lunedì 25 aprile 2011

L'ENTITA'

Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

sono reduce da un dibattito che, ogni anno, va “in scena” per discutere dell’eresia templare. In quest’occasione, io ed alcuni scrittori e giornalisti di marca, sollecitati da un anziano signore, molto acculturato sul tema, abbiamo deciso di portare la discussione sulla religione dei Templari, professata dalle famiglie nobili che composero il nucleo iniziale e centrale dell’Ordine. Il paganesimo templare, infatti, è spiegabile solo a partire dal “segreto di famiglia templare”, quello stesso che sarà conosciuto, sulla fine del 1800, dal parroco di Rennes-le-Château, quel Berenger Saunière che, per fare una vita agiata, intraprese la dura vita del “ricattatore” dopo aver appreso di quale natura fosse il Segreto o una parte di esso.
Ci siamo domandati, quindi: che cosa sapeva il parroco Saunière di questo Segreto? Quali parti gli erano state rivelate? Cosa aveva intuito?
Di cose, il parroco, ne sapeva parecchie, tanto da definire questo Segreto come “terribile”. Decise di svelare qualcosa al suo omologo-confessore Rivière solo in punto di morte e a causa di questa rivelazione, lui non ricevette l’agognata estrema unzione (ciò significa che il parroco Saunière era in stato di peccato grave agli occhi della Chiesa cattolica) e il suo confessore rimase sconvolto per tutta la vita tanto da ritirarsi in un eremo.
Questo segreto, com’è facilmente intuibile, sconvolgeva sia le coscienze sia le fondamenta della dottrina cristiana e dei suoi dogmi. Stranamente, il curato di Rennes, quando era in vita, volle “rivelarlo” a tutti coloro che sarebbero entrati nella sua chiesa di Santa Maria Maddalena e avessero avuto le capacità di interpretare gli strani simboli e le stravaganti disposizioni delle statue.
Perché lo fece? vi domanderete. La risposta è semplice: il curato doveva tenere sotto scacco una società segreta, un’organizzazione che lo pagava profumatamente per reperire “qualcosa”.
Possiamo ritenere che quel Segreto sia multiforme, abbia molte sfaccettature ma presenti una parte centrale, un corpo, appunto uno strano CORPO che giacerebbe in una tomba, in una grotta profonda che, secondo alcuni esperti, non si troverebbe però nella località di Rennes-le-Château.
Come si sa, infatti, la topografia di Rennes, le sue colline e le sue valli sono l’immagine speculare di un luogo ben preciso dove, appunto, si troverebbe una grotta, un simulacro e questo corpo delle Meraviglie che rappresenterebbe il mitico Graal che, come ci insegna la Tradizione e la letteratura medievale, si voleva fosse custodito dai cavalieri del Tempio.
Le immagini e le parole allo specchio, state bene attenti, come vedremo fra poco sono una delle chiavi di volta per comprendere ciò di cui stiamo parlando.
Di che si stiamo parlando, allora, vi chiederete?
Lo scrittore Giorgio Baietti ha scritto in proposito, riferendo di una confidenza che gli è stata fatta da un anziano signore, che ci sarebbe in una grotta, deposto in una tomba, un “corpo umano in formazione, come un plasma che, man mano, prende densità”. Non si sa se questo corpo sia di una donna o di un uomo. Per questo motivo lo chiameremo più agevolmente con l’appellativo di “Entità”.
Si tratta di una leggenda? Può darsi, ma sta di fatto che il mito custodito dalle famiglie Templari riguarda proprio la custodia del corpo di un re spodestato, un Essere soprannaturale che molti considerano morto ma che in realtà “vive e vegeta” nelle viscere della Terra, in attesa di riprendere il posto che gli compete. La mitologia del luogo lo lega ad un Essere degli abissi e delle profondità terrestri e marine.
L’Entità, se si volesse fare un paragone con la mitologia greca, è considerato una sorta di Poseidone, il dio dell’irrazionalità, dei movimenti pulsionali e fanciulleschi, che viene spodestato da Zeus, il dio della razionalità e della forza composta che abita nella parte alta del cielo.
In realtà, per questa mitologia “templare”, ogni cosa, ogni significato, andrebbe capovolto o invertito nel suo contrario per dargli la giusta interpretazione, cioè quella tradizionale. Quindi, come c’è un cielo in alto, ce n’è uno in basso, ossia c’è qualcosa che si “nasconde” tanto in alto, quanto in basso. Infatti la parola cielo deriva dal latino caelum che ha lo stesso suono di
cel(at)um che vuol dire nascosto, celato. Come si parla, infatti, di un re-dio nascosto in alto, così, in questo caso, si fa riferimento ad un re-dio nascosto in basso.
A questo proposito è illuminante quanto ha riportato lo scrittore medievale Jean de Joinville, autore di un’agiografia di San Luigi, zio del re francese Filippo il Bello. Joinville era molto vicino all’Ordine del Tempio tanto da avere uno zio di nome Andrè cavaliere dell’Ordine e titolare del presidio di Payns dal 1260 al 1270.
Joinville, per inciso, è stato il primo letterato a fare riferimento al misterioso giuramento templare che prevedeva lo sputo sulla croce e il rinnegamento di Gesù come Dio e Salvatore del genere umano.
Ecco cosa scrive Joinville:

“Re Luigi IX mi narrò una volta come molti uomini degli Albigesi si erano presentati al conte di Monfort […] e l’avevano invitato a seguirli e ad andare a vedere il corpo di Nostro Signore, che era divenuto carne e sangue nelle mani di un loro prete”.

Ovviamente sapendo che i Catari ripudiavano la messa e aborrivano la materialità, sicuramente Joinville non si era accorto di far riferimento ad un gruppo esoterico che si nascondeva dietro la nomea dei catari, che praticava i suoi riti nelle grotte, in quella porzione dell’Occitania che vide la presenza di strani religiosi che facevano strane pratiche di magia. La cosa chiara è che il “corpo di Nostro Signore, che diventa carne e sangue” è lo stesso a cui ha fatto riferimento il Baietti.
Gli stessi cavalieri del Tempio praticavano strani riti pagani e idolatri, come riportato dalle cronache della Santa Inquisizione francese, durante strane riunioni nelle segrete dei loro castelli e delle loro magioni, cioè in luoghi nascosti e sotterranei, quasi a volere catturare l’energia e la benevolenza dell’Entità in questione.
Nel paganesimo, inoltre, non c’è una considerazione negativa del sottosuolo, delle sue forze energetiche, delle sue acque che, spesso, venivano considerate curative e benefiche. Nell’Odissea, poi, il protagonista, Ulisse, incontra nelle profondità della Terra le anime che hanno un corpo etereo simile a quello dell’Entità.
In questa mitologia che alcuni scrittori moderni definiscono sovvertita, l’Olimpo o l’Avalon celtico, cioè il paradiso terrestre o il regno dell’immortalità, sarebbero collocati negli Abissi, dove le lancette del Tempo girerebbero al contrario, permettendo agli “Esseri” che ivi si trovano di rimanere eternamente giovani ed immortali.
È la stessa mitologia oscura di Agarthi, di quel mondo sotterraneo governato da un oscuro Re-Dio che è accessibile solo agli ingenui o agli iniziati, secondo quanto dicono alcune dottrine esoteriche di marca rosacrociana.
Nell’Ottocento, quando il parroco Saunière fu incaricato dietro pagamento, di servire una certa causa, questa mitologia “templare” affascinava molti romanzieri e pittori noti di quel tempo, tutti legati ad una rivalutazione positiva dell’immortalità corporea, del mito dell’eterna giovinezza, del mondo sotterraneo, della Tradizione pagana e templare, di tutti ciò che, in sostanza, c’era ante, cioè prima dell’arrivo del Cristianesimo, prima dell’anno zero, prima cioè che i concetti di corpo e di anima fossero tenuti ben distinti l’uno dall’altra.
Come sappiamo, la copertura monacale dei Templari permetteva loro, negli anni bui del Medioevo e della Santa Inquisizione, di portare avanti segretamente un credo tradizionale pagano, fatto di particolari riti ancestrali, propri di un’antica religione famigliare totemica appartenente ad alcuni potenti clan nobiliari dell’Occitania, gli stessi che si trovano invischiati nelle vicende di Rennes-le-Château e che troviamo come mecenati e “pupari” di alcuni di questi artisti dell’Ottocento.
Tra i celebri romanzieri e pittori di quell’epoca, ne ricordo tre su quattro: Jules Verne, Oscar Wilde e Eugene Delacroix.
Con Jules Verne inizia una letteratura fantastica apprezzata dagli adolescenti, che tratta di strani viaggi al centro della Terra e che, non a caso, si concludono in prossimità di vulcani siciliani, di strani polpi che vivono negli abissi del mare,
di strani esseri che vivono nelle profondità delle grotte e di certi personaggi legati alla genealogia merovingia, come Clovis Dardentor.
E che dire del Ritratto di Dorian Gray del dandy Oscar Wilde, costruito sapientemente sul tema dell’immortalità e della giovinezza spensierata e spericolata.
Delacroix, infine, è uno dei pittori che ha maggiormente espresso il sentimento di ribellione giovanile e di sovvertimento, religioso e politico, delle Istituzioni, visto che il pittore fu un acceso giacobino. A lui si devono alcuni quadri custoditi ancora presso la Chiesa di San Sulpicio, un tempo quartier generale dell’Ordine o Priorato di Zyon, nei quali il re-dio in croce è rappresentato dipinto al contrario, allo specchio, con le scritte in greco, ebraico e latino, anch’esse allo specchio, dalla cui lettura confusa risalta chiara una sola parola: VIX cioè IO VISSI.










Ancora una volta, si parla, per allegoria, di un re-dio, una sorta di Prometeo che, incatenato per aver dato il fuoco della saggezza agli uomini, non morì dopo il supplizio ma VISSE e fu portato via dai seguaci per essere nascosto in una grotta. Infatti, se si gira la parola VIX, compare il numero romano XIV, cioè quattordici, che indica la quattordicesima stazione della Via Crucis quella nella quale, in ogni chiesa che potete visitare, si vede il corpo di Gesù portato in una tomba da un paio di apostoli, dopo la crocifissione. Ebbene la quattordicesima stazione della Via Crucis della chiesa di Saunière, ci mostra il corpo di un uomo che, solo in apparenza assomiglia a Gesù, visto che, al contrario della tradizione cristiana, reca la ferita nella parte sinistra e non destra del costato, come fosse allo specchio. Quel corpo, che sembra ancora in vita, anche se reca qualche ferita (ma non è un corpo martoriato), viene portato via da alcuni seguaci o apostoli e viene nascosto in una GROTTA, mentre sullo sfondo si staglia non già un sole al tramonto ma una luna piena che, con il suo significato argenteo, rappresenta la realtà riflessa, quella allo specchio, ancora una volta, al contrario.
La grotta in questione, quindi, conterebbe la tomba nella quale giace l’Entità, il “corpo di plasma” detto (non se ne conosce il motivo) di Nostro Signore il quale, però, nulla ha a che vedere con il presunto corpo di Gesù che, secondo alcune leggende, sarebbe stato portato in Francia.
Quella particolare tomba è stata dipinta anche dal pittore Poussins, nel lontano 1600, nel celebre quadro I pastori di Arcadia del quale si fece fare una copia il nostro Saunière. Ora sappiamo, come ho già detto, che i Greci consideravano l’Arcadia il luogo in cui c’era l’accesso al mondo sotterraneo. Inoltre l’Arcadia era governata da un re che non era considerato né buono né umano. Si tratta di Licaone, figlio di Poseidone, che fu trasformato in lupo mannaro da Zeus.
Questo è il vero Tesoro custodito dai capi dell’Ordine templare, che si palesa solo ai semplici, agli istintivi, ai poeti e ai geni ma anche ai pastori, ai contadini e ai romanzieri di cui ho parlato prima!
Ma voi mi chiederete quale sia il legame tra le famiglie nobili templari e questa Entità che, seguendo questa leggenda, sarebbe ancora in vita, nascosto nel fondo di una grotta.
Per ora vi basti sapere che, nel Medioevo, le famiglie nobili si vantavano di avere alle spalle una genealogia e una discendenza che per metà era soprannaturale e quindi non-umana.
È per questo motivo che la famiglia merovingia, impropriamente e volutamente, è stata usata da alcuni scrittori come una copertura che ha permesso di costruire il falso mito della figliolanza di sangue di Gesù di Nazareth e di Maria Maddalena.
Infatti, chi conosce la leggenda dei merovingi (per conoscerla basta fare un giro in rete) sa benissimo che Meroveo, a cui la Gallia-Francia è indissolubilmente legata, non è un discendente di Gesù.
Secondo la leggenda della famiglia merovingia, infatti, è il QUINOTAURO, un’Entità serpentiforme ed immortale che abita le profondità degli Abissi, ad essere il progenitore di Meroveo. Proprio a causa di questa discendenza, Meroveo ha il potere di guarire gli ammalati, perché il suo sangue, come quello del Drago, è benefico per i malanni dei corpi, seguendo l’indicazione omeopatica per la quale il male sconfigge il male (lo stesso principio della vaccinazione).

Ora che la lampada è accesa, come quella che si vede nella quattordicesima stazione della Via Crucis della chiesa di Brenac, non vi resta che aspettare di leggere il mio prossimo libro che tratterà di tutti gli aspetti della storia templare e conoscerete quale nobile famiglia templare asseriva di avere come antenato un Essere serpentiforme ed immortale. Una famiglia templare, la vera dinastia del Graal, da alcuni definita “perduta”… in tutti i sensi!