preso Cesarea e poi preso d’assalto il castello di Arsur. Ahi, Signore Dio, dove sono andati i sergenti e i borghesi che erano sugli spalti di Arsur? Ahimè il Regno d’Oriente è così tanto in declino che, a dire il vero, non riuscirà più a rialzarsi. Non crediate che la Siria se ne dolga, perché ha giurato e dichiarato che, se potrà, nessun cristiano resterà nella contrada. Della chiesa di Santa Maria si farà bafomeria, e poiché suo Figlio, che dovrebbe provarne dolore, si compiace di questo furto, siamo costretti a compiacercene con lui. È folle colui che vuole combattere i turchi perché Gesù Cristo non è più ostile a loro. Hanno vinto, vinceranno, questo mi pesa, francesi e tartari, armeni e persiani. Sanno che ogni giorno ci affliggeranno un po’ di più perché Dio, che un tempo vegliava, dorme e Bafometto risplende di potenza e fa risplendere il Sultano d’Egitto. Il papa largheggia in perdoni con i francesi ed in provenzali che lo aiutano contro i tedeschi, e dimostra una grande brama perché la nostra Croce non vale più nulla e, chi vuole, lascia la Crociata per tornare in Lombardia…

                                          rappresentazione della sconfitta militare dei Templari

Come si può intuire, i Templari, come questo letterato, nella loro visione superstiziosa, avevano in gran considerazione il Bafometto e temevano la sua forza. I Templari quindi cercavano di portarlo dalla loro parte. Così, infatti, facevano nei loro Capitoli segreti, adorando il Bafometto, prostrandosi davanti alla sua immagine terrena, considerandolo il vero ed unico salvatore capace di concedere gloria, potenza e ricchezza all’Ordine.

 

Un caro saluto dal vostro Michele Allegri

 


domenica 17 gennaio 2021

17 GENNAIO: LA FESTA DI OCCULTISTI, ESOTERISTI, MAGHI ED ALCHIMISTI


                                             

Emblema della città di Stenay. Visibile a tutti il Bafometto templare o il dio cornuto


Care amiche/i, bloggers e semplici curiose/i,

oggi è il 17 gennaio, una data fondamentale per occultisti, esoteristi, maghi ed alchimisti di tutto il mondo.

Un tempo, questa festa, veniva celebrata come data d’inizio del ritorno dell’età dell’oro o dell’Arcadia, in località come la celebre Stenay (quartier generale dei Merovingi e di Goffredo di Buglione) o presso il monte Bugarach, detto anche il Sinai nero degli alchimisti, nella Linguadoca, a due passi dalla celebre località di Rennes-Le-Chateau ma ce ne sono anche altre, a dire la verità.

In questi due località, si attendeva che il re-dio spodestato, dell’antica religione pagana, addormentatosi in una caverna segreta, si ridestasse dal suo lungo sonno e tornasse a riprendere il posto che gli spettava.

Il re-dio era considerato come colui che ribalta ogni cosa, un Essere capace di abbattere i troni aurei di re e di principi, d’innalzare al comando gli umili pastorelli e d’instaurare la pace mondiale nella nuova era dell’Arcadia. Per questo motivo spesso è stato identificato con Saturno, divinità del mondo agreste e del ribaltamento.


                                                

                                                Immagine del dio Saturno nella caverna


Questa divinità regale è anche il genius loci della nota vicenda di Rennes-Le-Chateau…

Qui, per esempio, in questo luogo ameno, veniva evocato come Eggregora con raduni collettivi e utilizzando la potenza creatrice del pensiero.

Et In Arcadia Ego… che dire di altro?


                                                  

Dipinto di Nicolas Poussins, I pastori di Arcadia (conservato presso il Museo Louvre di Parigi)

domenica 10 gennaio 2021

TEMPLARI: PER LA GLORIA E LA POTENZA DELL'ORDINE...

 


Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

la Storia dell’Ordine templare ci dice che questi cavalieri crociati avevano una mentalità plastica, spesso opportunistica, che si adattava alle esigenze del momento. La finalità perseguita era chiara: agire per la gloria e la potenza dell’Ordine.

Le basi della dottrina glielo consentivano. Come è ben rappresentato dal sigillo templare, i due cavalieri in groppa ad uno stesso cavallo, c’era un’immagine pubblica dell’Ordine: pio, devoto, agli ordini del papa, pronto per la guerra agli infedeli mussulmani e per la protezione dei pellegrini cristiani che si recavano in Terra Santa a lucrare le indulgenze. Poi c’era una parte nascosta, che agiva per il suo tornaconto stringendo accordi commerciali, compravendite di terre ed immobili, prestiti ad usura, e celebrava nei Capitoli notturni riti magici e idolatrici in spregio alla religione cristiana. È questa seconda parte, magico-esoterica, gestita dal vertice all’insaputa della base, il punto di forza di questa cavalleria.

Come si sa, l’ipocrisia e la prassi bifida nei comportamenti rispetto agli enunciati è una caratteristica patologica dell’uomo, non si deve quindi pensare che i Templari fossero gli unici ad utilizzare questo tipo di prassi a quell’epoca. Nonostante, infatti, il messaggio evangelico di Gesù fosse rivolto ai candidi di cuori, ai poveri, ai semplici e agli ultimi, i re cristiani del medioevo erano ricchi e superbi, molti uomini di Chiesa vivevano nella corruzione e si davano a interpretazioni bizantine del messaggio cristiano. Non è un caso che l’Europa fosse dilaniata dalle eresie, e in essa sopravvivevano aspetti della religione pagana che furono estirpate dal potere laico ed ecclesiastico solo con l’uso della forza e della violenza.

Anche nell’ambito delle relazioni di potere dell’epoca, l’Ordine templare manifestò questa duplicità: si appoggiava ora al potere laico, come a quello di Baldovino II o di Guido da Lusignano, entrambi re di Gerusalemme in epoche diverse, ora al potere ecclesiastico, da San Bernardo a San Luigi passando per papa Innocenzo II. Nel caso della nota vicenda di Anagni, l’Ordine quasi si sdoppiò, volutamente: il vertice dell’Ordine si schierò apertamente con re Filippo IV il Bello contro papa Bonifacio VIII ma inviò una guarnigione di Templari per fare da “guardia del corpo” al Pontefice, che comunque dovette subire una grande umiliazione da parte del De Nogaret, il celebre schiaffo che il magistrato e funzionario del re francese assestò al pontefice che rimase incredulo e turbato.


Nel campo dei rapporti con il mondo mussulmano, l’ambiguità dei Templari si manifestò sin da subito. Nonostante i cavalieri avessero ricevuto in donazione terre, castelli, fortezze e forzieri di oro dai sovrani di Spagna e Portogallo per aiutarli nella riconquista della penisola iberica contro i Saraceni, i templari rimasero tiepidi all’invito e combatterono contro voglia e senza impegno.

In Terra Santa, poi, non dettero prova di grandi capacità militari. Eccone gli esempi più evidenti.

Ad Ascalona, nel 1138, i turchi mussulmani ebbero la meglio sulle truppe templari e li massacrarono. Nel 1153, i Templari con l’appoggio di re Baldovino III tentarono di nuovo di prendere Ascalona. I crociati ce la fecero ma il contingente templare fu totalmente massacrato. Lo storico ed arcivescovo Guglielmo di Tiro accusò il Maestro Supremo dell’Ordine (o Gran Maestro), Bernard de Tremelay, di aver sbagliato strategia militare e di aver martirizzato i suoi solo per l’avidità di prendere il bottino di guerra.

Nel 1144, caduta Edessa in mano agli “infedeli”, Il Maestro supremo del Tempio Everard de Barres si fece promotore di una riconquista della città ma i suoi uomini morirono durante la traversata dell’Anatolia per mancanza di viveri, per le malattie e gli attacchi dei turchi.

Nel 1167, il Maestro Supremo Bertand de Blanchefort, della Linguadoca, si oppose al re di Gerusalemme e al Gran Maestro dell’Ordine degli Ospitalieri che volevano intraprendere una guerra contro gli egiziani mussulmani.

Nel 1171, Il Maestro Supremo dell’Ordine del Tempio, Eudes di Saint Amand, per impedire ad Almarico, re di Gerusalemme, di stringere un accordo diplomatico con il Vecchio della Montagna, il celebre Melek-Shah e i suoi uomini, i cosiddetti Assassini, giunse ad uccidere l’ambasciatore di questa sètta ismailita. Il motivo era semplice: parte dell’accordo prevedeva l’esenzione dal pagamento di una gabella della sètta ai Templari. Almarico non la fece passare liscia ai Templari ed assalì con le sue truppe la commanderia templare di Sidone. Il re stava agendo poi per sopprimere l’Ordine in Terra Santa quando sopraggiunse la sua morte improvvisa.


Ed è proprio nella città di Sidone che cominciò a circolare uno strano racconto sui Templari che sarà esposto dal notaio Antonio Sicci di Vercelli, già al servizio dell’Ordine per 40 anni, nella sua deposizione davanti alla Santa Inquisizione nel marzo del 1311:

Nella città di Sidone ho più volte sentito questo racconto: un nobile cavaliere templare di questa città amava una ragazza armena. Da viva non la conobbe mai carnalmente, ma quando morì, violò la sua tomba, la notte dopo il seppellimento. Fatto ciò, udì una voce che gli diceva di ritornare dopo 9 mesi perché avrebbe trovato una testa, figlia del suo atto. Il cavaliere così fece e trovò una testa umana tra le gambe della donna sepolta ed in avanzato stato di decomposizione. La voce si fece sentire e gli disse di conservare la testa perché da essa gli sarebbe venuto ogni bene, ogni potere. All’epoca in cui udii questo racconto, il precettore templare di Sidone era fra’ Matteo le Sarmage, della Piccardia. Era diventato fratello del Sultano che regnava a Babilonia (il Cairo) perché l’uno aveva bevuto il sangue dell’altro, il che li rese fratelli, vincolati dal sangue.

Nel 1179, il principe mussulmano Saladino riuscì a catturare il Maestro Supremo del Tempio Eudes de Saint Amand, facendo giustiziare tutti i suoi uomini. Egli morì l’anno dopo in mano ai mussulmani. Anche in questo caso, lo storico Guglielmo di Tiro definì questo Gran Maestro “arrogante, colleroso, senza timor di Dio e rispetto per i suoi uomini”.

Nel 1185, il Maestro Supremo del Tempio Gerard de Ridefort s’intromise nella contesa trai due aspiranti al regno di Gerusalemme, appoggiando Guido da Lusignano e costringendo il nuovo re ad altre battaglie contro il Saladino, rivelatesi poi totalmente fallimentari. Il motivo era semplice: per ogni battaglia, i Templari ricevevano soldi dall’occidente cristiano, sia dal potere laico sia da quello religioso. 

Sotto la guida del Gran Maestro Ridefort, i templari subirono una devastante sconfitta ad Hattin, nel luglio del 1187. 140 templari furono catturati dai mussulmani e fu loro tagliata la testa, mentre il Gran Maestro Ridefort scappò e venne poi catturato in seguito. Inspiegabilmente, Saladino gli risparmiò la vita e poi fu messo in libertà. Il sospetto e la voce generale parlarono di casse di gioielli dati dal Gran Maestro Ridefort al Saladino e della sua conversione, ipso facto, alla religione mussulmana.

Quando Roberto de Sablè, vassallo del re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone, divenne Maestro Supremo dei Templari, ricevette in donazione dal suo protettore l’isola di Cipro e la popolazione locale si sollevò contro i cavalieri dalla croce patente, i quali dovettero rinunciare al possedimento. Le popolazioni cristiane, da molto tempo, avevano in odio i Templari, visti come corrotti, usurai, intrallazzatori ed indolenti verso gli infedeli.

I Maestri Supremi del Tempio, Guglielmo di Chartres e Pietro de Montaigu, tra il 1218 e il 1221, portarono i templari a sconfitte clamorose in Egitto ed in particolare a Diametta.

Cominciarono a quel punto anche aperte ostilità dei Templari verso l’Ordine rivale dei Giovanniti (ora SMOM), l’Ordine dei Cavalieri Teutonici e contro l’imperatore cristiano Federico II di Hohenstaufen, il quale attaccò il quartier general dei Templari ad Acri dopo che i cavalieri avevano snobbato la sua incoronazione, intimandogli di abbandonare il castello di Chateau-Pellerin. Lo storico Matteo Paris ha parlato anche di un complotto dei cavalieri templari per assassinare l’imperatore cristiano.

A seguito di ciò, ci furono continui e piccoli scontri armati nel campo cristiano, finché i Templari non giunsero ad appoggiare la crociata di Luigi IX, San Luigi, nel 1248. Fu un’ecatombe: Il Maestro supremo del Tempio Guglielmo di Sonnac fu accecato ad un occhio da un colpo di lancia mussulmana e morì in ritirata e 250 templari furono massacrati sul campo di battaglia.

Il successivo Maestro Supremo del Tempio, Rinald de Vichiers riprese accordi commerciali e diplomatici con i mussulmani attirandosi le ire di San Luigi, il quale pretese che il Maestro supremo sconfessasse i patti e si umiliasse pubblicamente. Cosa che non fece, preferendo dimettersi.



Nel 1291, ci fu la più clamorosa scoppola per i Templari: dopo due mesi di battaglie a San Giovanni d’Acri, i cavalieri assediati dai mussulmani vennero sepolti vivi dal crollo della Torre del Tempio da essi stessi progettato. I pochi superstiti se la diedero a gambe rifugiandosi di nuovo a Sidone per poi scappare a Cipro.

Con questa sonora sconfitta finì l’epopea ingloriosa della riconquista della Terra Santa da parte dei crociati e dei Templari in particolare.

 

Un saluto dal vostro Michele Allegri