Cari amici, bloggers e semplici curiosi,
non potevo non dedicare un post alla tradizionale festa celtica di Halloween che, ancora quest’anno, sarà celebrata al Castello Sforzesco di Milano. Nelle edizioni passate ha visto più di 200.000 persone festeggiare con canti, balli, bevendo idromele, in compagnia di folletti, streghette volanti sulle scope, fauni, silfi, sirenotte, fate, lupi mannari, ossa e teschi incrociati, stelle fiammeggianti, croci sbavate templari, lune argentee e rosacroci rosse :-)... mancava solo il demone Ashmadaeva…
Un tempo, nel Nord Europa, i celti la festeggiavano in una lunga notte che andava dal 31 ottobre al 2 novembre. I Celti, come gli Etruschi, consideravano l’Al di là, il regno dei morti, come un luogo magico, a-temporale, di pace ma non negativo.
I Celti erano convinti che durante la notte di Halloween, si aprisse una porta, la Janua Inferi e coloro che abitano il regno dei più, come si dice, tornassero indietro, nel nostro mondo, per essere festeggiati dai “vivi” ai quali, i morti, o meglio, i loro fantasmi, facevano qualche piccolo scherzo. Ma i celti non erano i soli ad avere questa credenza. Anche i Germani credevano all’esistenza di questo regno immortale, dove vivevano i morti e lo chiamavano Hel (Hell in inglese significa inferno, stessa radice di Hall-oween).
Gli Egizi davano una grande importanza al viaggio che conduceva verso il Regno degli esseri immortali che loro chiamavano Agert (che ha la stessa radice del mitico e sotterraneo Regno di Agarthi).
Le popolazioni di Haiti e di Cuba, ancora oggi, hanno come religione principale quella del Vudù e degli Zombie, ossia i morti che tornano in vita. Simbolo preminente della Festa celtica di Halloween, come sapete, è la simpatica zucca magica con tanto di occhi, naso e bocca, mentre il tema centrale dei festeggiamenti è tutto imperniato sull’arrivo dei morti che tornano in vita, che si rigenerano e diventano nuovi, come l’osservazione della Natura insegnava all’uomo della preistoria che aveva appreso a rispettare i cicli di vita e di morte.
Il tema dell’immortalità dei corpi lo ritroviamo nella letteratura del Graal, il quale, prima di diventare, nel cristianesimo, la coppa dell’ultima cena di Gesù, era anticamente, nella religione dei celti, il calderone magico nel quale morivano e rinascevano gli eroi e i cavalieri e nel quale le donne del Nord Europa sperimentavano i loro intrugli medicali.
Dovete sapere che la “Tradizione” delle nobile famiglie templari, dai Lusignano agli Hautpoul, trasuda di tutta questa simbologia pagano-celtica che i domenicani della Sant’Inquisizione cattolica riscontrarono, con prove alla mano, dopo le confessioni di molti cavalieri dell’Ordine del Tempio nel lontano 1307. Come sapete, infatti, le zucche di Halloween sono una scherzosa rappresentazione delle più macabre e celebri teste di morto che i templari adoravano durante i capitoli segreti, che si svolgevano appositamente sempre nelle chiuse dei castelli e delle magioni, per dare una parvenza rituale all’ambiente degli inferi e degli abissi ai quali i cavalieri erano particolarmente attaccati, tanto da averne una visione positiva.
In fondo, il “meraviglioso” mondo sotterraneo, carico di energie telluriche e fiumane, risvegliava nei cavalieri quell’idea pulsionale, di ribellione fanciullesca contro lo Staus Quo rappresentato dal potere temporale della Chiesa Cattolica, tanto che l’apice del rito di iniziazione templare culminava con lo “sputo al crocifisso” (che, come attesta il documento di Chinon, ma non solo, era in uso presso l’Ordine del Tempio secondo la Tradizione, ossia sin dal 1118). Grotte, cunicoli, correnti di acque calde, fondali marini, la stessa luna, per esempio, ricordavano ai Templari, ma non solo a loro, alcuni degli archetipi delle potenze della Natura matrigna, benevola e malevola che si manifestava nel culto delle celebri Madonne Nere (nere come la terra,) assai diffuse nel territorio francese (una di esse è presente in Italia, a Loreto, per precisione).Un altro aspetto particolarmente sacrale per i Templari, di sicura derivazione pagano- celtica, era il sangue, fluido vitale per antonomasia che lega le generazioni del passato con quelle del presente. Il sangue, un tempo, era materialmente presente nella festa dei morti, così come nei momenti più salienti delle religioni politeiste e monoteiste, proprio quando si compivano i sacrifici in onore dei defunti o delle divinità. Il sangue, con la sua componente sacrale, compare, ancora una volta, nella letteratura del ciclo del Santo Graal, inteso come Sang Rèal, ossia come Vero Sangue, Puro Sangue (la Sangria, il vino tinto spagnolo che è sempre presente nei riti e nelle agapi neotemplari).
Il tema del viaggio verso il mondo parallelo, il tema del doppio, delle immagini allo specchio, della vita dopo la morte, del mondo sotterraneo, del sangue, delle forze dell’irrazionalità, della magia e della fantasia sono presenti, tutti insieme, anche nella misteriosofia del Priorato di Sion che condivide con i Templari il pensiero e la religione dei celti e dei galli. L’Ordine di Zyon affiliava particolarmente gli artisti che esaltavano la ribellione nella ricerca di quella celebrità che rende immortali. Per citarne almeno tre, ricordo: Jules Verne (sulla cui tomba è stato scolpito il corpo dello scrittore nell’atto di “resuscitare”), Oscar Wilde (celebre per il ritratto di Dorian Gray che invecchia e si abbruttisce al posto del protagonista) e Jean Cocteau. Quest’ultimo fu un pittore “ribelle”, visse in Costa Azzurra, fu amico di Picasso ma soprattutto fu Gran Nocchiero del Priorato di Sion, almeno fino ai primi anni Cinquanta, periodo nel quale diventa un estimatore dei regimi comunisti dell’Est europeo (nel 1955 nasce il Patto di Varsavia). Come Gran Nocchiero, in riferimento al mitico Caronte (colui che, nella mitologia greca, a bordo della sua nave, sull’Acheronte, accompagnava il defunto a raggiungere l’al di là), Cocteau, che era un fervente esoterista, non considerava Gesù come il vero Messia dell’Umanità (come si vede in molti dei suoi dipinti) né tantomeno credeva nella tradizione europea della religione cristiana. Da buon seguace della Tradizione magica della religione pagano-gallo-celtica, ma in special modo di quella greca (come Nicolas Poussins), invero, era propenso ad esaltare nelle sue rappresentazioni le divinità greche dell’irrazionalità, della pulsionalità e degli abissi, quali Dioniso e Poseidone, così tanto che, accanto alla sua tomba, fece collocare un Tridente di metallo (il mitico strumento del potere degli Abissi, con il quale Poseidone, primo re di Atlantide, provocava i maremoti). Quel tridente che l’iconografia cattolica, quando il cristianesimo militante intese spazzare via il paganesimo, assegnò al diavolo, lo stesso che si vide attribuire anche un paio di corna, un tempo doppia protuberanza presente sulla testa del mitico dio pagano greco Pan, quello che scorazzava nella Regione dell’Arcadia, tanto per intenderci.Inoltre, il fleur du Lys, il Giglio francese, ben rappresentava per Cocteau, ancora una volta, il simbolo del mitico regno degli abissi e dell’oscurità, Ys, un’isola sprofondata nelle profondità dell’Oceano, nella notte dei tempi, simile all’Atlantide di Platone, composta, come quella del racconto greco, da una razza di superiori eletti, tecnologicamente avanzati ma che “vivono immortali, nascosti agli occhi degli uomini della superficie”. Infine, come da disposizione testamentaria, il dandy pittore francese si fece inserire nel coperchio della sua bara uno specchio un po’ kitsch. Che cosa doveva o non doveva riflettere lo specchio? Vi chiederete. L’ossessione di Cocteau per il mito del doppio, delle immagini allo specchio è spiegabile anche in riferimento alla mitologia vampiresca della Romania, della Bulgaria e della penisola Jugoslavia, ben diffusa anche tra le popolazioni dei Pirenei, particolarmente in quel di Rennes Le Chateau (dove il Priorato di Sion aveva una base operativa) e che, da secoli, affascina un fiume di artisti, non da ultimo, il defunto cantante americano Michael Jackson (vedi il video-clip di Thriller). Come sapete benissimo, la mitologia vampiresca è simile, e per certi versi, è identica a “quella dei morti che tornano in vita” della festa di Halloween. Questa leggenda
“Riguarda quell’essere che si nutre di sangue, che non ha ombra né si riflette negli specchi, che dorme nella bara, che è immortale, che si muove nella notte e si trasforma in pipistrello o in lupo mannaro, a suo piacimento…"
Ai confini della Realtà, nella Twilight Zone ma non troppo…
See you in the next few months!
Happy Halloween!
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