lunedì 16 novembre 2020

LE CONFESSIONI DEI CAVALIERI TEMPLARI E I PROCESSI DI CARCASSONNE E DI FIRENZE.


Cari amici, bloggers e semplici curiosi,

molto spesso accade che la Storia dell’Ordine Templare sia sottoposta a revisioni di parte o a riletture improprie. Per un’interpretazione autentica, ci restano alcuni documenti che ci portano ad alcune conclusione logiche. Occorre innanzitutto rileggere la documentazione disponibile.

Mi riferisco ai verbali delle inchieste sui Templari compilati dalla Santa Inquisizione che contengono gli interrogatori dei cavalieri, dopo l’arresto avvenuto nel 1307.

Questi verbali hanno avuto una parte fondamentale nei processi contro i Templari celebrati a Carcassonne e a Firenze.

Negli interrogatori di Carcassonne la Santa Inquisizione fece uso talvolta della tortura, come era prassi nel Medioevo per coloro che erano sospettati di eresia o di pratica di magia, in quelli di Firenze la tortura non fu utilizzata. Stessa cosa dicasi per i processi sul suolo inglese, a Ravenna, a Pisa, a Brindisi o in Sicilia, dove la tortura non fu applicata mai agli imputati.

E’ dimostrato invece che furono i Templari ad usare la tortura nei confronti di quei fratelli cavalieri che protestavano contro le strane modalità d’iniziazione notturne che avvenivano a porte chiuse nei Capitoli dell’Ordine, con tanto di corpo di guardia posto attorno al luogo della cerimonia perché nessuno si avvicinasse a vedere e a sentire ciò che avveniva lì dentro.

Il Segreto infatti è un elemento fondamentale di tutte le società iniziatiche.

Tenete sempre presente che la cavalleria templare ufficialmente non era una società iniziatica ma un Ordine monastico e cavalleresco, con una Regola approvata dalla Chiesa cattolica ed una dipendenza assoluta dalle volontà del papa. Ancora oggi non risulta infatti che sia prevista alcuna cerimonia d’ingresso segreta per entrare negli Ordini religiosi cristiani o in quelli cavallereschi cristiani. Per questo motivo, ciò che successe nell’Ordine templare rappresenta un unicum nella Storia. Ed unici erano anche i loro sigilli e i simboli che manifestavano sin dalle origini una concezione dualista ed una prassi bifida. Si pensi ai due cavalieri in groppa ad un solo cavallo o alla croce patente o biforcuta. Molto spesso apparivano sulle mura delle loro case e magioni la rappresentazione della testa d’ariete che con le sue corna rimanda inevitabilmente ad un’immagine di ferinità.






C’è da aggiungere inoltre che la fama dei Templari presso i popoli europei era alquanto dubbia e screditata molti anni prima degli arresti di massa. Presso gli strati socialmente più bassi dei popoli erano in uso espressioni come “bere come un templare” o “vivere come un templare” il che voleva significare come i templari conducessero una vita al di fuori delle regole cristiane, in piena agiatezza. Infatti era notorio che i Templari fossero ricchi, nonostante avessero preso i voti di povertà, erogando prestiti ad usura alla nobiltà o alle case regnanti, tanto da divenire veri e propri banchieri. Inoltre stranamente erano considerati indolenti contro il “nemico Mussulmano”, sospettati di gestire traffici di reliquie cristiane a scopo puramente commerciale nonostante la mitologia ce li consegni come cavalieri che dovevano difendere i pellegrini che si recavano in Terra Santa.

Dal 1307 al 1310, il pacchetto delle accuse contro i membri dell’Ordine templare fu vario: indisciplina religiosa, inosservanza della Regola dell’Ordine, indifferenza e spregio per la fede cristiana, apostasia ed eresia conclamata.

Nello specifico le contestazioni riguardavano però:

- l’iniziazione notturna con sputo sulla croce, il rinnegamento di Gesù Cristo ed in alcuni casi della Vergine Maria e dei Santi.

-l’adorazione di un idolo considerato come il vero Dio o Salvatore a cui bisognava credere.

-baci osceni, sulla bocca, sull’ombelico e sull’ano.

-l’omissione di parole sacramentali durante la messa.

-la presunzione da parte degli alti dignitari dell’Ordine di concedere l’assoluzione dai peccati.

-l’autorizzazione del crimine contro natura, la cosiddetta sodomia.

Accanto all’inchiesta della Santa Inquisizione volta ad accertare questi “reati”, nel 1309 ci fu un’indagine dei commissari pontifici che aveva lo scopo di capire se queste forme di blasfemia e di eresia coinvolgessero solo taluni soggetti posti al vertice dell’Ordine o l’Ordine intero.

Il titolo di tale inchiesta era Isti sunt articuli super quibus inquiretur contro ordinem militiae Templi.

Infatti la prima cosa che emerse da queste indagini è che le pratiche incriminate erano comandate dai vertici dell’Ordine in quanto “precetti”.


Tra i precetti confessati dai vari imputati e testimoni via era infatti:

-l’adorazione di un idolo al quale ci si rivolgeva con l’espressione “Dio mio, aiutami”, considerato il vero Salvatore, capace di arricchire l’Ordine (deposizioni dei cavalieri Cettus de Ragonis e di Gèrard de Plaisance nell’istruttoria di Viterbo del 1308)

-Il rinnegamento di Gesù, gli insulti e lo sputo sulla croce, i baci osceni dati tra i cavalieri all’atto dell’iniziazione, la sodomia, erano sempre in uso in quanto precetti. Chi protestava o si tirava indietro, veniva incarcerato o torturato. I cavalieri giuravano che non avrebbero mai rivelato ad alcuno le modalità di cerimonia di questa iniziazione (deposizioni dei cavalieri Raynal de Bergeron, Gerard de la Roche).

Nello specifico, sui baci, il gran priore Raymond de Vassiniac, ascoltato il 6 maggio del 1310, disse che avvenivano, durante l’iniziazione, bocca-bocca, bocca-ombelico, bocca-ano, secondo gli usi e i precetti dell’Ordine.

-nella celebrazione della messa, non si dovevano mai pronunciare le parole della consacrazione (testimonianza resa da un sacerdote templare nell’inchiesta a Viterbo).

-i fratelli non dovevano avere alcun contatto con le donne, dato che l’Ordine disprezzava le donne (deposizioni dei cavalieri Guillaume de Varnage, Raoul de Tavernay, Gaucerand de Montpezat).

-il Gran Maestro di turno, nonostante non fosse un sacerdote, ascoltava le confessioni dei cavalieri ed assolveva i fratelli anche dai peccati che non avevano confessato (punti 107 e 108 dell’atto di accusa).

Ed ora leggiamo alcune delle testimonianze rese dai cavalieri del Tempio:

Il cavaliere Bertrand de Montigniac disse di essere stato ricevuto dal frate Jean De Sarnage a Soissons e che questi mostratagli una croce sulla quale c’era Gesù gli disse: “Non credere in questo perché non fu altro che un falso profeta, senza alcun potere, senza alcun valore. Credi invece al Dio del cielo, l’unico in grado di salvarti”.

Il cavaliere Foulques de Troyes disse agli inquisitori che gli fu ordinato di non credere a Gesù Cristo in quanto falso profeta e perché “troppo giovane” ma di credere al dio che sta in cielo. Il cavaliere Jean de Chounes ripetè agli inquisitori lo stesso concetto, riferitogli durante l’iniziazione.

Il cavaliere Raoul de Gisy affermò che l’idolo adorato era un Maufe, cioè un dèmone. Per il cavaliere Pierre de Moncade l’idolo era un diavolo dell’Inferno. Il cavaliere Jean de Cassanhas disse che era il “Demonio, per quello che ne so io” e che durante la sua iniziazione, quando Il Precettore gli mostrò questo idolo di bronzo, rivestito di una sorta di dalmatica, dopo averlo estratto da una cassa, gli disse “Ecco un amico di Dio che dialoga con lui quando meglio crede. Rendigli grazie per il bene che fa e perché ti ha condotto qui e lui ha esaudito tutti i tuoi desideri”.

Stesso concetto fu espresso dai cavalieri Bernardo da Parma e da Jacopo da Pigazzano nel processo fiorentino. Il cavaliere Guido de Ciccica aggiunse che gli fu detto durante l’iniziazione che “Gesù non è il vero Dio, è un falso profeta, crocifisso non già per la salvezza del genere umano ma per i suoi misfatti. In base a ciò non possiamo essere salvati da lui”.

Nicolas Réginus, frate templare, disse di essere stato testimone, durante un Capitolo a Bologna che i grandi precettori dell’Ordine Guglielmo di Novi, priore di Lombardia e di Toscana e Giacomo da Montecucco dissero ai cavalieri convenuti che Gesù Cristo non era Dio né il vero Signore ma solo un falso profeta che non era morto per la salvezza dell’Umanità e che quindi non bisognava aspettarsi la Salvezza da lui ma solo da una testa posta nella sala capitolare alla quale si doveva venerazione ed adorazione. Duecento frati si inginocchiarono quindi davanti a questo idolo, secondo il racconto di questo testimone.

Il cavaliere Arnaud Sabbatier venne accolto nel Tempio e promise di vivere in castità e povertà. Nello stesso luogo chiuso e segreto in cui erano, baciò il Precettore e i frati presenti prima sulla bocca, poi sull’ano denudato. Gli venne dunque presentato sia un crocifisso che un lineum che riportava l’immagine di un uomo. Egli adorò quest’ultimo per tre volte baciandogli i piedi, ed ogni volta, contemporaneamente sputò sul crocifisso, rinnegandolo. Ammise che era voce diffusa la pratica di sodomia.


Il cavaliere Pierre de Moux durante l’accoglienza venne condotto in un altro luogo nascosto dove gli venne fatto giurare di non rivelare ad alcuno i segreti dell’Ordine; quindi ricevette il bacio del Precettore sulla bocca e lo bacia a sua volta sull’ano denudato. Gli venne allora mostrato un idolo di legno che aveva l’aspetto di un uomo, che deve adorare; egli lo adorò tre volte, ed ogni volta sputò su un crocifisso che era lì presente, rinnegandolo.

Al cavaliere Albert De Canelles, in Germania, fu detto “quel crocifisso che vedi rappresenta un falso profeta, non credere in lui, non sperare e non affidarti a lui” ed in segno di disprezzo vide un altro cavaliere sputare sulla croce rossa ricamata posta sul suo mantello bianco. De Canelles si rifiutò di sputare sulla croce e gli altri cavalieri convenuti lo costrinsero a farlo, mostrandogli le loro spade.

In Sicilia, il cavaliere Galcerand de Teus parlò agli inquisitori di come i referenti dell’Ordine si arrogassero il diritto di chiudere i Capitoli con questa particolare formula “prego Dio che perdoni i vostri peccati come li perdonò a Maria Maddalena e al ladrone che fu messo in croce”. Galcerand poi specificò meglio le sue dichiarazioni. “Il ladrone di cui parla il capo del Capitolo fa riferimento, secondo i nostri Statuti, a tale Gesù o Cristo che fu crocifisso dagli ebrei perché egli non era Dio ed invece si definiva Dio e re degli ebrei, il che è un oltraggio al vero Dio che sta nei cieli. Quando pochi istanti prima di morire, Longino gli trafisse il costato con la lancia, Gesù si pentì di essersi definito Dio e re degli ebrei e chiese perdono al vero Dio: alloro questi lo perdonò. Ecco perché parlando del Cristo crocifisso usiamo queste parole: come Dio perdonò il ladrone che fu messo in croce. Per quanto riguardo la Maddalena, i suoi peccati le furono rimessi dal vero Dio che sta nei cieli, perché fu amica di Gesù e per servirlo frequentava le chiese e i monasteri e accendeva le lampade delle chiese”.

Il cavaliere Etienne Trobati dichiarò che gli fu detto durante l’iniziazione “l’uomo Gesù è morto solo per i suoi peccati, non devi credere che Dio sia morto perché ciò non è credibile”.

Al cavaliere Gerard de Passage fu detto “Il crocifisso non è altro che un pezzo di legno, Nostro Signore è in cielo”. Poi gli fu dato il comando di schernire e calpestare la croce e contemporaneamente gli venne intimato di sputare tre volte sul crocifisso, di infangarlo in modo osceno, di farlo sempre di venerdì, specialmente il Venerdì Santo. Il cavaliere obbedì.

Nell’indagine svolta in Inghilterra dal 1309 al 1311, due testimoni ammisero che durante la messa, al momento della celebrazione dell’eucarestia, si ometteva la cosiddetta formula “hoc est corpus meum” (questo è il mio Corpo).

Molti cavalieri templari tra i quali Gaufred de Thantan, Bernard de Selgues, Bertrand de Silva, Jean de Nériton, come riportato dall’inchiesta condotta dalla corte di Roma, ammisero invece di aver adorato un animale durante i Capitoli. Nèriton disse che era un gatto dal pelo grigio e che davanti a questo animale i fratelli s’inchinavano, togliendosi il cappuccio.

A Firenze il cavaliere Nicolas Règinus disse che era un gatto nero e che tutti i fratelli l’adorarono, mettendosi in ginocchio.

Tra i documenti inseriti nell’atto d’accusa ai Templari del 1307 ci sono le “Grandi Cronache di Francia” nelle quali si legge “Un nuovo bambino generato da un Templare e da una giovane vergine veniva cotto ed arrostito sul fuoco e tutto il grasso ricavato lo credevano sacro e ci ungevano il loro idolo”.

Due testimonianze, quella del cavaliere Gaucerand de Montprezat e quella del cavaliere Raymond Rubei, insistevano sul fatto che l’idolo era un pezzo di legno chiamato Bafometto. Nel processo fiorentino un cavaliere disse che gli era stato mostrato un idolo e gli era stato detto “Ecco il vostro Dio ed il vostro Magumet”.

Per Frate Egidio “l’idolo aveva un volto bianco, quasi umano, con i capelli neri e crespi o ricci ed alcune dorature intorno alle spalle e al collo”.

Il cavaliere Guillaume d’Arrabloy, davanti ai commissari del papa, disse di aver visto una testa sull’altare dall’aspetto terribile e con la barba argentea.

Il cavaliere Pierre de Bonnefond disse che durante la sua iniziazione i fratelli più anziani lo rifornirono di una cordicella la quale aveva cinto, nei paesi d’Oltremare, la testa barbuta. Altri quattro testimoni nel processo fiorentino dissero di aver assistito alla cerimonia di consacrazione delle cordicelle e della loro distribuzione. Furono benedette attraverso il contatto con una testa ritenuta sacra e queste cordicelle venivano poi riposte in alcuni cofanetti per essere usate durante le cerimonie d’iniziazione.

Il cavaliere Gaucerand de Montprezat affermò che era precetto dell’Ordine acconsentire ai rapporti sodomitici tra i frati, allo scopo di sopportare meglio il calore delle terre oltremarine e per evitare diffamazioni a motivo delle donne e che  il Maestro che lo iniziò estrasse una cintura dalla cassa dove era conservata l’immagine sacra, consegnandola al neofita e ordinandogli di indossarla per sempre sopra la camicia.

Il templare Raymond Rubei affermò inoltre di aver sentito pronunciare la parola (araba) Yalla dopo che i cavalieri più anziani baciavano i piedi dell’idolo dove era dipinta “una figura di Bafometto”. Inoltre per lui era uso considerare l’idolo come colui che “ha dato alla terra la virtù di germogliare e far fiorire gli alberi e le piante”.

Tra i capi d’accusa infine c’era poi una serie di testimonianze che affermavano di aver sentito dire a chi aveva diretto i Capitoli notturni “tutte le cose che non avete detto per vergogna della carne o timore della Giustizia della casa, io chiedo a Dio che vi siano perdonate”.

Dalla lettura di queste deposizioni, possiamo logicamente affermare che:

I templari avevano una cerimonia d’ingresso che possiamo definire iniziatica, segreta, che non doveva essere divulgata al di fuori dell’Ordine. In una deposizione si fa accenno ad una tradizione scritta di questi rituali contenuti in alcuni Statuti mai ritrovati. Durante la cerimonia, i fratelli più anziani chiarivano al neofita la vera storia di Gesù, definito un ladrone o un falso profeta posto in croce solo per le sue malefatte. Egli, dicevano gli anziani templari, non era il dio salvatore del genere umano, come insegnato dalla dottrina cattolica. Il cerimoniale poi prevedeva l’oltraggio al simbolo della croce, sulla quale veniva ordinato al neofita di sputare. Nel contempo, durante l’iniziazione, i vecchi templari istruivano il neofita a credere nel Padre che sta nei cieli, senza però dare alcun tipo di dettaglio sul monoteismo praticato. Molta importanza veniva data al culto di un idolo, definito, questo sì, il vero Salvatore e dispensatore delle ricchezze dell’Ordine e dei desideri dei singoli membri. Talvolta nei verbali è descritto come una testa barbuta o glabra, talvolta è chiamato Bafometto. In un caso è definito “amico di Dio che parla con Lui” e al quale ci si può rivolgere per ottenere esaudito ogni tipo di desiderio. In un paio di casi è un gatto ad essere adorato. Qualunque sia la sua forma, l’idolo è oggetto di adorazione da parte di tutti i cavalieri, che si manifesta con baci e prostrazioni vari. In un caso è accompagnato dalla parola Yalla che, se fosse araba, vorrebbe significare Oh, Dio. L’idolo è presente in ogni provincia e casa dell’Ordine. Molto spesso i cavalieri lo toccano con cordicelle che poi indossano sopra o sotto la tunica. I baci rituali durante l’iniziazione avvengono tra cavalieri anziani e i neofiti e sono tra bocca-bocca, bocca-ombelico e bocca-ano. La sodomia è raccomandata, non è punita, mentre è indicato di stare lontano dalle donne. Le messe e le confessioni non sono abolite in toto, non sono indicate come inutili ma sono modificate in alcune parti, quasi fosse uno sberleffo del rituale. Le assoluzioni dai peccati sono mantenute ma sono impartite dal Gran Maestro in persona.

Per concludere:

Si tratta quindi di una strana forma di culto religioso segreto che accetta la Chiesa cattolica, pratica storpiando parte dei suoi riti ma nega la divinità di Gesù Cristo, anzi lo ritiene un malfattore da disprezzare. Anche il simbolo della croce romana è disprezzato attraverso il rito dello sputo. Inoltre questo culto manifesta una sorta di monoteismo con l’aggiunta però di un intermediatore, un potente idolo, più spesso una testa terribile, definito come il vero Salvatore dell’Ordine e dei suoi membri, dispensatore di ogni ricchezza e di ogni desiderio. Esso è oggetto di culto con baci, venerazioni e spesso viene cinto con cordicelle. Il cameratismo tra i fratelli è rafforzato dalla pratica dell’omosessualità indotta, mentre viene resa palese una forte misoginia. Il rito fa capire ai cavalieri che questo culto è una tradizione dell’Ordine e che questi riti siano scritti in uno Statuto tenuto appositamente segreto.

 

 Un saluto dal vostro Michele Allegri

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