venerdì 13 aprile 2007

BONIFACIO VIII: UN PAPA CORAGGIOSO

Salve amici, bloggers e semplici curiosi!

Iniziamo col comunicarvi una novità che riguarda il nostro libro: da aprile è in vendita anche nelle più importanti edicole d’Italia. C’è chi ci ha già scritto dicendoci di averlo acquistato alla Stazione Centrale di Milano e alla Stazione Termini di Roma. E’ un’occasione per chi viaggia per passare qualche ora in “piacevole compagnia”.
Cogliamo l’occasione anche di salutare don Agostino e i boy scout con i quali abbiamo passato una splendida giornata a Bormio. Ma ora veniamo al consueto post.

Quando parliamo della storia dei templari non possiamo tralasciare quella di Papa Bonifacio VIII, al secolo Benedetto Caetani, originario della splendida città di Anagni.
Di famiglia nobile, Bonifacio nacque intorno al 1230 e divenne successore di San Pietro nel Conclave che si riunì a Napoli il 24 dicembre 1294.
Fu giurista e canonista ma, soprattutto, strenuo ed intransigente difensore della supremazia della Chiesa nelle cose spirituali e temporali sui poteri laicali, rappresentati da alcuni monarchi dell’epoca, come Carlo II d’Inghilterra, Edoardo I d’Inghilterra e Filippo IV di Francia, che erano in lotta tra loro. Fu proprio questo scontro tra Francia ed Inghilterra che portò Bonifacio, propugnatore di una pace tra i due Stati, ad una pressante intromissione negli affari del re di Francia, il che lo rese inviso a Filippo.
Nel 1295, Bonifacio emanò la Bolla Clericis Laicos, con la quale vietava al clero inglese e francese di fare donazioni ai re e ai principi senza autorizzazione papale. Mentre Edoardo si conformò ai dettami del Papa, Filippo rispose con una ordinanza che interdiceva l’esportazione dalla Francia di ogni sorta di denaro o derrata, con lo scopo di far venire meno molte entrate alla curia romana. Bonifacio, viste alcune situazioni, dovette ripiegare ma subito dopo attaccò Filippo con un’Enciclica nella quale ribadiva il potere della tradizione teocratica dei Papi sui regnanti.
Intanto, in questo tempo, si era proceduto alla canonizzazione in Vaticano di Luigi IX, zio di Filippo, che divenne santo. Ciò diede maggior lustro alla famiglia reale francese che, grazie a questa canonizzazione, poteva interessarsi anche di questioni ecclesiastiche e di dottrina.
Tutto sembrava essere tornato alla normalità nei rapporti tra Santa Sede e Francia quando, all’improvviso, Filippo fece arrestare, nel 1301, Bernardo Saisset, vescovo di Pamiers, con l’accusa di alto tradimento nei confronti della monarchia.
Bonifacio protestò energicamente e con la Bolla Ausculta fili del 5 dicembre indisse a Roma, per il primo novembre del 1302, un sinodo del clero francese nel quale Filippo avrebbe dovuto presentarsi e render conto del suo blasfemo gesto di sfida al pontefice di Roma. A seguito di quell’increscioso evento, Bonifacio ribadì l’esistenza del mandato divino che i Papi hanno per governare e che li pone sopra i regni della terra e i loro re e la doverosa subordinazione di quest’ultimi alla volontà della Chiesa.
Filippo rispose prima liberando il vescovo, poi convocando una dieta di nobili, del clero e di rappresentanti delle città di Francia e rispose che non si sarebbe fatto sottomettere in quanto re per diritto divino. In quell’occasione disse: “ Filippo, re di Francia per grazia, a Bonifacio, con funzioni di sommo pontefice, poca o nessuna salute. La vostra estrema follia sappia che, nelle questioni temporali, non siamo soggetti ad alcuno”.
La risposta di Bonifacio fu la Bolla Unam Sanctam del 18 novembre 1302, con la quale ribadiva che il potere laico e civile è subordinato a quello ecclesiastico.
Stizzito, Filippo IV, in virtù anche della parentela con San Luigi, convocò una nuova dieta a Parigi nella quale accusò Bonifacio di eresia, simonia, magia nera, omicidio, incesto, sodomia, mentre proclamava che la Chiesa era senza una guida e che avrebbe dovuto riunirsi al più presto un sinodo di vescovi per imbastire un processo a quello che ormai considerava un “ex Papa”.
Lo stesso Dante Alighieri, molto legato alla fazione ghibellina e quindi al potere laico, espresse un giudizio negativo su Bonifacio, tanto da metterlo all’Inferno, nel girone dei simoniaci.
Come atto di spregio a Bonifacio, Filippo bruciò sulla pubblica piazza la Bolla, con tanto di suono di trombe, ed ordinò la confisca delle proprietà di tutti i religiosi francesi che appoggiavano il Papa.
Gli emissari del re di Francia giunsero in Anagni per notificare a Papa Bonifacio VIII queste accuse e questa convocazione e, di tutta risposta, Bonifacio emanò la scomunica, Super Petri Solio, nella quale dichiarava che Filippo era scomunicato a diviniis e che i sudditi francesi erano liberi dai vincoli con questo re.
L’escalation ci fu con l’arrivo di Guglielmo di Nogaret, consigliere di Filippo, ad Anagni che, appoggiandosi sulla famiglia Colonna, avversaria di quella dei Caetani, saccheggiò il paese, prese d’assalto il palazzo papale e rubò il tesoro di Bonifacio, il 7 settembre del 1303. Poi, con l’aiuto di trecento cavalieri, sequestrò il pontefice.
Questo episodio fu reso celebre perché il De Nogaret assestò uno schiaffone a Bonifacio in segno di supremazia del Regno di Francia. Bonifacio fu tenuto in segregazione per tre giorni e più volte malmenato ma mai una volta cedette agli ordini di Nogaret che lo voleva prostrato davanti al re francese. Intanto, una folla di cittadini assalì il palazzo, liberò il Papa e mise in fuga i francesi e i Colonna. Il papa tornò a Roma ma non fu più lo stesso dopo quello schiaffo. Affranto nel cuore e nel corpo per le umiliazioni subite, morì per un arresto cardiaco qualche settimana dopo.
Questa è, per sommi capi, la parabola ascendente e discendente di un Papa che seppe restituire al papato una dignità e una forza che da tempo non si vedevano ma, ora, vediamo il caso dei templari inseriti in questo contesto.

Fin dal 1246 i templari erano stati, per varie ragioni, oggetto di critiche da parte dei vescovi francesi (ricordate che l’Ordine del Tempio godeva di un rapporto diretto e non mediato con tutti i pontefici; l’Ordine era papalino e non curiale).
Come abbiamo già citato in un post precedente, è lo stesso Papa Clemente IV nel 1265 a parlare dell’eresia dei templari e a pronunciare nei loro confronti le seguenti parole, come ricorda Alain Demurger: “Se la Chiesa, anche solo per un istante, togliesse la mano che vi garantisce protezione di fronte ai prelati e ai principi secolari, voi non potreste in nessun caso opporre resistenza all’attacco di questi prelati e alla forza dei principi”.
Bonifacio, però, salito al soglio pontificio, aveva costretto Giacomo d’Aragona a rispettare le immunità di cui i templari godevano in virtù della protezione papale. La posizione non poteva essere altrimenti, visto che questo energico Papa ribadiva le piene prerogative di potere che la Chiesa, ed in particolar modo il Papa, dovevano manifestare in tutti gli ambiti della vita civile. Secondo Bonifacio, se i templari erano mal visti da principi e vescovi per presunti comportamenti anti-cristiani, non erano questi ultimi i più adatti a giudicarli. Rimetteva alla figura del pontefice questo arduo compito.
C’è da dire che, durante lo scontro che oppose la tiara alla corona, molti templari francesi presero le difese di Filippo mentre abbiamo significative testimonianze che ci furono alcuni cavalieri del Tempio a proteggere il Papa ad Anagni quando ci fu l’assalto di Gugliemo di Nogaret.
La cosa più sorprendente è che una parte delle accuse rivolte ai templari fu riversata anche nei confronti di Bonifacio.
Sappiamo, per esempio, che Filippo il Bello, dopo la morte del pontefice di Anagni, imbastì un processo contro il defunto pontefice. Le sue spoglie, si dice, furono fatte riesumare in attesa di un verdetto di innocenza o di colpevolezza.
Le accuse che furono pronunciate in questo processo post-mortem furono identiche a quelle che Bonifacio dovette subire in vita e che accomuna i templari a questo Papa. Eresia, stregoneria, magia nera, satanismo, tanto che, secondo De Nogaret, “Bonifacio custodiva nel suo anello pontificale un demonietto”. Inoltre fu accusato di aver ucciso Papa Celestino V e di non credere nella vita oltre la morte. Stranamente, gli atti di questo processo furono archiviati nel 1311 per volere di Papa Clemente V, il quale temeva che Bonifacio potesse essere condannato post-mortem e dichiarato eretico. Clemente avvertiva che sarebbe stato un grave danno per la Chiesa…mentre fosche nubi si stavano addensando sull’Ordine del Tempio che, con Clemente, non godeva più di appoggi particolari.


Michele Allegri & Irene Sarpato